Che cosa è la teleologia? Che ruolo ricopre in ambito scientifico? E’ possibile smentire scientificamente un fondamento teleologico?




 

Con il termine teleologia (dal greco telos, "fine" o "scopo") si indica qualsiasi concezione che veda nella realtà un progetto, un fine o uno scopo.

Le concezioni teleologiche hanno caratterizzato le più antiche visioni mitologiche e filosofiche che l’umanità ha sviluppato nel tentativo di interpretare il mondo. Nella mitologia tutto accadeva per il volere degli dei che perseguivano in tal modo i loro intenti. Nella stessa fisica aristotelica era dominante una concezione teleologica: ad esempio i corpi pesanti cadevano verso il basso per raggiungere il loro luogo naturale, cioè la terra, mentre i corpi leggeri andavano verso l’alto per raggiungere il luogo naturale dell’aria.

 

La grande rivoluzione scientifica, attuata soprattutto da Galileo, è consistita proprio nell’abbandonare ogni pretesa di spiegazione teleologica. La scienza moderna si limita infatti a investigare le leggi e i principi che regolano la realtà naturale senza porsi il problema di quale sia il fine ultimo dei fenomeni che accadono (Galileo afferma: Il tentar l’essenza, l’ho per impresa non meno impossibile e per fatica non meno vana nelle prossime sustanze elementari che nelle remotissime e celesti1). Questa rinuncia a tentar l’essenza ha consentito alla scienza di fare in breve tempo enormi passi in avanti che erano stati preclusi a tutte le forme di sapere precedentemente sviluppate dall’umanità.

 

Qualsiasi concezione teleologica è per sua natura metafisica e, come tale, deve essere bandita da qualsiasi teoria scientifica. Tuttavia la tendenza della mente umana a introdurre spiegazioni teleologiche è molto radicata e non di rado, anche recentemente, si assiste al tentativo di introdurre elementi finalistici, più o meno mascherati, all’interno della scienza. Ne sono un esempio la teoria dell’inteligent design, il cosiddetto principio antropico fino alla bizzarra teoria del punto omega del fisico Frank Tipler.

 

Prima di analizzare queste concezioni è tuttavia interessante cercare di capire perché la nostra mente è così irresistibilmente attratta dalle spiegazioni teleologiche. Un recente libro analizza questo problema per cercare di comprendere come mai tanta gente faccia fatica ad accettare l’evoluzionismo darwiniano che rigetta appunto ogni interpretazione teleologica in campo biologico. Si tratta di: Nati per credere (ed. Codice, 2008) di Vittorio Girotto, psicologo cognitivo che insegna all’università di Venezia, Telmo Pievani, che insegna filosofia della scienza presso l’università Bicocca di Milano ed è specializzato in biologia evoluzionistica e filosofia della biologia e Giorgio Vallortigara, che insegna all’università di Trento e dirige il Laboratorio di cognizione animale e neuro-scienze dello stesso ateneo. Mettendo insieme le loro specifiche competenze, i tre ricercatori sostengono, basandosi su convincenti ricerche e solide argomentazioni, la tesi che dà il titolo al libro: siamo nati per credere.

 

Il nostro cervello non è affatto una tabula rasa che verrà progressivamente riempita dall’esperienza e dall’insegnamento che riceveremo. Fin dalla nascita possediamo modelli innati che ci consentono di fornire un’interpretazione di quello che ci accade intorno. Alla base di queste interpretazioni vi è l’applicazione inconsapevole di alcune procedure rapide ed economiche, ma che spesso possono condurre a valutazioni errate. Tali procedure sono state definite dallo psicologo Herbert Simon (1916-2001) euristiche. Le euristiche sono scorciatoie mentali, che abbiamo acquisito evolutivamente, che spesso sono utilissime alla sopravvivenza, ma che altrettanto spesso ci fanno commettere errori. Una tipica euristica è il ragionamento per analogia che spesso ci porta a confondere causalità e semplice correlazione o addirittura a confondere cause ed effetti. Queste erronee valutazioni sono evidenti nel pensiero magico, nelle superstizioni, nelle medicine alternative (pensiamo all’omeopatia e alla “legge dei simili”), ma sono sempre in agguato anche nell’ambito scientifico e anche la persona più razionale non ne è affatto immune.

 

Un’euristica particolarmente potente, precoce e universale, è proprio la tendenza a vedere il mondo in termini di scopi e disegni intenzionali. Numerosi esperimenti hanno mostrato che i bambini tendono spontaneamente ad attribuire finalità non solo agli artefatti umani (“le forbici servono a tagliare”) e alle parti degli esseri viventi (“gli occhi servono a vedere”), ma anche a fenomeni e oggetti naturali inanimati (“le nuvole servono a far piovere”). Tale tendenza è stata chiamata da Kelemen teleologia promiscua, in quanto genera una confusione di domini. I vantaggi evolutivi di tale tendenza sono evidenti: meglio cauti che morti. Se si vede un ramo spezzato è più prudente considerarlo il segno del recente passaggio di un predatore o di un nemico piuttosto che il risultato di un evento fisico naturale, come il vento.

