La più semplice equazione d’onda che descrive il moto con velocità di propagazione costante d’onde meccaniche unidimensionali sinusoidali, nelle corde, nei fluidi e nelle onde acustiche, è nota dal 1750 come equazione di Alembert, (vedi Eq.1). E’ un’equazione differenziale lineare alle derivate parziali del secondo ordine. Il modello matematico che permise di ricavare tale funzione, si ottenne utilizzando le massime conoscenze dell’analisi matematica di allora che in pratica è ancora quella d’oggi per i calcoli di onde elettromagnetiche. Quindi equazioni differenziali alle derivate parziali, poiché i valori dei campi sono funzioni dello spazio tridimensionale x, y, z, e del tempo, t. Inoltre, dal momento che le grandezze di campo sono vettori, serve la conoscenza dei calcoli e teoremi tra vettori. Tra le operazioni del calcolo vettoriale indispensabili sono il gradiente, la divergenza ed il rotore di un campo vettoriale. Maxwell conosceva bene tutte queste cose, si legga la risposta di Nicola Fusco.
Immergendoci in queste conoscenze scientifiche del periodo maxwelliano cercherò di rispondere nel modo più semplice possibile alla domanda.
Maxwell, in un lavoro enorme, riordinò tutte le leggi elettrostatiche e magnetiche (dal “De Magnete” di Gilbert, 1628) e quelle elettrodinamiche (dal 1821)1 e soprattutto tutte le misure sperimentali anche empiriche, anche quelle ancora da verificare oltre la conoscenza di tutti gli strumenti di misura e dei loro errori. Non tralasciò nulla e nessuno. Neppure elaborati ed esperimenti di sconosciuti studiosi. Quanti di noi conoscono i lavori di Heine, Todhunter, Ferrers, Nicholson, Paalzow, Kohlrausch, Nippoldt Wiedemann, Ruhlmann, dell’italiano Betti, ecc? Solo per citare alcuni nomi che Maxwell riporta con meticolosa precisione e considerazione per l’importanza d’alcune semplificazioni matematiche o interessanti e chiarificatori esperimenti elettrici. Il lavoro terminò con la sua pubblicazione il primo febbraio del 1873 2.
Saltiamo ben 42 dei 46 capitoli totali del trattato, per arrivare a pag. 784 al paragrafo “Velocity of propagation of electromagnetic disturbances in un medium non-conductor “.
Dopo un ragionamento logico, fisico e matematico per la propagazione di onde E.M. su mezzi non conduttivi del capitolo precedente. Dopo aver separato ciò che è essenziale da ciò che non lo è. Dopo aver elaborato le sue cinque famose equazioni , due leggi di Gauss per il campo magnetico ed elettrico, la legge di Faraday, la legge di Ampère e la legge della conservazione della carica 3-4, Maxwell si trova di fronte a tre equazioni differenziali alle derivate parziali del secondo ordine che descrivono i valori in un punto infinitesimo dello spazio in un tempo infinitesimo, t. Maxwell sa che sono le equazioni dell’onda elettromagnetica, riferite al campo magnetico, campo elettrico e alla forza del campo. Onda che trasporta oscillazioni del campo elettrico e magnetico, ortogonali tra loro, ciascuno dei quali genera l’altro in un punto contiguo dello spazio, una volta che c’è stato l’innesco in un punto di partenza dello spazio da cariche in movimento. Il risultato di tutta l’elaborazione fisico matematica termina con equazioni5 esattamente simili all’equazione d’onda meccanica di Alembert del 1750. Confrontando la Eq. (2) con la Eq. (1), si sarebbe aspettato di vedere comparire il termine che rappresenta la velocità di spostamento allo stesso modo che concluse Alembert. Invece, ha un coefficiente K ma, gli è subito chiaro che deve per forza rappresentare anche la velocità dell’onda oltre alla costante dielettrica che già sapeva. Infatti scrive:
“The equations in this form (cioè le Eq. 2) are similar to those of motion of an incomprensibile elastic solid (cioè la Eq. 1 ), and when the initial conditions are given, the solution can be expressed in a form given by Poisson, and applied by Stokes to the Theory od Diffraction" (1849). Let us write:
Isolando la velocità e il coefficiente K, che ora è solo la costante dielettrica, Maxwell asserì che v rappresenta la velocità di propagazione in un mezzo non conduttivo. Ovviamente omogeneo, normale, isotropo e lineare. Le sue equazioni d’onda di ciò che oggi chiamiamo campo E e campo B, sono perfettamente identiche all’equazione d’onda meccanica del 1750 (vedi Eq.3 ed Eq.1).
