La scienza si basa per lo più sulla falsificazione e sulla riproducibilità di un esperimento. Esistono però dei fenomeni che non possono essere riprodotti in laboratorio (una stella, il big bang, l’evoluzione). E’ corretto, allora, affermare che vi siano più tipi di teorie scientifiche (riproducibili, non riproducibili, ecc.)? Se si, quali sono e quali metodi di indagine prevedono? Grazie!

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Volevo chiederle maggiori chiarimenti (se possibile, visto che forse sono stati chiari e sono io che non capisco) riguardo a 2 domande che ho fatto, che può trovare alle pagine: http://www.vialattea.net/esperti/st/indet.htm http://www.vialattea.net/esperti/st/indet2.htm In particolare… nelle due domande della seconda e-mail NON chiedevo se Einstein avesse ragione o no (ho sentito che probabilmente non ce l’ha), MA chiedevo come mai muoveva questa obbiezione alla quantistica, visto che anche Heisenberg aveva detto che l’unico ostacolo al determinismo è la mancanza delle condizioni iniziali. Se è così cosa centrano i dadi? Perché sarebbe crollato il principio di causalità? Capisce cosa voglio dire?… spero tanto che vorrà essere così gentile da provare a spiegarmi anche se lo ha già fatto Luigi Foschini (ripeto, probabilmente è solo per mia limitatezza, ma non ho ben capito la risposta…). Capisce inoltre cosa chiedo nella seconda domanda? (mi appassiona la cosmologia e ho stampato molte sue pagine, soprattutto sulla curvatura). Non crede che un universo retto da determinismo (senza caso) non possa essere scaturito da una singolarità visto che non è totalmente omogeneo? Da dove potrebbe essere nata l’asimmetria (presupposto per la coscienza) se non dal caso? Solo da situazioni iniziali già caotiche (mi sembra l’unica alternativa all’esistenza del caso nello svolgersi dei fenomeni…).

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Due domande: 1) Se anche la meccanica quantistica non prevede l’esistenza del caso come mai Einstein esprimeva le sue preplessità nei suoi confronti con la celebre frase “Dio non gioca a dadi col mondo”? E come mai si dice che la meccanica quantistica cancella dalla natura il principio di causalità? 2) Se la natura è retta da un rigido determinismo (non esistono vie di mezzo: il caso esiste o non esiste) significa che il fatto che lei leggesse queste righe era già predeterminato nel big bang, le sembra plausibile? Ciò significherebbe inoltre che l’universo non è scaturito da una singolarità. Essa, non dovrebbe infatti possedere disordine (essendoci una sola configurazione possibile) e non avrebbe potuto dare origine ad universo caotico (almeno localmente manca di uniformità!). Se il nostro universo è retto dal determinismo dovrebbe essere scaturito da qualcosa di già caotico, non pensa?

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C’è una cosa assolutamente fondamentale della teoria quantistica che non capisco. Il principio di indeterminazione dice che è impossibile conoscere contemporaneamente posizione e quantità di moto di una partecella, ma questo è dato dal fatto che la particella non possiede una quantità di moto e una posizione definita o che noi per qualche motivo non possiamo conoscerla? Nel secondo caso perché il determinismo sarebbe crollato? Intendo dire… era basato su un ragionamento per assurdo (Laplace aveva detto “se una mente conoscesse…”), così come era stato espresso non è in contraddizione con il principio di indeterminazione no? Il fatto che non possiamo conoscere lo stato delle particelle non è in contrasto col fatto che se lo conoscessimo potremmo descrivere la loro storia. Eppure ho sentito che l’abbandono del determinismo è stato radicale, la quantistica sarebbe del tutto incompatibile con il determinismo… c’è qualche motivo che non conosco? Ci ho riflettuto un po’ e sono giunto alla conclusione che tutta la domanda si potrebbe riassumere in “può succedere qualcosa per caso?”. Potrebe farmi un po’ di chiarezza su questo punto?

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La mia non è una domanda, ma una considerazione a proposito della quale vorrei conoscere le Vostre reazioni. Più si procede nella ricerca della struttura ultima dell’Universo e più ci si rende conto he la realtà ha una organizzazione che ci appare paradossale. Siamo costretti quindi a rivedere i nostri assiomi e paradigmi sviluppati in millenni di evoluzione materiale e culturale. Il viaggio nella fisica dell’Universo diventa quindi un viaggio nella nostra mente e nella nostra coscienza, una esplorazione del nostro stesso pensiero e delle sue fonti. Che ne pensate?

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Come può considerarsi “vera” una legge “scoperta” avvalendosi del metodo scientifico “moderno” che, come si sa, si basa sull’osservazione e sull’esperimento? Nell’analisi dei risultati dell’esperimento il soggetto non può essere considerato osservatore ma parte integrante dell’esperimento; allora, mi chiedo e Vi chiedo, “cosa” e “chi” si osserva? Forse l’interazione tra osservatore e osservato, ma allora perché tutte le ipotesi e i modelli che ne scaturiscono vengono poi insegnati come verità assolute?

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Più ci si inoltra sulla strada della conoscenza delle leggi fondamentali dell’universo e più ci si imbatte in una realtà che presenta caratteristiche ‘esotiche’, ovvero caratteristiche originali rispetto alla nostra esperienza, maturata a livello ‘macroscopico’. Quanto della nostra percezione di questa realtà dipende dalla proiezione di nostri schemi mentali? Ovvero, se pure è evidente che la nostra conoscenza del mondo è reale, tanto da permetterci di influire realmente su di esso, quanto la nostra idea del mondo stesso risente della nostra capacità immaginativa?

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