Facciamo alcune ipotesi semplificative, ma non troppo:
La calamita e il materiale magnetico ad essa appeso combaciano su una superficie piana di misura definita che chiameremo S.
Il circuito magnetico è “ben chiuso” siamo cioè nel classico caso della calamita a ferro di cavallo che resta attaccata a un pezzo di ferro di sufficiente spessore (sufficiente a non abbattere il flusso magnetico ai poli) per ambo i poli. Ovviamente, per questa ipotesi l’area S di cui sopra sarà la somma delle aree dei poli. Se le imprecisioni di lavorazione creano traferri molto piccoli rispetto alla dimensione minore della superficie S va bene lo stesso.
In queste condizioni possiamo supporre che staccando il ferro dalla calamita di una distanza “infinitesima” il campo magnetico B non subisca variazioni.
Nello spazio creatosi, proprio perché infinitesimo, possiamo supporre il campo magnetico uniforme e trascurabili gli effetti di bordo.
Siccome B non subisce variazioni durante lo spostamento l’incremento di energia nella calamita e nel ferro sarà nullo. Sarà invece infinitesimo, ma diverso da zero, il contributo del traferro.
Ora l’energia per unità di volume di un campo magnetico nel vuoto è:
Ev = 1/2 B*H = 1/2 B2/μ0
Il volume creato, detto ds lo spostamento sara’ dV = S*ds
L’energia infinitesima che abbiamo dovuto fornire per “tirare” il pezzo di ferro di ds
dE = dV * Ev = 1/2 * S * B2/μ0 * ds
la forza F = dE/ds = 1/2 *S * B2/μ0
se F e’ la forza peso di una massa m: mg = 1/2 *S * B2/μ0 e risolvendo:
B = √(2mg * μ0 / S)