Cortese redazione, sarebbe teoricamente possibile costruire una macchina fotografica in cui al posto dell’obbiettivo c’e’ un’antenna capace di captare le frequenze della luce visibile per poi convertirle in immagine? grazie anticipatamente

 Se per antenna si intende un dispositivo conduttore elettrico come le antenne radio, la riposta è NO. Per il semplice motivo che la luce, quando interagisce con la materia, si comporta come se fosse composta da particelle. Invece nei fenomeni di diffrazione e interferenza si comporta come un onda radio. Questa è la grande differenza tra il dominio elettrico (frequenze radio) comportamento sempre e solo come onda ed il dominio ottico (frequenze luce), doppia natura onda e particella.

Da un’antenna radio, di rame o alluminio, possiamo estrarre potenza elettrica (tensione e corrente) poiché l’onda trasporta energia (Campo elettrico e magnetico. Vettore di Poynting) Come è noto questa energia è indipendente dalla frequenza. Quindi, fili di metallo captano una frequenza o banda radio che si fornisce senza nessuna variazione al ricevitore elettrico radio per essere rivelata.

All’antenna radio entra una densità di potenza elettrica (watt/m2) ed esce su un carico resistivo una potenza elettrica (watt). 

Anche l’onda ottica trasporta energia solo che è trasportata da una particella  che ha massa nulla a riposo ed è chiamata fotone. La sua energia dipende dalla frequenza ed è la famosa E= h*f, dove h è la costante di Planck , f è la frequenza in hertz, mentre la sua quantità di moto è hf/c.

Se vogliamo vedere immagini, ascoltare suoni o vedere filmati provenienti da sorgenti ottiche (In banda luce visibile oppure da sorgenti infrarosse o ultraviolette), serve un materiale  fotosensibile che abbia, nella sua costituzione atomica, degli elettroni su dei livelli di banda tali (band gap) da essere spostati in bande vuote a quella particolare energia di frequenza luce.  Per entrare nei dettagli si legga   questa mia risposta.

Forse per qualcuno queste cose non saranno molto chiare ma, ciò che conta sapere, è che occorre un materiale fotoelettrico tale che per ogni fotone assorbito liberi un elettrone. Per le frequenze in banda luce visibile, questi materiali sono il selenio ed il silicio. Da oltre un secolo un tipo di rivelatore di luce è la fotocellula. Le lenti (obiettivi) davanti alla fotocellula incrementano la direttività, il guadagno ottico del sistema, cioè si comportano come fossero antenne radio. Il teleobiettivo non è altro che un’antenna a frequenze ottiche di elevata direttività. 

Attenzione alla differenza con l’antenna radio. Nell’obiettivo entra una densità di potenza ottica o di luce (watt/m2 ) che illumina, focalizzando totalmente la superficie del fotoconduttore (o alla matrice di fotodiodi, pixels), quindi entrano watt. Numero di fotoni nell’unità di tempo, P= (h*f)/t ed esce un’intensità di corrente elettrica, (Ampère). Numero di cariche nell’unita di tempo I=Q/t.

 Il rapporto tra la corrente generata da un fotodiodo, o altro componente fotoelettrico, e la potenza luce che illumina la sua superficie attiva è chiamato responsivity”, R= I/P=A/W. Un componente fotoelettrico ideale converte lo stesso valore di potenza entrante (watt) in valore di corrente (ampère) ma, poiché vi sono diversi tipi di perdite che evito di accennarle, la responsivity è minore di un A/W. Il valore tipico di un fotodiodo al silicio in banda luce è 0,5 A/W.  Se entrano due milliwatt di potenza ottica esce un milliampere di corrente elettrica.

In conclusione, per ottenere ed elaborare immagini dobbiamo fare una conversione dal dominio ottico a quello elettrico.  Non siamo ancora capaci di realizzare sistemi totalmente nel dominio ottico e realizzare sistemi nel dominio elettrico abbiamo visto che è impossibile fisicamente.

Nota importante per tecnici ed ingegneri elettrici

Avrei potuto rispondere anche da un altro punto di vista fisico. Gli elettrici-elettronici sanno bene che l’agitazione termica degli elettroni su corpi conduttori provoca una tensione elettrica variabile detta “ rumore termico “ che limita la sensibilità degli amplificatori e ricevitori radio.
In breve, l’agitazione termica di miliardi di elettroni scorrelati, in un pezzo di filo di rame, ha esattamente lo stesso comportamento elettrico come fossero miliardi di generatori sinusoidali indipendenti. Il valore istantaneo di picco della tensione risultante, in base al teorema del limite centrale, ha una funzione di distribuzione di tipo gaussiano. Come è noto l’andamento in frequenza è costante, piatto. La tensione elettrica assume un valore statistico mentre, per un altro affascinante teorema, la potenza elettrica di questa tensione casuale è deterministica ed è la nota formula P=KTB (watt) Per le unità di misure si veda questa mia risposta.
 
Ebbene questa formula usata da tutta l’ingegneria elettrica dal 1927, riportata su tutti i testi universitari, è una formula fisicamente assurda.
Per B (frequenza) che tende a infinito, la potenza tende a un valore infinito.
Ciò non ha senso! Il tempo può tendere all’infinito, mai a zero, quindi solo l’energia può tendere all’infinito, non la potenza!
Se è assurda fisicamente perché nei progetti elettrici la formula funziona?
Dove sta l’errore?
La formula è valida ed è precisa perché è usata all’interno della banda del rumore termico che non è infinita ma, è fisicamente limitata a circa 1-2 THz. La tecnologia attuale nel dominio elettrico è arrivata a  circa 0,15 THz, quindi non ci si pone il problema che la formula KTB perda di validità a frequenze dieci volte maggiori.
Se non esiste mobilità di elettroni significa che essi non riescono a seguire campi elettrici e magnetici di onde radio con frequenze maggiori di 2-4 THz. Perciò è impossibile, anche da questo punto di vista, turbare minimamente le cariche in un’antenna di rame con onde ottiche che per il visibile vanno da 428 THz (rosso) a 749 THz (violetto).

In figura è riportato l’andamento della densità di potenza del rumore termico espressa in unità logaritmiche (dBm/Hz). In pratica il comportamento come onde E.M. radio, dove sono valide le leggi della fisica classica, sono fino alla frequenza di 1 THz a 20°C (KT>hf). Da questa frequenza in poi iniziano a farsi sentire gli effetti quantici. L’onda E.M. ha un comportamento nettamente corpuscolare (quando interagisce con la materia) dalle frequenze maggiori di 10 THz (hf>KT). All’aumentare della frequenza i fotoni da borotalco diventano sabbia fine poi sassolini. Le frequenze ultraviolette hanno un comportamento come fossero biglie pesanti per diventare dei massi alle frequenze dei raggi X e macigni per i raggi gamma.