Altri studi evidenziano l’esistenza di un dualismo intuitivo che ci fa trattare come entità separate gli oggetti fisici e gli oggetti mentali. Con la conseguenza di poter concepire corpi privi di mente e menti prive di corpo. Da tale dualismo deriverebbero tutte le credenze soprannaturali: divinità, spiriti, sopravvivenza dopo la morte. Si evidenzia inoltre una “ipertrofia del sistema che tratta gli oggetti animati” con la conseguente tendenza a inferire e attribuire desideri e obiettivi anche laddove questi non esistono affatto.

 

Per tutti questi motivi le spiegazioni teleologiche risulterebbero molto più cognitivamente persuasive rispetto al ragionamento darwiniano, decisamente più difficile da accettare. Come si legge nel libro:

 

In questo modo, la nostra attrezzatura biologicamente predisposta alla lettura intenzionale di una porzione della realtà, quella relativa agli oggetti animati, che è stata resa possibile dal lavoro di scultura delle nostre menti da parte della selezione naturale, è la stessa che, paradossalmente, ci rende così difficile capire e accettare il meccanismo di funzionamento della selezione naturale.

 

Le concezioni teleologiche sono di natura metafisica e pertanto non verificabili in alcun modo. Quindi la loro introduzione in campo scientifico è del tutto illecita in quanto rappresentano solamente un pregiudizio ideologico a priori dei singoli autori. Dicevamo tuttavia che non pochi ricercatori sono incorsi, anche recentemente, in questo errore proponendo concezioni pseudoscientifiche in cui è evidente l’elemento teleologico.

 

Nella teoria del cosiddetto intelligent design, ad esempio, si sostiene che l’evoluzionismo darwiniano sarebbe incapace di spiegare alcune caratteristiche dell’universo e degli esseri viventi. Pur evitando accuratamente di fare riferimento a un Creatore, si contrappone alla selezione naturale per mutazioni l’esistenza di una causa o progetto intelligente. Si tratta però di un semplice espediente, nato negli Stati Uniti alla fine degli anni Ottanta, per aggirare una sentenza della Corte Suprema che proibiva l’insegnamento del creazionismo nelle scuole. La strategia dei sostenitori dell’intelligent design è di presentarlo come una teoria scientifica priva di esplicite connotazioni religiose e fare azione di lobby affinché venga insegnato nelle scuole accanto alla teoria dell’evoluzione. In realtà, come è stato oramai ampiamente dimostrato, l’evoluzionismo è perfettamente in grado di interpretare la realtà senza alcun riferimento a concezioni teleologiche e rappresenta un fondamento solidissimo di tutta la scienza moderna.

 

Ugualmente deboli appaiono le argomentazioni che caratterizzano alcune interpretazioni del cosiddetto principio antropico, la cui formulazione originaria si deve all’astronomo Brandon Carter nel 1974. Secondo tale principio se le caratteristiche del nostro universo (soprattutto le costanti fisiche universali) fossero state diverse, la vita (e quindi noi stessi) non si sarebbe mai sviluppata e noi non saremmo qui a porci domande. E quindi, secondo alcuni, non può essere casuale che l’universo sia fatto proprio in questo modo: deve esserci in qualche modo un progetto e un fine. Del principio antropico esistono diverse versioni (forti e deboli) e una trattazione dettagliata richiederebbe parecchio spazio. Rimando a tale proposito a questa risposta di Vialattea: http://www.vialattea.net/esperti/php/risposta.php?num=8748

 

Ancora più smaccatamente metafisiche appaiono le concezioni del fisico Frank Tipler. Nella sua teoria del punto omega, Tipler, non solo sostiene il principio antropico, ma addirittura afferma di poter dimostrare scientificamente l’esistenza di Dio, della resurrezione dei morti e quella del paradiso, proprio come sono immaginati all’interno di varie confessioni religiose e soprattutto quella cattolica. Si veda a tale proposito l’intervista di Piergiorgio Odifreddi a Frank Tipler: http://www.vialattea.net/odifreddi/tipler.pdf).

 

Per concludere, tutte queste concezioni teleologiche, come già detto, rivelano semplicemente i pregiudizi ideologici dei loro sostenitori e non trovano alcun fondamento scientifico.

Per rispondere alla domanda specifica del lettore: “è possibile smentire scientificamente un fondamento teleologico?” userei infine le parole del biologo evoluzionista Richard Dawkins che ha efficacemente affermato:

 

[…] le prove dell’evoluzione rivelano un universo senza progetto2.

 

L’universo che osserviamo ha precisamente le proprietà che dovremmo aspettarci: nessun progetto, nessuno scopo, nessun male e nessun bene, nient’altro che impietosa indifferenza3.

 

 

 

Note:

 

1) G.Galilei, “Terza lettera a Marco Welser sulle macchie solari” in Opere, ediz. Naz. Barbera, Firenze 1929-1936, vol. V, p. 187;

2) R. Dawkins, L’orologiaio cieco, Mondadori, Milano 2006;

3) R. Dawkins, River out of Eden, Harper Collins, New York 1995.