La WFPC2 ci fornisce le prime immagini dettagliate di Urano con i suoi satelliti e con il suo sistema di anelli. E’ la prima volta, dopo il fly-by della navicella Voyager 2 avvenuto nel 1986, che possiamo compiere osservazioni così nitide del lontano pianeta. Nel corso della missione Voyager furono scoperti dieci nuovi satelliti e ne furono determinate le orbite. Da allora, con i telescopi terrestri non è stato più possibile osservare nessuno di questi satelliti e nemmeno i dettagli degli anelli.
I satelliti di Urano
Ciascun satellite interno appare come una successione di tre punti: si tratta infatti di una composizione di tre immagini prese a distanza di circa sei minuti una dall’altra, e in questo modo il moto dei satelliti diviene evidente. Essi si ruotano a velocità molto elevata rispetto alla nostra Luna e quindi la loro posizione cambia e diventa evidente anche in pochi minuti. Queste immagini multiple sono utili anche per distinguere i satelliti dalle stelle e da effetti di disturbo quali i raggi cosmici e il rumore elettronico. La misura dettagliata della posizione e del moto dei satelliti interni di Urano consentirà un calcolo preciso delle loro orbite. Questo, a sua volta, permetterà di approfondire lo studio di questo complicato sistema caratterizzato da una insolita risonanza (rapporto tra periodi orbitali). Dalle precedenti osservazioni del 1986 a oggi le lune di Urano hanno compiuto circa 10.000 rivoluzioni e quindi misurando le loro attuali posizioni è possibile determinarne gli effetti "accumulati" di piccoli errori di moto ed eseguire correzioni precise dei parametri orbitali calcolati dal Voyager. L’Hubble può aiutare l’analisi della composizione mineralogica delle lune di Urano osservandone la luminosità in quattro diverse lunghezze d’onda. La composizione è utile per capire l’origine dei satelliti e in che modo il sistema di Urano si è evoluto a partire dalla sua formazione avvenuta 4,5 miliardi di anni fa. Il telescopio spaziale ci rivela sia una "cappa" luminosta di foschia d’alta quota che ricopre il polo sud del pianeta, sia delle nubi presenti alle latitudini meridionali. |
Credit: Kenneth Seidelmann, U.S. Naval Observatory e NASA.