La produzione di energia che avviene all’interno del Sole si manifesta, dopo varie fasi interne, in un irraggiamento esterno che, soprattutto a causa del continuo moto espansivo della corona solare, dà origine ad un vero e proprio soffio di materia chiamato “vento solare” (VS). L’elevata temperatura della corona assicura che i componenti del VS, principalmente protoni, elettroni e particelle alfa, siano ionizzati, mentre la bassa densità (intorno a 107 particelle per metro cubo) impedisce la ricombinazione di ioni ed elettroni anche a grandi distanze, mantenendo il VS in una condizione di elevata conduttività elettrica.
Ricordiamo in proposito che, mediamente, il flusso di materia è pari a 109 kg/s, valore comunque del tutto trascurabile nell’evoluzione del Sole. All’altezza della Terra, il VS possiede ancora una velocità di circa 400 km/s ed una temperatura intorno a 105 °K.
Il VS soffia in direzione radiale dalla corona verso l’esterno ed il campo magnetico interplanetario, saldamente ancorato al Sole, viene “stirato” assumendo poi una morfologia a spirale a causa della rotazione solare.
Nei periodi di attività solare, ad esempio durante i brillamenti, molto plasma (gas caldo ionizzato) viene espulso dal Sole sotto forma di particelle relativistiche (con energia superiore a 1 GeV) e non. Il plasma meno energetico è preceduto da un’onda d’urto che deforma i campi magnetici planetari al suo passaggio.
In pratica, i fotoni di minor lunghezza d’onda possiedono energia sufficiente a ionizzare gli atomi che compongono le atmosfere esterne dei pianeti, creando le ionosfere che influiscono sulla propagazione delle onde radio, in quanto formano una specie di schermo riflettente che consente le radiocomunicazioni anche su lunghe distanze.
Particelle cariche del VS possono essere catturate dai campi magnetici planetari dando origine alle cosiddette fasce di radiazione (sulla Terra chiamate Fasce di Van Allen) che circondano i pianeti medesimi. L’estensione dei campi magnetici planetari è limitata, proprio dalla pressione esercitata dal VS, ad una regione chiamata magnetosfera. In occasione delle tempeste solari, le onde d’urto e le nubi di plasma interagiscono con la magnetosfera dando origine a tempeste magnetiche, disturbi nelle radiocomunicazioni ed aurore polari.
Storicamente, la prima prova diretta dell’esistenza del VS (espressione coniata da E.N. Parker verso la fine degli anni ’50 del secolo scorso) venne fornita da rivelatori di particelle cariche trasportati dalle prime sonde spaziali dirette verso la Luna e Venere; oggi è nota la sua presenza fin oltre l’orbita di Giove. Al di là di Plutone, con ogni probabilità, il VS si annulla nel mezzo interstellare.
Il VS è un fenomeno ancora più vistoso nelle stelle supergiganti. In quelle rosse come la famosissima Betelgeuse (alfa Orionis) viene osservata, specie nell’infrarosso, la presenza di enormi quantità di pulviscolo la cui origine è di chiara emissione dalla stella come dimostrato dalle righe spettrali spostate per effetto Doppler. Più potente è il VS emanato dalla supergiganti blu, dove si osservano velocità di 1500-3000 km/s, in grado di spazzare via tutta la materia circostante e consentire la formazione di enormi bolle con raggi fino a 100 anni luce. Le perdite di massa associate a tali VS sono dell’ordine di 10-6 masse solari annue.