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Il censimento di Hubble rivela un boom di nascite stellari

Questo grafico traccia la storia del tasso di formazione stellare durante gli ultimi 12 miliardi di anni, da poco dopo la nascita dell’universo fino al presente.

Il grafico è basato sulle osservazioni di galassie lontane eseguite dal telescopio spaziale Hubble e da osservatori con base a terra. I dati Hubble mostrano un vertiginoso aumento del tasso di formazione stellare subito dopo il Big Bang. I dati degli osservatori con base a terra ci mostrano il precipitoso declino iniziato circa 9 miliardi di anni. Non esistono ancora osservazioni per poter riempire la lacuna tra queste due serie di dati nella zona dove le due pendenze si dovrebbero riunire nel picco massimo di attività di formazione stellare. Questa sarà un’area di ricerca futura per l’Hubble.

Sull’asse verticale sono disposti i valori del tasso medio di formazione stellare come multiplo del tasso attuale (valore unitario 1). Il grafico suggerisce che il valore massimo potrebbe essere stato anche superiore a 15 volte il valore attuale. L’asse orizzontale mostra il tempo in miliardi di anni dal Big Bang al presente.


immagine JPG a colori del grafico 23kb  


Analizzando le immagini e i colori di alcune delle più lontane galassie dell’universo, come sono state osservate per la prima volta dall’Hubble (vedi HDS, Hubble Deep Field), un team di astronomi sta per scoprire nuove e interessanti prove sul fatto che dopo il Big Bang c’è stato un "boom" di nascite stellari.

Queste prove scaturiscono dalla stima dell’attività di formazione stellare in galassie remote, che esistevano quando l’universo aveva un’età pari al 10% dell’età attuale. Secondo le stime, il tasso di formazione stellare era talmente alto da dover concludere che gran parte delle stelle che l’universo dovrà mai "costruire" sono già state costruite e che la popolazione attuale è comporta soprattutto da stelle di "mezza età".

I risultati dell’Hubble ci stanno aiutando a riempire la lacuna nella comprensione di ciò che avvenne tra l’iniziale raffreddamento dell’universo per formare la materia (dedotto dalla presenza della radiazione cosmica di fondo) e l’apparire di stelle e galassie.

Secondo Piero Madau (Space Telescope Science Institute) le scoperte dell’Hubble gettano un primo sguardo alla storia cosmica della formazione stellare e una prova visiva che il picco di formazione stellare è avvenuto circa tre miliardi di anni dopo il Big Bang. Gran parte delle stelle sono quindi nate in quell’epoca e il nostro Sole fa parte di una fase tardiva di formazione perché è apparso soltanto cinque miliardi di anni fa.

I ricercatori hanno innanzitutto stimato approssimativamente le distanze delle galassie confrontando le esposizioni HDF prese con differenti filtri colorati. Numerose galassie dell’HDF che appaiono alle lunghezze d’onda del visibile svaniscono improvvisamente in luce ultravioletta. Questo fatto è dovuto all’idrogeno che, diffuso nello spazio intergalattico lungo la linea di visuale, assorbe la luce ultravioletta proveniente dagli oggetti lontani.

L’effetto cumulativo dell’assorbimento nell’ultravioletto dovuto all’idrogeno ci fornisce un metodo unico per distinguere le galassie lontane (che scompaiono a quelle lunghezze d’onda) dalle galassie vicine. La tecnica è già stata controllata e dimostrata nella sua validità utilizzando il redshift spettroscopico rilevato con il telescopio Keck delle Hawaii.

Utilizzando questa tecnica i ricercatori hanno identificato almeno 15 galassie che esistevano quando l’universo aveva un’età compresa tra 8% e il 10% dell’età attuale (redshift da 3,5 a 4,5) e più di 70 galassie con un’età tra il 10% e il 20% dell’età attuale. Essi hanno quindi calcolato l’intensità di formazione stellare in queste galassie misurando l’ammontare complessivo di luce ultravioletta irradiata tipicamente da stelle calde e massicce. Queste stelle hanno una vita molto breve: la loro presenza è tipica delle regioni di recente formazione stellare e ne costituiscono quindi un buon indicatore (a causa dell’espansione dell’universo, la radiazione ultravioletta si sposta nella gamma del visibile e viene così rilevata dalla camera WFPC2 dell’Hubble).

Gli astronomi hanno scoperto che il tasso di formazione stellare era alcune volte più rapido rispetto a quello attuale. Essi comunque ci avvertono che la loro stima deve essere vista come un limite minimo, dato che con queste tecniche di ricerca non è possibile isolare l’effetto dovuto alla polvere interstellare, eventualmente presente nelle galassie che, per diffusione, sposta verso il rosso una parte significativa della radiazione stellare.

I risultati dell’Hubble vanno a completare le conclusioni raggiunte dalla ricerca CFRS (Canada-France Redshift Survey), un progetto condotto da Simon Lilly (Università di Toronto) che ha misurato il tasso di formazione stellare di centinaia di galassie lontane almeno 9 miliardi di anni luce.. I risultati del CFRS mostrano che il tasso di "natalità" nell’universo attuale è relativamente basso, mentre era sostanzialmente più alto nel passato. I dati dell’Hubble e dei telescopi con base a terra ci hanno consentito di porre i limiti di un intervallo di tempo entro il quale il tasso di formazione stellare era dieci volte più alto rispetto ad oggi. Curiosamente, il picco sembra essere molto vicino al ben conosciuto picco di abbondanza dei quasar (nuclei estremamente energetici di galassie) dell’universo giovane.

I risultati HDF vanno anche a confermare il lavoro teorico svolto da Michael Fall (STScI) e Yichuan Pei (Johns Hopkins University) i quali avevano già stimato la storia della formazione stellare dell’universo basandosi sull’evoluzione del gas e del contenuto di metalli nelle galassie, deducendola dalle misure delle righe di assorbimento dei quasar.

L’HST ha lavorato per ben dieci giorni, nel dicembre del 1995, nell’osservare un piccolo quadrato di cielo nei pressi dell’Orsa Maggiore. Queste osservazioni hanno prodotto le più profonde immagini del cielo, rivelando galassie lontanissime e debolissime, mai viste prima. L’HDF è stato e resterà oggetto di intensi studi da parte degli astronomi di tutto il mondo.

Questo lavoro di ricerca è stato svolto da Piero Madau, Henry Ferguson, Mark Dickinson, Andrew Fruchter (Space Telescope Science Institute), Mauro Giavalisco (Carnegie Observatories) e Charles Steidel (Palomar Observatory, California Institute of Technology).