Nella storia più remota delle Alpi si possono riconoscere le tracce di due cicli orogenetici prima dell’ultimo, responsabile della struttura attuale della catena:
– circa 500 milioni di anni fa, all’inizio dell’Era Primaria, si ebbe l’Orogenesi Caledoniana, che interessò certamente anche le Alpi Carniche e quelle Veneto-Tridentine;
– verso la fine dell’Era Primaria, circa 250 milioni di anni fa, ci fu l’Orogenesi Ercinica, con cospicui corrugamenti accompagnati da fenomeni eruttivi; sono resti di questa catena paleoalpina i massicci del Gran Paradiso, del Bianco, del Rosa e del San Gottardo.
Le spinte che hanno determinato la formazione delle Alpi hanno agito prevalentemente da sud, cosicché la massa dei sedimenti presenti nella geosinclinale Tetide è stata sollecitata a flettersi dalla parte opposta. Spinte talmente potenti che non soltanto le pieghe si sono rovesciate tutte verso nord, ma si sono accavallate scorrendo le une sulle altre in modo tale da dar luogo a pile di enorme altezza ed estensione (ricoprimenti).
L’elemento fondamentale della tettonica delle Alpi è dato dalla cosiddetta linea insubrica, che è una lunga linea di faglia (frattura) che si sviluppa da ovest ad est: ha inizio nel Canavese, passa da Bellinzona, corre lungo la Valtellina, prosegue verso il passo del Tonale e la Val di Sole e arriva fino in Val Pusteria (figura 2).
Figura 2 – La linea insubrica.
Questa dislocazione segna la separazione fra la fascia meridionale delle Alpi, rivolta verso la penisola, e i complessi tettonici più esterni, rivolti verso l’Europa centrale. In Lombardia separa il settore Sudalpino dal settore Nordalpino: le Alpi Orobiche dalle Alpi Retiche.
A nord di essa pertanto troviamo i terreni del dominio Pennidico, essenzialmente nel settore
occidentale; i terreni del dominio Austroalpino, soprattutto ad
oriente;
A sud il dominio Sudalpino. Questo sistema di
faglie rappresenta la cicatrice terminale nata dallo scontro tra la
placca africana e quella europea.
Figura 6 – Una parte della linea insubrica a nord dell’Adamello, nel Trentino. |
Figura 7 – Shema strutturale delle Alpi. |
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Figura 8 – La sezione delle Alpi.
La tabella
indica le catene momtuose sorte durante l’orogenesi alpina. È verso
l’inizio del Cenozoico che si sollevano tutte le attuali catene
montuose.
In Europa |
In Africa |
In Asia |
In America |
In Oceania |
Le Sierre della Spagna Meridionale |
La catena dell’Atlante |
Le catene del Caucaso e dell’Anatolia |
Le montagne Rocciose |
La Nuova Zelanda |
I Pirenei |
Le catene dell’Iran |
La Cordigliera delle Ande |
La Nuova Guinea |
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Le Alpi |
Le catene dell’Afghanistan |
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Gli Appennini |
Il Karakorum |
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I Tauri |
L’Himalaya |
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I Carpazi |
L’Insulindia |
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Le Dinaridi |
Le Filippine |
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Il Giappone |
L’attuale struttura geologica di tutte le Alpi deriva, quindi, essenzialmente dall’orogenesi alpina, detta anche alpino-himalaiana o alpidica. Si tratta di un complesso di deformazioni e di accavallamenti degli strati rocciosi, che è iniziato nel Cretaceo (circa 100 milioni di anni fa) e si è concluso nel Miocene (circa 15 milioni di anni fa) anche se alcuni contraccolpi, di non secondaria importanza, sono tuttora in atto.
In una prima fase il senso di movimento dell’Eurasia era verso ovest, quello dell’Africa verso est (figura 3). Queste placche furono progressivamente separate da fasce di mare che assunsero, via via in modo sempre più netto, le caratteristiche di veri fondi oceanici; ad occidente il proto-Atlantico e in progressione: l’oceano Ligure-Piemontese, l’oceano Dinarico e quello di Vardar. Gli ultimi tre erano verosimilmente collegati tra loro a settentrione da un ramo orientato in senso est-ovest.
