esiste una qualche relazione tra i vulcani e la presenza/decadimento del radon?

Il radon è un gas nobile naturalmente radioattivo, incolore ed inodore a temperatura e pressione ambiente. Essendo un gas è facilmente inalabile tramite le vie respiratorie ed è inoltre solubile in acqua che, pertanto, costituisce un veicolo efficace per il trasporto del radon dagli strati più profondi della crosta terrestre alla superficie, quindi anche a grandi distanze dal luogo di formazione. L’80% del radon presente nell’atmosfera proviene dal terreno; il 19% proviene dall'acqua, il rimanente 1% da altre fonti.

Le misurazioni delle concentrazioni in situ dimostrano che la relazione tra attività vulcanica e presenza di radon è molto stretta. In particolare, i litotipi di origine vulcanica, superficali e/o profondi, recenti o meno, sono la maggior fonte di radon, poichè possono includere minerali contenenti elementi chimici dai quali hanno origine per decadimento i tre isotopi del radon che si riscontrano in natura. Questi appartengono a tre serie differenti:

 

  • la prima (serie dell'uranio) ha origine dall’uranio 238 (238U) e arriva fino al piombo 206 (206Pb); l'isotopo del radon prodotto, il più stabile in natura e di maggiore rilevanza ai fini del rischio per la salute dell’uomo, è il 222Rn ed ha un tempo di dimezzamento di 3,8 giorni;

  • la seconda (serie dell'attinio) ha origine dall’uranio 235 (235U) e termina con il piombo 207 (207Pb); l'isotopo del radon prodotto (detto actinon) è il 219Rn ed ha un tempo di dimezzamento di 3,96 secondi;

  • la terza (serie del torio) ha origine dal torio 232 (232Th) e termina con il piombo 208 (208Pb); l'isotopo del radon prodotto (detto thoron) è il 220Rn ed ha un tempo di dimezzamento di 55,6 secondi.

 

Il radon è, dal punto di vista chimico, inerte (alcuni esperimenti indicano tuttavia che il fluoro può reagire col radon e formare il difluoruro di radon). Non altrettanto si può dire dei suoi figli (polonio 218, polonio 214, piombo 214 e bismuto 214), che sono molto più reattivi. A livello polmonare si fissano ai tessuti e continuano ad emettere particelle in grado di danneggiare le cellule dell’apparato polmonare in modo irreversibile.

La diffusione del radon dal suolo e dall'acqua nell’atmosfera porta in genere ad una sua rapida diluizione. Tuttavia l'isotopo 222Rn, a causa del suo elevato peso specifico, tende ad accumularsi in luoghi chiusi e poco areati: i locali degli edifici collocati nei seminterrati o al pianterreno possono essere interessati, in determinate aree geografiche, dal fenomeno di concentrazione del radon. Lo stesso effetto può verificarsi in ambienti naturali chiusi, come ad esempio le cavità carsiche. Queste ultime sono luoghi ideali, soprattutto se c'è una risalita di gas (radon outdoor) da formazioni profonde (tramite faglie, ad esempio) oppure, più di frequente, se sono presenti in superficie depositi vulcanoclastici recenti e superficiali soggetti a dilavamento (come in Appennino Centrale e Meridionale). Sono state riscontrate concentrazioni di radon piuttosto elevate, ad esempio, nei complessi carsici di Carsoli, presso L'Aquila.

Una delle cause principali per cui l'aria ricca di radon si sposta dal suolo verso l’interno degli edifici o di cavità naturali è la depressione che si crea tra ambiente chiuso e suolo in conseguenza della differenza di temperatura: quanto più pronunciata è questa differenza, tanto maggiore sarà la depressione all’interno del locale chiuso (è il cosiddetto "effetto camino"). La concentrazione di radon può subire sensibili variazioni giornaliere e stagionali. In genere i valori di concentrazione più elevati si rilevano nelle prime ore del mattino, quando la differenza di temperatura tra ambiente interno ed esterno è maggiore.

Relativamente agli edifici, la concentrazione indoor di radon può risultare particolarmente elevata nei casi in cui sono stati utilizzati determinati materiali da costruzione (ad esempio lave, tufi e pozzolane). In queste situazioni, concentrazioni medio-alte di radon possono essere rilevate in tutti gli ambienti del fabbricato e non necessariamente ai soli piani bassi.

I materiali da costruzione fonti di radon più utilizzati nel nostro paese sono la lava del Vesuvio, la pozzolana, il peperino del Lazio, il tufo della Campania e materiali riciclati (cementi, ceramiche prodotte con e scorie di alto forno, mattoni impastati con fanghi rossi e scarti della produzione dell’alluminio, ecc.).

Come già anticipato, le aree geografiche più a rischio per l'emissione di radon sono quelle che presentano depositi di origine vulcanica. In generale le maggiori quantità di uranio e torio sono contenute nei tufi (che, in aggiunta, hanno elevata porosità, fattore che falicita la liberazione del gas) e nelle lave, ma possono essere presenti anche nei graniti e nei porfidi, in alcune rocce metamorfiche (soprattutto ardesie e gneiss) ed in rocce sedimentarie terrigeno-silicoclastiche contenenti frammenti litici derivanti da rocce vulcaniche e/o metamorfiche. Per tale ragione, considerata l'attività vulcanica recente e l'estensione dei complessi vulcanici, l'area tirrenica che va dal Monte Amiata, al Lazio (zona del viterbese e di Roma, con picchi molto elevati presso la solforata di Pomezia) fino alla Campania (con concentrazioni elevate ad Ischia) sono in Italia le Regioni maggiormente esposte al rischi derivanti dall'esposizione al radon, materia oggetto di studi specifici piuttosto recenti che saranno sicuramente approfonditi nei prossimi anni con l'ausilio di nuovi dati e tecnologie, soprattutto per stabilire la reale pericolosità del fenomeno di esposizione al radon per la salute umana.