I terremoti sono il segno più evidente della dinamicità della terra, e questa sismicità è l’espressione dei movimenti delle zolle crostali. La terra è inquieta, e la causa di questa inquietudine è da ricercarsi negli strati più profondi.
Da tempo i sismologi sapevano che i terremoti si verificano in corrispondenza di alcune fasce allungate dove intensa è anche l’attività vulcanica (come ad esempio la cintura di fuoco che circonda l’Oceano Pacifico, la dorsale medio-atlantica, l’area mediterranea). Ma soltanto in tempi molto recenti si è potuta mettere a punto una carta molto accurata della distribuzione dei terremoti. Le zone ad elevata sismicità sia per il numero che per l’intensità dei terremoti, si identificano con caratteristiche aree strutturali della crosta terrestre come le dorsali oceaniche, le profonde fosse oceaniche, le catene montuose di recente formazione, le zone ad elevata attività vulcanica. Questa correlazione globale fra topografia, morfologia, geologia, sismicità e vulcanismo sta alla base di una rivoluzionaria teoria che prese corpo negli anni sessanta (rivoluzionaria almeno per quel periodo in cui fece la sua comparsa, ma attualmente accettata da tutti) conosciuta come teoria della “tettonica a zolle” o “tettonica globale”. L’idea centrale di questa teoria è che la parte più esterna della terra, cioè la litosfera (crosta terrestre), è rigida e, a causa di fenomeni che avvengono negli strati più profondi (che non è il caso di stare qui ad esaminare), si divide in un certo numero di “zolle” o “placche” in continuo movimento relativo fra di loro che scivolano su uno strato più plastico chiamato “astenosfera”.
Figura 1- Le zolle, o placche, mosse da forze interne alla Terra e dalla sua rotazione.
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Termine indicante la massa continentale che fa da ostacolo alla spinta orogenetica, proveniente da un’altra massa, detta retroterra. Fra l’una e l’altra vengono serrati gli strati che si incurvano in pieghe. In alternativa si adopera pure il termine “avanterra”.
Se possiamo fare un paragone alquanto improprio, l’avampaese è come un costone roccioso contro il quale vanno ad infrangersi le onde del mare. Nelle grandi catene montuose l’avampaese è rappresentato dal continente.
Figura 2- Didegno che illustra l’avampaese con l’avanfossa; a sinistra (“dietro” la freccia rossa), la zona chiamata cratone mentre sul fondo oceanico iniziano i corrugamenti destinati ad emergere ed a formare la catena.
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La nascita, l’evoluzione e la conclusione di una orogenesi si articola in corrispondenza di una geosinclinale, che nel suo schema classico si suddivide in una zona rigida cratonica, posta su il bordo esterno, che si affaccia su una fossa, detta avanfossa, caratterizzata da una forte subsidenza, mentre lungo l’altro bordo della geosinclinale si ha una zona rigida detta avampaese.
In corrispondenza dell’avanfossa, per effetto della compressione esercitata dalla zona cratonica e dall’avanpaese, legate alla Tettonica a Placche, si avrà il corrugamento dei sedimenti accumulativisi, cioè la formazione della catena orogenica. Qui a destra la figura 4 mostra la formazione di una geosinclinale che si sviluppa in seguito a movimenti tettonici per concludersi quasi sempre con una orogenesi. |
Limitiamoci Puglia: se si eccettua il Gargano,
La piattaforma apula in questo sistema costituisce l’avampaese che, in un sistema orogenetico è la regione più stabile: l’avampaese, infatti, è la regione che si estende ai margini di una catena montuosa e verso la quale avanzano le “falde di ricoprimento”; in altre parole la catena, sotto la spinta di forze orizzontali, si sposta verso l’avampaese (figura 3) che rimane come un baluardo costituito da formazioni rocciose autoctone (si dice di rocce formatesi nello stesso luogo dove affiorano, l’opposto sono le formazioni rocce alloctone); in questo avanzare verso l’avampaese, il materiale roccioso che costituisce la catena montuosa in via vi formazione, si piega, si frattura, le rocce si accavallano, per cui rocce più antiche si vengono a trovare al di sopra delle rocce più recenti (appunto le falde di ricoprimento).
Ebbene, la piattaforma apula, sulla quale è situata la Puglia, obbedisce a questo paradigma ed a ciò è dovuta la sua stabilità.
Ma per quanto stabile possa essere, la piattaforma apula non è un continente e non è un cratone sia per le sue modeste dimensioni sia per la sua vicinanza alle zone epicentrali dell’Appennino e della costa dalmata. Inoltre nell’area del Mediterraneo, cioè nella zona di collisione fra Europa e Africa, i margini di queste due grandi zolle non sono ben definiti; anzi, qui la crosta terrestre è fratturata e divisa in tante zolle più piccole dette microzolle: la zolla tirrenica, la zolla calabra, la zolla apula, la zolla egea, il blocco sardo-corso, ecc.
Intorno a 60-65 milioni di anni fa, l’Africa e l’Eurasia si ritrovano nuovamente di fronte. È possibile che il primo frammento dell’Africa ad entrare in collisione con l’Europa sia stata proprio la microzolla chiamata apula (ma anche apulia, adria, austro-alpina, placca adriatica) che corrisponderebbe all’attuale penisola italiana e sulla quale giace anche la regione Puglia.
Da questo scontro sono nati i primi rilievi delle Alpi.
Figura 6- Carta strutturale della Puglia che evidenzia le numerose faglie causate da movimenti tettonici.
La struttura tettonica più interessante della Puglia è la Fossa Bradanica (figura 7) allineata NO-SE e che, partendo dalla zona del F.Fortore (a Nord di Foggia), si estende fino al Golfo di Taranto, delimitata ad occidente dal Fronte della Catena Appenninica (Serie alloctona) e ad oriente dal blocco rigido del Gargano-Murge, (Serie della Piattaforma).
Figura 7- Pianta e profilo della Fossa Bradanica, la struttura tettonica più interessante della Puglia.