Un’osservazione attenta delle dettagliatissime immagini HDF (Hubble Deep Field), rivela che le galassie deboli possono render conto di gran parte della luce visibile nel cosmo. La straordinaria uniformità del cielo di sfondo suggerisce che gran parte della luce visibile nell’universo proviene da galassie che il telescopio Hubble è in grado di rilevare.
Le immagini HDF, ottenute nel 1995 nel corso di una settimana di intensa osservazione da parte dell’Hubble, sono in grado di mostrarci delle galassie con una luminosità milioni di volte più debole di quella necessaria per poter essere viste ad occhio nudo. Michael S. Vogeley (Princeton University Observatory) ha analizzato le macchie bianche che appaiono tra queste lontanissime galassie: si tratta di minuscole increspature nello splendore del cielo che possono indicare la presenza di galassie ancora più deboli. Tra le lontane galassie la luminosità del cielo varia meno dell’uno per mille in regioni che hanno un’area piccolissima, pari a un milionesimo del disco lunare.
La misurazione delle fluttuazioni di luminosità del cielo è estremamente complicata perché tali fluttuazioni possono facilmente essere mascherate dalle piccolissime variazioni di sensitività degli strumenti di ripresa.
L’identificazione di tutte le sorgenti di luce visibile è un passo cruciale verso la comprensione della storia della formazione stellare e dell’evoluzione delle galassie. Se, come gli astronomi sospettano, l’universo ha attraversato un periodo di intensa formazione stellare quando aveva la metà dell’età attuale, la radiazione proveniente da questo boom di nascite dovrebbe essere rilevabile oggi come luce visibile. Un compito importante per i cosmologi è la comprensione delle origini delle radiazioni cosmiche di fondo a tutte le lunghezze d’onda. Il lavoro di Vogeley indica che gran parte della luce visibile che riempie l’universo proviene da galassie presenti nel campo HDF e non da galassie ancora più deboli.
Da sempre gli astronomi sono assillati dal problema se esiste una parte di universo che si nasconde alla nostra possibilità di rilevamento. Ora possiamo costruire teorie sull’evoluzione dell’universo con una maggior fiducia nel fatto che solo una piccola parte delle galassie esistenti si trova oltre la soglia di sensibilità dei nostri telescopi più potenti.
Rimane la questione della quantità esatta di galassie deboli che ancora non riusciamo a rilevare nemmeno con il telescopio Hubble. Possono esistere molte altre galassie che sono troppo deboli o troppo lontane per contribuire significativamente alla luce visibile che arriva alla Terra. In ogni caso rimarranno invisibili quelle galassie nascoste da polveri e quelle che sono talmente lontane da avere un redshift così alto da trasformare la loro luce visibile in radiazione infrarossa. I telescopi spaziali della prossima generazione, dotati della capacità di catturare anche la luce infrarossa, ci consentiranno di osservare l’universo come appariva quando la sua età era una piccola frazione dell’età attuale.