Le curve di distribuzione dell’energia emessa da un corpo nero (o assimilabile ad esso, come una stella) in funzione della frequenza sono ovunque descritte come funzioni della temperatura assoluta del corpo stesso. Cioè, data una temperatura, è univocamente determinata la curva di emissione alle varie frequenze. Tuttavia, è proprio vero che, misurata la emissione in corrispondenza di due sole frequenze di emissione ben precise (ad es., blu e giallo-verde), la curva complessiva di emissione (e la temperatura relativa) risultano univocamente determinate?

In effetti, l’emissione delle superfici stellari approssima abbastanza bene distribuzioni di corpo nero di varia temperatura. Proprio in questo senso si può parlare di “temperatura” della radiazione e delle superfici stellari, intendendosi appunto la temperatura caratteristica del corpo nero che meglio riproduce la distribuzione di energia dell’oggetto stellare. Il rapporto dei flussi stellari in due diverse bande, che in ambito astronomico è dato dagli “indici di colore” (ad esempio, U-B, oppure B-V, indici di colore appartenenti al sistema di Morgan e Johnson, storicamente il più utilizzato in astronomia) misura ovviamente il contributo relativo di energia nelle due bande. Dalle caratteristiche del corpo nero si può facilmente inferire come all’aumentare della temperatura diminuiscano i valori dei due indici di colore.

Pertanto, fintantoché approssimiamo la distribuzione energetica dei flussi stellari con una curva di corpo nero, sappiamo che la misura di emissione in due bande ben definite, delle quali dunque è ben conosciuta la curva di trasmittanza, conduce (a parte le indeterminazioni e gli errori connessi col processo di misura) ad un’unica temperatura di corpo nero, e dunque ad un’unica distribuzione di flusso energetico.

Nella pratica astronomica, tuttavia, per tener conto degli scarti della distribuzione effettiva di energia di una stella “reale” dalla distribuzione di corpo nero equivalente (dovuti alla presenza di righe di assorbimento a diverse frequenze, a motivo di interazioni dei fotoni uscenti con gli strati più esterni delle strutture stellari), si preferisce laddove possibile utilizzare una teoria delle atmosfere stellari e delle loro proprietà radiative, teoria che appunto è chiamata ad esplicitare la esatta ed univoca relazione tra colori osservati e temperature “effettive” (ovvero, temperature “tipiche” delle atmosfere stellari) delle stelle.

In rete vi sono diversi testi che trattano della radiazione di corpo nero, suggerisco qui solo di dare un’occhiata ad una simpatica applet presente nella pagina riportata di seguito, che mostra efficacemente la relazione tra distribuzione di corpo nero e temperatura.

ww2.unime.it/weblab/ita/physlet/blackbody/corponero.htm