Ora sappiate che Maxwell, forse il più grande fisico teorico della storia è un professore di fisica sperimentale ed ha la perfetta conoscenza dei lavori della velocità della luce di Weber e Kohlrausch del 1856 (3,107*10^10 cm/s) oltre ai suoi lavori del 1868 (2,842*10^10 cm/s) e quelli di Thomson e King del 1869 (2,808*10^10 cm/s ). Non solo! Ha seguito con molta attenzione i lavori (1857) del mitico Kirchhoff (chirsciof) il quale aveva dimostrato sperimentalmente che un segnale elettrico si propaga in un filo con la velocità della luce. Mesi dopo Weber confermerà, aggiungendo che la velocità è quasi uguale a c ed è indipendente dalla sezione dei fili e dai valori di corrente. Quindi, i tempi erano maturi per cercare di capire se, v possa essere sostituita con la velocità della luce, c.
In sostanza, il rapporto K *c 2 / K non cambia mai, è sempre fisso.
Con puri esperimenti mentali su cariche statiche e correnti si trovò la nota costante elettromagnetica c^2. Maxwell scrisse che fasci di campi elettrici e magnetici si dovevano propagare alla velocità della luce ed ebbe ragione.
Note
1) Chi mosse la ruota della storia elettrica fu il danese Hans Christian Oersted che il 21 settembre 1821 a Parigi, con una pila, un filo e una bussola, fece crollare un fondamento di quasi mezzo secolo del credo coulombiano “Le forze magnetiche non hanno nulla a che fare con le forze elettriche”. In sala era presente André Marie Ampère.
2) “A Treatise on Electricity and Magnetism” by James Clerk Maxwell, M.A. Honorary Fellow of Trinity College and Late Professor of Experimental Physics in the University of Cambridge. Oxford At the Clarendon press. February 1, 1873.
3) Ricordo che l’insieme di queste cinque leggi, nella forma differenziale o puntuale, costituiscono ciò che chiamiamo le equazioni di Maxwell. Queste cinque equazioni non sono tutte indipendenti. Un campo elettromagnetico può essere definito solo con la legge di Faraday o Ampère, ma sarebbe un campo reattivo e non di propagazione d’onde elettromagnetiche.
4) Spesso alcuni bravi studenti di scuola media superiore, che conoscono le leggi di Faraday e Ampère, hanno difficoltà a riconoscerle sui testi che le diffondono nel pacchetto delle cosiddette equazioni di Maxwell. Sappiate che sono le stesse note leggi che avete studiato sui testi di elettrologia. La differenza è che sono nella forma ottenuta applicando il teorema di Stokes.
5) La forma differenziale o puntuale delle equazioni di Maxwell indica che a un campo elettrico variabile nel tempo è associato il rotore del campo magnetico. Se applichiamo l’operazione di rotore ai due membri della legge di Faraday tenendo conto della legge d’Ampère e con alcune considerazioni che la divergenza del campo E è nulla, si ottiene l’equazione d’onda del campo E nella forma della Eq.2. Con la differenza che oggi, al posto di K troviamo la costante universale epsilon zero. Allo stesso modo si procede per l’equazione d’onda del campo B partendo dalla legge di Ampère- Maxwell.
Gianfranco Verbana