Non
sappiamo ancora con assoluta certezza se esistono i buchi neri. Per quelli
“normali”, cioè di taglia stellare, sembrano esserci forti indizi
di esistenza. Alcuni sistemi stellari, come Cygnus X-1 ad esempio, hanno
caratteristiche tali da suggerire che in essi vi siano buchi neri prodotti
inevitabilmente dal collasso di stelle massicce mediante il processo di
supernova. La loro presenza è rivelata quando questi fanno parte di sistemi
stellari doppi, infatti in tal caso entrano in gioco interazioni con la
stella compagna. Essa perde materiale che va, per attrazione gravitazionale, ad
alimentare un disco di accrescimento attorno al buco nero. Tale materiale
raggiunge una temperatura di alcuni milioni di gradi irraggiando nella
banda X e rivelando così la presenza del buco nero.
Recentemente
un uguale, se non superiore, grado di evidenza dell’esistenza di buchi
neri, è stato trovato anche per i cosiddetti Buchi Neri Super Massivi
(Super Massive Black Holes SMBH) che sono dei
mostri di dimensioni ben superiori a quelli di origine stellare, avendo
delle masse comprese approssimativamente tra 106-1010
masse solari.
Un buco nero essenzialmente è una singolarità dello spazio-tempo che si
taglia fuori dal resto dell’universo e che è schermata da un orizzonte
degli eventi definito dal raggio di Schwarzschild
dove
G = 6.6725985 x 10-11m3 kg-1 s-2
è la costante di gravitazione universale e c = 2.99792458
x 108m s-1 la velocità della luce.
Un corpo di massa uguale a quella del Sole (Msole =
1.9889225 x 1030 kg) ha un RS di circa 3
chilometri, mentre un SMBH con massa 108 volte superiore ha
RS 3 x 108 km (circa 2 volte
la distanza della terra dal Sole). Buchi neri di 1010 masse
solari arrivano ad avere le dimensioni di un sistema solare. Questi buchi
neri massivi sono probabilmente presenti nel nucleo di una buona percentuale
di galassie. Anche nella nostra dovrebbe esserci un buco nero massivo
“dormiente”, che da una attività in banda radio, in corrispondenza
della radiosorgente Sagitarius A. La rotazione delle galassie richiede
che attorno al buco nero ruotante (nel modello più semplice si chiama
buco nero di Kerr) si formi un disco di accrescimento, sempre che il rifornimento
di materiale sia disponibile. In tal caso l’accrescimento innesca una
potente produzione di energia, e la galassia si dice attiva. Si parla allora di Nuclei Galattici Attivi
(Active Galactic Nuclei AGN). Con questa denominazione
vengono indicati astri che fino a qualche anno fa parevano distinti (ad
esempio le radiogalassie, i quasar, le galassie di Seyfert, gli oggetti
BL Lacertae). Tutti sono AGN perché per tutti l’unico meccanismo efficiente
(il cosiddetto motore centrale), in grado di spiegare l’emissione
dell’impressionante flusso di energia e radiazione osservati in volumi
di spazio alquanto compatti, è l’accrescimento gravitazionale attorno
ad un buco nero supermassivo.
Il materiale
in accrescimento, a causa della dissipazione viscosa e delle frizioni
tra i diversi strati, si riscalda ed irradia, scivolando verso il SMBH
centrale per compensare le perdite di energia con un acquisto di energia
gravitazionale.
Assumendo
che il gas si trovi nello stato di minima energia permesso, cioè nel fondo
della buca di potenziale formata dal corpo centrale collassato, le orbite
del materiale possono ritenersi circolari ed il risultato è la formazione
di un disco di accrescimento che ha come bordo interno l’ultima orbita
stabile. Per un SMBH di 108 masse solari il raggio interno
del disco è 5-10 RS , mentre quello esterno 100-500
RS , che può arrivare anche a 104 RS
corrispondente a 0.1 pc (1 parsec
3.08567758074 x 1016m). Il trascinamento viscoso fa andare
le particelle più lentamente di quanto dovrebbero usando la legge di Keplero,
ed il momento angolare perso viene trasferito nella parte più esterna
del disco ove può accoppiarsi con il campo magnetico, producendo una torsione
che va a formare getti collimati di gas e plasma.
Considerando circolari le orbite degli elementi di massa, uguagliando
le forze, gravitazionale radiale e centrifuga, che agiscono su un elemento
di materiale dentro il disco di accrescimento si ha che l’accelerazione
è
dove r
è la distanza radiale dall’oggetto centrale collassato di massa M.
Prendendo un elemento unitario di materiale del disco di accrescimento
vicino al bordo interno (diciamo r = 5 RS), per
un buco nero di M = 108 masse solari, dalla formula
precedente si ottiene una accelerazione di circa 6 mila m/s2
(circa 620g) ed una velocità tangenziale di circa 95 milioni m/s (più
di 3 mila volte la velocità orbitale della Terra attorno al Sole, che
è circa 29790 m/s). Questi sono solo valori indicativi effettuati con
il semplice calcolo in base alle semplici formule date sopra. I dati reali
possono essere inferiori anche di un ordine di grandezza.
