Due gruppi internazionali di astronomi usando sia il telescopio spaziale Hubble che i telescopi terrestri in Australia ed in Cile hanno scoperto i primi esemplari di buchi neri di massa stellare che orbitano indisturbati e solitari nella nostra galassia. Tutti i casi precedenti di buchi neri di taglia stellare sono stati scoperti in orbita attorno ad una stella compagna, e la loro presenza è stata appunto dedotta dagli effetti sulla stella visibile.
I due buchi neri invece hanno manifestato la loro presenza con un effetto di microlente gravitazionale. In altre parole hanno deviato la luce proveniente da una stella lontana. "Questo risultato ci mostra che i buchi neri sono più comuni di quanto si supponesse e che molte stelle massicce ma normali possono alla fine della loro vita collassare e formare un buco nero invece che una stella di neutroni" afferma David Bennett della University of Notre Dame. Bennett ha presentato i risultati del suo team al 195° meeting della American Astronomical Society.
La scoperta suggerisce inoltre che non ci sia bisogno di interazioni con un’altra stella: i buchi neri possono prodursi per collasso di una stella isolata sufficientemente massiccia, come da lungo proposto dagli astrofisici teorici.
A sinistra sono visibili due immagini successive di un campo stellare affollato di astri. Il debole aumento di luminosità della stella contrassegnata è imputabile al passaggio di un buco nero che ne ha distorto ed amplificato la luce.
A destra è visibile lo stesso campo ripreso dal telescopio spaziale "Hubble" che ha consentito la precisa identificazione della stella e dunque la precisa determinazione della sua luminosità "a riposo".
L’intenso campo gravitazionale del buco nero agisce come una lente, incurvando lo spazio percorso dai raggi luminosi provenienti da stelle molto più lontane, a tal punto che da una singola immagine, se ne vedono due identiche poco distanti. E proprio questo effetto ha "tradito" la presenza di un buco nero: l’angolo di deflessione della luce è 100 volte più piccolo della capacità visiva del telescopio spaziale, ma la semplice addizione di due sorgenti luminose, sebbene confuse, è visibile come un aumento di luminosità quando il buco nero passa davanti alla stella. Il gruppo di Bennett stava aspettando uno di questi passaggi e l’attenta analisi dei due eventi ha mostrato che gli oggetti responsabili della deflessione della luce hanno una massa di circa sei masse solari.
Se gli oggetti fossero stati stelle ordinarie, la loro luce, per quanto debole, avrebbe certamente mascherato la stellina lontana. Inoltre, dato che la massa è eccessiva per una nana bianca o una stella di neutroni, si conclude che si doveva trattare di buchi neri.
La tecnica di rivelazione di eventi di microlente gravitazionale, combinata con la straordinaria risoluzione ottica del telescopio spaziale, apre agli astronomi la possibilità di ricercare buchi neri solitari e stimare se essi contribuiscano o meno all’alone di materia oscura. Questi eventi di microlente sono stati scoperti nel 1996 e nel 1998 dalla collaborazione internazionale chiamata MACHO (Massive Compact Halo Object) usando il telescopio da 1,3 metri al Mount Stromlo Observatory a Canberra, in Australia.
La scoperta dell’avvenimento e la rapida comunicazione alla rete di osservatori ha consentito precise misure dell’andamento del fenomeno da parte del Global Microlensing Alert Network (GMAN) dal telescopio da 90 cm al Cerro Tololo Inter-American Observatory (CTIO) e dal progetto Microlensing Planet Search (MPS). Il gruppo MACHO sorveglia decine di milioni di stelle in direzione del centro della galassia, dove l’affollamento è notevole e aumenta le possibilità di successo dell’osservazione di questi rari fenomeni. I due eventi hanno avuto una durata straordinariamente lunga, rispettivamente 800 e 500 giorni, il che suggerisce che l’oggetto sia stato molto massiccio. Successive osservazioni sono state condotte da HST nel giugno 1999 per identificare chiaramente la stella che ha subito la deflessione e misurarne la luminosità dopo l’evento. L’immagine di HST mostra che la stella era vicino ad altre stelle simili per luminosità e dunque appariva confusa nelle immagini degli osservatori terrestri. L’identificazione della stella da parte di HST ha permesso una più precisa determinazione dell’aumento di luminosità e dunque della massa del buco nero.
L’evento del 1998 è stato più intenso, ma la modellizzazione di questo fenomeno attende ancora il contributo di HST per l’identificazione della stella. La durata straordinariamente lunga di un evento di microlente gravitazionale può essere attribuita a due cause: la massa elevata della lente oppure il moto orbitale della Terra. Per discriminare la causa è necessario dunque studiare con attenzione la forma della curva di luce del fenomeno.
Credits: NASA e Hubble Heritage Team (STScI).