Buongiorno! Vorrei sapere a che livello possiamo parlare di verità scientifiche rispetto a tutte le discipline facenti parte della classe delle scienze umane. Il mio dubbio è teorico e legato alla considerazione di come alcune “decadute” discipline (come la frenologia o la fisiognomica) non siano al giorno d’oggi considerate attendibili da un punto di vista strettamente scientifico, mentre discipline che non sembrano metodologicamente molto lontane dalle suddette (come la grafologia o la stessa psicologia), sono generalmente riconoscite come attendibili e ben fondate. Potrei riassumere il mio quesito in questo modo: perchè la frenologia o la fisiognomica non sono considerate scientifiche, mentre la psicologia e la grafologia lo sono? In fondo sono tutte discipline che si basano sull’interpretazione e penso personalmente che l’interpretazione sia tutt’altro che scientifica di per se stessa, qualunque sia il campo in cui essa venga applicata.

Una delle più antiche definizioni di scienza si ritrova in Platone. Egli distingue tra scienza (epistème) e opinione (doxa). La prima è conoscenza delle idee universali, è necessariamente vera e come tale immutabile (epistème deriva da epìstamai, che significa “star fermo”). La seconda invece ha per oggetto realtà particolari, mutevoli e soggettive, e come tale può essere vera o falsa. Anche quando è vera, tuttavia, l’opinione continua ad essere diversa dalla scienza. Platone sviluppa poi queste sue idee arrivando alla conclusione che soltanto la filosofia, o meglio la dialettica, rappresenta l’unica vera scienza, ovvero una forma di conoscenza autentica, non fondata su principi solamente ipotetici.

La conclusione cui giunge Platone non appare più molto attuale, tuttavia la sua distinzione tra epistème e doxa può essere utile per comprendere il vero carattere distintivo della scienza.

Diciamo subito che ciò che differenzia la scienza dalle altre attività culturali umane è proprio il superamento dell’opinione. In altre parole la scienza è alla ricerca di affermazioni che non siano credenze individuali, ma possano essere condivise da chiunque, dotato di ragione ed intellettualmente onesto. Questo requisito che deve essere soddisfatto dalle affermazioni scientifiche può essere definito “intersoggettività”.

Il primo criterio di intersoggettività che l’umanità ha scoperto è stato il ragionamento logico matematico. Gli antichi Greci diedero straordinari contributi alla matematica inventando il concetto di dimostrazione. Se si assumono per veri certi presupposti e si attua un procedimento deduttivo corretto, nessuno può non essere d’accordo con le conclusioni raggiunte. È questa l’essenza del cosiddetto “metodo assiomatico”, mirabilmente codificato in campo logico da Aristotele e rigorosamente applicato in campo matematico da Euclide nei suoi celebri Elementi.

Il secondo criterio di intersoggettività fu trovato dall’umanità molto più tardi. Si tratta dell’osservazione sperimentale dei fenomeni. Com’è noto esso venne introdotto nel Seicento da Galileo che inventò, in tal modo, una nuova forma di conoscenza non filosofica della realtà. Di fronte ad una evidenza empiricamente rilevabile nessuno può non essere d’accordo con i fatti osservati. Tale constatazione è così palese da apparire quasi banale. Tuttavia è sufficiente ripercorrere la biografia di Galileo per rendersi conto delle difficoltà che questo secondo criterio di intersoggettività ha dovuto affrontare prima di riuscire ad imporsi.

L’accordo intersoggettivo non garantisce in modo assoluto la verità di una affermazione (può benissimo accadere che tutti quanti ci stiamo sbagliando). Tuttavia esso è un buon indizio che l’affermazione in questione abbia un elevata probabilità di essere vera.

L’accordo intersoggettivo, poggiato su ragionamento logico-matematico e osservazione sperimentale, non deve essere confuso con un semplice criterio di maggioranza, secondo il quale è vero ciò che e condiviso dai più. Esso, infatti, non ha bisogno di nessun principio d’autorità per essere imposto e scaturisce spontaneamente in chiunque, dotato di ragione, voglia onestamente ricercare la verità. Né l’autorità personale o numerica dei suoi sostenitori, né quella derivante dalla tradizione possono, infatti, decidere a favore della verità o falsità di una affermazione. Nella scienza accade spesso che affermazioni ritenute vere da molto tempo e sostenute da illustri scienziati cadano impietosamente di fronte a nuove evidenze sperimentali o nuove considerazioni logico-matematiche.

