La domanda si riferisce alla teoria della generazione spontanea. Nella sua forma originaria essa afferma che, in alcuni casi, la materia vivente può derivare da sostanze inerti, quali il fango, e da sostanze organiche non vitali, in particolare quelle in decomposizione.
Questa ipotesi ha le sue radici molto lontano nel tempo, infatti una delle sue prime formulazioni scientifiche si deve ad Aristotele.
Gli esperimenti volti a provarne la validità sono stati numerosi almeno fino al XVII secolo, quando le prove sperimentali di Pasteur e Tyndall misero definitivamente a tacere i sostenitori dell’abiogenesi, altro termine con il quale si fa riferimento a questa teoria.
Fino al XVI secolo la teoria della generazione spontanea era stata sostenuta esclusivamente da osservazioni casuali poi riportate oralmente, cioè leggende.
Solo nel XVII secolo si iniziò a sperimentare in maniera scientifica per accreditarne la validità.
Il medico fiammingo Jean Baptiste Van Helmont mise alcuni semi di frumento in una camicia sporca; ventun giorni più tardi vi trovò all’interno dei topi, che egli affermò essersi generati spontaneamente.
Nel 1668 Francesco Redi confutò tale teoria , almeno per quanto riguardava gli insetti. Egli pose tranci di carne di vitello e di pesce in recipienti, alcuni dei quali chiusi ermeticamente e altri aperti. Dopo un certo tempo comparvero larve solo nei contenitori aperti, ai quali gli adulti degli insetti avevano libero accesso.
Proprio in quell’epoca tuttavia Anton Van Leeuwenhoek osservò per la prima volta i microrganismi, grazie all’utilizzo del microscopio, di recente invenzione. La teoria della generazione spontanea si spostò quindi al mondo degli organismi unicellulari.
Nel 1745 John Needham scaldò vari liquidi (brodo, estratti di erbe e similari) nella cenere calda e li chiuse con garza. Dopo alcuni giorni notò che nelle provette si erano sviluppati numerosi microrganismi.
A dimostrare l’erroneità di questi esperimenti pensarono dapprima Lazzaro Spallanzani (1765), il quale fece bollire i liquidi per molto tempo (sterilizzandoli) e quindi Louis Pasteur.
A questo punto la teoria della generazione spontanea sembrò definitivamente confutata.
Al giorno d’oggi tuttavia, l’abiogenesi non è stata del tutto abbandonata, si è solo spostata sul piano chimico, andando alla ricerca dell’origine prima della vita.
Il primo grande esperimento condotto in questo senso fu quello di Stanley Miller nel 1953. Egli sottopose a scariche elettriche (simulanti fulmini) una miscela di varie sostanze che dovevano, secondo le teorie di Oparin-Haldane, essere presenti negli oceani e nell’atmosfera della Terra primordiale (ammoniaca, idrogeno e metano). Dopo una settimana Miller trovò che in questo “brodo primordiale” si erano formati piccoli quantitativi di due amminoacidi: glicina e alanina.
Da: http://users.rcn.com/jkimball.ma.ultranet/BiologyPages/A/AbioticSynthesis.html
La scoperta fece grande scalpore ma sollevò una risma di opposizioni, soprattutto riguardo alla miscela del ”brodo” che non sembrava una fedele riproduzione delle condizioni primordiali. Inoltre la presenza di amminoacidi non era direttamente correlabile alla nascita della vita, dal momento che le proteine eventualmente formatesi non avrebbero posseduto una capacità fondamentale: la possibilità di replicarsi.
In seguito gli esperimenti furono numerosi e più complessi e i risultati talvolta di difficile interpretazione.
Nel marzo 2002 la NASA annunciò la creazione di amminoacidi in un ambiente che riproduce le stesse condizioni dello spazio profondo.
In conclusione la teoria dell’abiogenesi, sebbene considerata sotto un punto di vista diverso rispetto ai secoli precedenti, è ancora completamente in discussione.