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Un vicino ammasso stellare offre uno scorcio dell’Universo primordiale (N81)

Il Telescopio Spaziale Hubble ha realizzato questo "ritratto di famiglia" di stelle giovani e ultra-brillanti ancora avvolte nei loro "bozzoli" di gas luminescenti. Questo "reparto di maternità celeste" chiamato N81, si trova alla distanza di 200.000 anni luce nella Piccola Nube di Magellano (SMC), una piccola galassia irregolare satellite della nostra Via Lattea. Queste sono probabilmente le più giovani stelle massicce mai viste nella piccola nube di Magellano.

Un paio di stelle brillanti nel centro della nebulosa stanno riversando all’esterno gran parte della radiazione ultravioletta che rende luminosa la nebulosa. Appena sopra di esse, un piccolo nodulo oscuro è tutto ciò che rimane della fredda nube di idrogeno molecolare e polveri da cui nacquero le stelle dell’ammasso. Sbuffi oscuri di polvere residua trisecano la nebulosa.

La nebulosa offre un’opportunità unica per una fugace visione da vicino della tempesta che accompagna la nascita di stelle estremamente massicce, ognuna delle quali brilla come 300.000 soli. Questo genere di "fuochi d’artificio" galattici erano molto più comuni miliardi di anni fa nell’universo primordiale, quando si completò la maggior parte della formazione stellare.

"Ciò sta fornendo agli astronomi nuovi dettagli dei meccanismi fisici che governano la formazione di stelle all’interno di galassie remote che risalgono a miliardi di anni fa", afferma Mohammad Heydari-Malayeri, che ha coordinato il gruppo di astronomi che ha realizzato la scoperta usando la Wide Field and Planetary Camera 2 del telescopio spaziale Hubble.

Dal momento che le stelle della Piccola Nube di Magellano sono povere di elementi pesanti, esse evolvono in modo simile alle primissime stelle dell’Universo, costituite quasi esclusivamente da elementi primordiali: idrogeno ed elio. In effetti la piccola nube di Magellano è un laboratorio privilegiato per lo studio della formazione stellare nell’universo primordiale: essa è la galassia più vicina contenente le cosiddette stelle "povere di metalli", di prima e seconda generazione.

La squisita risoluzione di HST consente agli astronomi di rilevare con precisione 50 distinte stelle strettamente affollate nel nucleo della nebulosa entro un diametro di 10 anni luce, vale a dire poco più del doppio della distanza tra la Terra e la stella più vicina. La distanza tra le due stelle più vicine è solo 1/3 di anno luce (0,3 secondi d’arco nel cielo).

Queste osservazioni mostrano che le stelle massicce possono formarsi in gruppo. "Di conseguenza, è più probabile che alcune di queste stelle siano membri di sistemi doppi e multipli", afferma Heydari-Malayeri. "I sistemi multipli influiranno notevolmente sull’evoluzione stellare emettendo una grande quantità di materia nello spazio.

Il notevole tasso di perdita di massa da queste stelle super-calde è evidente nell’immagine di Hubble che rivela forme scolpite drammaticamente nelle pareti della nebulosa da violenti venti stellari e onde d’urto.
"Questo implica un ambiente circostante molto turbolento, tipico di regioni di intensa formazione stellare" soggiunge Heydari-Malayeri.

Egli ritiene che uno dei membri dell’ammasso possa essere una stella appartenente ad una classe estremamente rara di stelle super-calde (50.000 gradi Kelvin) chiamata stelle di Wolf-Rayet. Questa tipo di stella rappresenta una fase violenta e transitoria della fase finale della vita di una stella massiccia, prima che essa esploda definitivamente sotto forma di Supernova.

"Se fosse confermato da future osservazioni del Telescopio Spaziale, questa scoperta avrà un considerevole impatto sui modelli dell’evoluzione stellare" afferma Heydari-Malayeri. "Questo perché la stella candidata Wolf-Rayet è più debole rispetto alle altre stelle di Wolf-Rayet presenti in questa galassia, e questo contrasta con i modelli.

Prima delle osservazioni di Hubble N81 era semplicemente soprannominata "The blob" perché i suoi particolari erano indistinguibili da telescopi con base a terra.

La visione in colori pressoché naturali è stata composta da immagini separate riprese con la Wide Field and Planetary Camera 2 in luce ultravioletta e due linee vicine dell’idrogeno ionizzato (H-alfa, H-beta).

L’immagine è stata ripresa il 4 settembre 1997.

Le osservazioni di N81 con il telescopio spaziale Hubble sono state condotte dagli astronomi europei Mohammad Heydari-Malayeri (Paris Observatory, France) e co-investigators Michael Rosa (Space Telescope-European Coordinating Facility, European Southern Observatory, Germany), Hans Zinnecker (Astrophysics Institute, Potsdam, Germany), Lise Deharveng (Marseille Observatory, France), e Vassilis Charmandaris (Paris Observatory).