Nel primo caso (campo gravitazionale) ogni particella del corpo (umano nell’esempio) viaggia spontaneamente con la stessa accelerazione delle altre sue vicine. Avendo la stessa velocità iniziale, il suo moto sarà pressochè identico a quello delle particelle vicine. Quindi nessuna forza è necessaria tra le particelle per trasmettere l’accelerazione in quanto ciascuna di esse segue “spontaneamente” la traiettoria.
Nel secondo caso (razzo) le particelle del corpo tenderebbero (nello spazio vuoto) a muoversi con moto rettilineo uniforme. Il razzo però spinge con forza p. es. i piedi dell’uomo, la pelle dei piedi spinge a sua volta le ossa del tarso generando una sensibile pressione, queste a loro volta la tibia che eserciterà la sua pressione sempre sensibile sul femore, poi sul bacino, poi ogni vertebra la eserciterà via via scemando su quella superiore fino alla testa.
In altre parole nessuno dei vari pezzi citati percorrerebbe spontaneamente la traiettoria imposta dal razzo. Solo gli sforzi di compressione dei vari pezzi dello scheletro (sostenuti ovviamente dai muscoli) fanno arrivare dappertutto una risultante di forze necessaria a trasmettere l’accelerazione imposta dal razzo.
Per semplificare l’esempio, per amore di chiarezza, supponiamo di ridurre le particelle a due palline di acciaio.
Lanciandole nel campo gravitazionale, le due traiettore “naturali” saranno rigorosamente “di conserva” senza che tra loro debba scambiarsi alcuna forza.
Se invece le acceleriamo “a mano” entrambe spingendone una contro l’altra, esse dovranno scambiarsi la forza necessaria per imprimere alla seconda la accelerazione imposta.