Le prove
dell’esistenza dei buchi neri supermassivi, non si trovano solo quando
si osserva la quantità di energia sviluppata nei nuclei galattici attivi,
ma anche quando si studiano le galassie cosiddette “normali”.
si è accennato al fatto che anche la nostra galassia, potrebbe contenere
all’interno del suo nucleo un SMBH quiescente, che in passato sarebbe
essere stato attivo come quello di un quasar. Infatti il centro della
Via Lattea è circondato da getti, filamenti e da anelli di gas e polveri,
ed è presente una emissione radio non ancora ben spiegata, quindi è possibile
che in passato grandi esplosioni, scatenate da un buco nero massivo in
accrescimento di materia, abbiano contribuito alla formazione delle strutture
oggi osservate.
Buchi neri
supermassivi quiescenti sembrano essere presenti in molte galassie osservate.
La nascita stessa di una galassia nell’universo giovane, potrebbe essere
strettamente legata alla formazione di un buco nero nel suo nucleo. Le
dimensioni del buco nero dormiente dovrebbero essere in rapporto con quelle
del rigonfiamento centrale (il bulge) della galassia ospite. La
maggior parte delle galassie dominate dal bulge continua a mostrare
una attività radio nel nucleo. Inoltre analizzando la dispersione delle
velocità delle stelle e le velocità orbitali all’interno di galassie vicine
con osservazioni cinematiche, si vede che queste grandezze presentano
un marcato incremento in corrispondenza del centro della galassia. Ciò
suggerisce fortemente la presenza di un oggetto invisibile di grande massa
(Massive Dark Object MDO) che attrae le stelle del nucleo.
Un’altra
convincente prova dell’esistenza di dischi di accrescimento attorno
ad oggetti oscuri massivi nel centro delle galassie, viene dall’emissione
naturale maser (emissione amplificata e stimolata di microonde) a 1.35
cm di lunghezza d’onda da parte del vapore acqueo presente nel gas interstellare.
Data la straordinaria risoluzione angolare (200 microsecondi d’arco) e
l’elevata risoluzione spettrale ottenibile dagli interferometri radio
moderni, la dinamica di questi dischi può essere investigata con eccezionale
chiarezza.
In passato,
nella storia dell’universo, il numero di quasar era molto maggiore rispetto
all’epoca presente. Il diverso numero di essi in differenti età dell’universo
ci dice che immediatamente dopo il Big Bang non c’erano galassie e, anche
nell’ipotesi che i buchi neri massivi già esistessero, non c’era nessun
meccanismo in grado di rifornirli di materia, e di dare quindi origine
alla violenta emissione di energia ed al fenomeno quasar. Nelle epoche
successive le galassie hanno cominciato ad assemblarsi e a collidere tra
loro, dato le ancore relativamente piccole dimensioni dell’universo, producendo
l’alto numero di quasar osservati a circa 10 miliardi di anni luce (data
la costanza della velocità della luce, nell’universo guardare lontano
implica anche guardare indietro nel tempo). La formazione di quasar è
quindi probabilmente innescata da collisioni galattiche nell’universo
giovane, le quali hanno dato materiale per l’accrescimento dei buchi neri
al loro centro. In seguito l’espansione dell’universo ha portato molte
delle galassie lontane le une dalle altre, riducendo il numero di collisioni
e quindi il numero di quasar. Dati recenti ricavati da osservazioni del
Telescopio Spaziale Hubble, hanno rivelato ad esempio che ben 11
galassie tra le 27 più vicine a noi, dovrebbero avere un oggetto oscuro
massivo al loro centro. Queste quindi potrebbero aver alimentato dei quasar
miliardi di anni fa.
Letture
consigliate:
Concludo dando brevemente sei referenze, le prime due un po’ più tecniche
le altre più divulgative, per chi voglia approfondire ed entrare meno
superficialmente dentro le argomentazioni introdotte qui in modo molto
sintetico e qualitativo.
Richstone
D., Ajhar E. A., Bender R., Bower G., Dressier A., Faber S. M., et al.;
Supermassive Black Holes and the Evolution of Galaxies.
1998, Nature Supplement Reviews, vol. 395, p. A14
Kembhavi
A. K., & Narlikar J. V.;
Quasars and Active Galactic Nuclei – An Introduction.
1999, Cambridge University Press
Robson I.;
Active Galactic Nuclei.
1996, New York: John Wiley & Sons
Disney M.;
A New Look at Quasars.
June 1998, Scientific American, p. 37
(a cura di
Renzo Sancisi);
Le galassie.
Dicembre 1998, Le Scienze Quaderni n.105
(a cura di
Bianca e Francesco Melchiorri);
Quasar e buchi neri.
Aprile 1993, Le Scienze Quaderni n.71