Contrariamente a quanto sosteneva Platone (e a dispetto del significato etimologico di epistème) le affermazioni della scienza non sono affatto eterne e immutabili. Esse sono ritenute vere fino a quando non vengono dimostrate false. Anzi, secondo una concezione epistemologica che gode di ampi consensi, una affermazione è scientifica solamente se, in linea di principio, è possibile falsificarla. Se una affermazione non può essere falsificata significa che essa sfugge ad ogni controllo empirico, pertanto nulla dice circa la realtà e come tale non rientra nel dominio della scienza (com’è noto tale concezione è alla base dell’epistemologia falsificazionista di Karl R. Popper).

La provvisorietà delle affermazioni scientifiche, se da un lato può deludere chi aspirerebbe ad una conoscenza immutabile ed eterna, rappresenta uno dei loro punti di forza. La scienza è, infatti, in continua evoluzione e la sua costante disponibilità a rivedere se stessa rappresenta una garanzia di onestà, apertura mentale e senso critico.

Esiste un altro motivo inconfutabile a favore dell’attendibilità delle affermazioni scientifiche. Può apparire banale, ma occorre osservare che: la scienza funziona.

Le conoscenze che la scienza produce consentono all’uomo di dominare la realtà non solo dal punto di vista teorico ma anche da quello pragmatico. In altre parole la scienza non ha soltanto un potere esplicativo ma possiede anche capacità predittive che consentono all’uomo di manipolare la realtà prevedendone le conseguenze. Le modificazioni che la scienza ha consentito di apportare al mondo possono suscitare entusiasmi o timori: ma nessuno può negare che la scienza possieda capacità che altre forme culturali neppure si sognano.

Qualcuno ha assimilato l’evoluzione culturale dell’uomo alla sua evoluzione biologica: acquisire conoscenza è una forma di adattamento all’ambiente ai fini di migliorare le proprie capacità di sopravvivenza. Ebbene, è fuori da ogni dubbio che la scienza ha fornito all’uomo strumenti che hanno sicuramente favorito le sue capacità di sopravvivenza. Che poi questi stessi strumenti possano essere utilizzati per scopi contrari alla sopravvivenza è tutt’altro discorso, indipendente da una discussione sulla natura della conoscenza scientifica.

L’intersoggettività e l’efficacia pragmatica caratterizzano dunque la vera scienza, distinguendola nettamente dalle pseudoscienze. Purtroppo, come tutte le attività umane, anche la scienza non è immune da errori. La storia della scienza lo dimostra. Tuttavia la sua stessa apertura, il suo senso autocritico e la continua disponibilità a modificarsi consente alla scienza di autocorreggersi continuamente. Questo non accade nelle pseudoscienze che rimangono invece uguali a se stesse prive di alcuna evoluzione.

Le scienze “decadute” citate dal lettore, come la frenologia e la fisionomica, sono state eliminate dalla “selezione naturale” che avviene all’interno della ricerca scientifica semplicemente perché non soddisfacevano i requisiti di intersoggettività e di efficacia pragmatica citati precedentemente. Mi spiace contraddire il lettore, ma anche la grafologia appartiene a questo genere di discipline. Nonostante ciò che affermano i suoi sostenitori, la grafologia non ha mai superato quei criteri di controllo necessari per considerare realmente scientifica una disciplina (si veda a tale proposito la voce “Grafologia” del Dizionario dello Scettico” alla URL: italiano.skepdic.com/grafologia.html.

Per la psicologia il discorso è diverso. La ricerca psicologica ha oramai adottato da tempo criteri di indagine sperimentali che lasciano poco spazio all’interpretazione soggettiva e per questo può essere considerata rigorosamente scientifica. Ciò non toglie che alcune branche della psicologia e alcuni psicologi adottino ancora metodi che di scientifico hanno ben poco. È il caso ad esempio della psicanalisi di cui mi ero già occupato in una precedente risposta e alla quale rimando il lettore:

www.vialattea.net/esperti/php/risposta.php?numero=8757