L’energia di un’onda elettromagnetica è proporzionale al modulo quadrato del campo elettrico in fisica classica e alla frequenza in meccanica quantistica, ma quando è lecito applicare l’una o l’altra?

La differenza tra i due modi di calcolare l’energia di un’onda elettromagnetica non risiede nell’ambito della teoria fisica (classica o quantistica) da cui derivano, ma risiede nell’oggetto cui si riferiscono.
In Meccanica quantistica l’energia è proporzionale solo alla frequenza quando ci si riferisce al singolo quanto di campo elettromagnetico, il fotone. Quando si considera un numero di fotoni diverso da uno l’energia cresce anche, ovviamente, con il numero di fotoni presenti nel sistema in esame.
Per confrontare correttamente le due formule bisogna porsi nelle condizioni in cui le due teorie fisiche in questione sono paragonabili, che si verificano in presenza di un altissimo numero di fotoni (cioè grande quantità di energia, grande rispetto all’energia del singolo fotone), in tal caso le fluttuazioni quantistiche dovute al principio di indeterminazione diventano trascurabili, e la descrizione quantistica del sistema è confrontabile con quella classica.
In tali condizioni si verifica che la formula quantistica per l’energia di un gas di fotoni, che coinvolge frequenza e numero di fotoni, è esattamente equivalente alla formula classica per un’onda elettromagnetica, che coinvolge i moduli quadri dei campi.

Questo è il discorso in linea di principio. Chiaramente in condizioni reali la scelta su quale descrizione utilizzare si basa anche sulla semplicità matematica della teoria. In generale tutte le teorie classiche sono matematicamente più semplici di quelle quantistiche, per cui si tende ad utilizzare la teoria classica ogni qual volta è possibile. In pratica si utilizza la teoria classica ogni qual volta non è apprezzabile un comportamento corpuscolare dell’onda. Fondamentalmente a fare da spartiacque è il rumore termico, cioè l’interazione con l’ambiente esterno, che inserisce in tutti i sistemi fisici un certo grado di casualità, anche in quelle condizioni in cui la teoria classica è corretta, per cui ci si aspetterebbe un comportamento strettamente deterministico.
In condizioni reali è necessario confrontare il rumore termico, che cresce con la temperatura, con il rumore quantistico, dovuto al principio di indeterminazione, che compare e cresce man mano che i fenomeni quantistici diventano più importanti, e quindi, nel nostro caso, cresce con la frequenza dell’onda. Quando l’energia delle fluttuazioni termiche KB*T (KB costante di Boltzmann e T temperatura assoluta) è abbastanza grande da rendere trascurabile l’energia del singolo fotone h*f (h costante di Planck e f frequenza dell’onda elettromagnetica), allora è corretto utilizzare la descrizione classica del campo EM. Viceversa è necessario ricorrere alla descrizione quantistica, anche perché la formula usata per stimare l’energia delle fluttuazioni termiche ambientali è un’approssimazione valida finché gli effetti quantistici non sono importanti. A temperature ordinarie 300GHz è il valore di frequenza al di sotto del quale la descrizione classica rende in maniera sicuramente corretta tutti i comportamenti del campo EM, mentre per frequenze superiori è necessario tenere conto della “granularità” del campo elettromagnetico.

Si ringrazia Gianfranco Verbana per le considerazioni con cui è stata redatta la seconda parte della risposta.