Comete periodiche: i parametri orbitali, a causa delle perturbazioni dovute ai pianeti del Sistema Solare e alle perdite di materia dal nucleo della cometa, non possono rimanere costanti da un passaggio al perielio all’altro, giusto? Allora anche nel passato come è stato possibile stabilire l’identità di una cometa (quella di Halley per esempio)?


È vero che una cometa periodica non mantiene costanti gli elementi
orbitali tra un passaggio e il successivo ma, salvo casi straordinari
di incontri ravvicinati con un pianeta, o di passaggio radente al Sole,
l’orbita cambia solo leggermente tra un passaggio e l’altro. La
strategia di riconoscimento delle comete periodiche, perciò, oggi come
nel passato, si basa sul cercare se nei secoli precedenti si siano
osservate comete con elementi orbitali molto simili. In caso
affermativo, si verifica se il periodo orbitale stimato è compatibile
con un numero intero di passaggi al perielio.
In aggiunta, nei tempi moderni, essendo a disposizione strumenti di
calcolo molto più potenti, è possibile verificare l’effetto delle
perturbazioni planetarie, e ridurre perciò il margine di incertezza,
controllando se l’effetto della gravità dei pianeti può aver mutato
l’orbita cometaria della quantità misurata.
Se tutte queste verifiche danno esito positivo, la periodicità della cometa si ritiene verificata.

Naturalmente,
quando i passaggi precedenti si sono svolti in epoche remote, il
problema si complica un po’: in epoca pre-telescopica e pre-scientifica
la posizione dell’astro in cielo non veniva misurata dagli
astronomi-astrologi con elevata precisione, in quanto non lo si
riteneva un aspetto importante del fenomeno, e comunque molto meno
importante della sua interpretazione in chiave di presagio. È chiaro
che per le comete più antiche gli elementi orbitali si possono dedurre
solo con precisione molto grossolana dai resoconti dei testimoni
dell’epoca che ci sono giunti. Per queste ultime comete la messa in
relazione con astri chiomati osservati secoli dopo può essere solo in
chiave ipotetica, con diversi gradi di probabilità a seconda della
quantità e qualità di informazioni che ci sono giunte nei manoscritti.

Per
quanto riguarda la cometa di Halley, Edmund Halley non aveva a
disposizione strumenti di calcolo sofisticati, e non possedeva neppure
le nozioni per stabilire gli elementi orbitali di una cometa a partire
dalle osservazioni telescopiche (questi algoritmi verranno messi a
punto da Gauss oltre un secolo dopo). Egli, teoria della gravitazione
di Newton alla mano, che stabilisce che tutti i corpi del sistema
solare orbitano attorno al Sole con periodi che dipendono solo dalla
distanza da esso, semplicemente ipotizzò che le comete osservate nel
1531, 1607, e 1682 fossero in realtà la stessa osservata a tre perieli
successivi. I fatti gli diedero ragione.