La storia di tutte le Alpi si sviluppò attorno all’oceano Ligure-Piemontese ed alla sua coda nord-orientale.
Questo scontro colossale fra due cratoni, cioé fra due grossi blocchi di crosta terrestre, ha provocato la compressione del materiale roccioso che costituiva il fondale del piccolo bacino oceanico «Ligure-piemontese» ampio, probabilmente, più di mille chilometri e lungo cinque volte tanto, situato fra la paleoeuropa e una propaggine dell’Africa occidentale, ora scomparsa, detta «Promontorio africano» o «Insubria».
Le rocce che formavano il pavimento abissale dell’antico oceano Ligure-Piemontese erano costituite da crosta sialica ricoperta da sedimenti provenienti dalle terre emerse. La maggior parte dei sedimenti che finirono nell’oceano andò però dapprima ad accumularsi all’interno di una profonda fossa, detta con termine tecnico geosinclinale, formatasi per l’azione di forze orogenetiche di distensione determinate, a loro volta, da correnti di convezione subcrostali rivolte in direzioni opposte, simili a quelle che si formano nell’acqua di una pentola posta sul fuoco. Per effetto di queste forze di trazione il fondo della geosinclinale fu successivamente interessato da una serie di faglie trasformi (fratture trasversali a scorrimento orizzontale) che provocarono l’emersione di materiale simatico del mantello e lo sprofondamento della geosinclinale stessa.
Tutte le rocce del fondo oceanico, in seguito alla spinta prodotta dal movimento del continente africano contro quello europeo, si sono compresse e ripiegate su sé stesse e quindi sono state sospinte sul bordo meridionale del continente paleoeuropeo dove le coltri rocciose si sono accavallate in modo caotico fino a formare quella che oggi è la più imponente catena montuosa d’Europa.
Fig. 4 – Tabella delle ultime tre ere geologiche. |
I movimenti tettonici ebbero un successivo forte impulso verso la fine dell’Eocene, tra 45 e 35 milioni di anni fa (fase mesoalpina), con ampia ripresa della traslazione delle falde verso nord e loro ricoprimento del flysch cretacico-eocenico. L’attività tettonica compressiva ebbe una pausa nel periodo Oligocene. La catena, soggetta comunque ad una spinta generalizzata verso l’alto, fu ulteriormente erosa e i detriti furono sparsi fuori della stessa, in prevalenza sul versante europeo, formando la cosiddetta Molassa.
In questa fase di rilassamento poterono intrudersi alcuni grossi plutoni, come l’Adamello ed il Val Masino-Bregaglia, nonché sciami di filoni (fig. 5). Le azioni compressive ripresero ad agire vigorosamente. |
1= Traversella; 2= Biella; 3= Bregaglia; 4= Adamello e Presanella; 5= Vedrette di Ries; 6= Pohorje.
La storia successiva delle Alpi è rappresentata dalla sua ulteriore frammentazione, dal suo sollevamento alla velocità media di circa un millimetro l’anno, e dalla sua erosione. Ad esempio, nel tardo Miocene – Pliocene, il livello del Mediterraneo si abbassò determinando il prosciugamento del bacino a causa dell’interruzione del collegamento con l’Atlantico.
Questa situazione provocò l’aumento repentino dei dislivelli topografici dei corsi d’acqua nelle vallate già esistenti; i fiumi alpini, a causa della variazione del livello di base hanno innescato un’intensa attività erosiva degli alvei con conseguente formazione di forre e valli a V, molto profonde, incise nel substrato: sotto il Lago di Como, ad esempio, si trova un canyon profondo più di 1000 metri, ora parzialmente riempito di sedimenti.
Si alternano anche trasgressioni (avanzamento del mare verso l’interno) e regressioni (ritiro del mare) del Mediterraneo, fenomeni che contribuirono ultreriormente a configurare il territorio prealpino.
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