salve, vorrei sapere qualcosa sull’orogenesi del Kenya e del Kilimangiaro. Grazie mille

Cara Nicole,

per comprendere l’orogenesi del Kenya è necessario innanzitutto capire come funziona un margine di distensione. In tale tipo di margine due placche tettoniche si allontanano fra loro, permettendo così la creazione di una depressione denominata “fossa tettonica” o rift valley.

La fossa tettonica è una porzione di crosta terrestre ribassata rispetto alla regione circostante, e limitata da faglie dirette che scendono molto in profondità, fino alla base della crosta stessa, seguendo lo schema riportato in figura 1.

 

Figura 1: schema di margine di distensione. Le faglie, scendendo in profondità, curvano in direzione orizzontale, fino a quando il calore non altera le proprietà meccaniche delle rocce a tal punto da impedire la loro ulteriore espansione.

 

Come si può vedere dall’immagine il mantello spinge da sotto la crosta che si innalza, creando dei rilievi montuosi. La crosta inoltre si stira lateralmente, assottigliando in modo notevole la sua porzione centrale e generando in questo modo la depressione che è conosciuta col nome di “rift valley”. L’innalzamento della crosta è dovuto sia alla spinta del mantello che risale, sia al suo calore che, scaldando la crosta, la rende meno densa favorendone la risalita. Infatti una crosta meno densa è più leggera, e di conseguenza oppone una minore resistenza alle spinte sottostanti.

Spiegate le ragioni che comportano la topografia sopra descritta, ti invito ad osservare la carta topografica del Kenya che ho riportato in figura 2: a ovest del paese è ben visibile la fossa tettonica del rift continentale africano, denominato “Rift orientale” per distinguerlo dal “rift occidentale” presente a ovest del lago Vittoria, che in figura è visibile all’estrema sinistra. La vallata, dai contorni piuttosto netti, è contornata da due catene montuose che ne rappresentano i margini. Se si presta attenzione la topografia segue lo schema indicato in figura 1, dove le faglie creano una scarpata piuttosto ripida ai margini del rift (figura 3), e declivi dolci sul versante opposto.

 

Figura 2: mappa topografica del Kenya. Con le linee tratteggiate sono evidenziate le rift valleys presenti nella regione (Rift orientale e Graben di Pangan); i cerchi invece indicano i principali rilievi vulcanici. Sull’estrema sinistra è visibile il lago Vittoria.

 

Figura 3: scarpata a margine del rift orientale

 

Tale configurazione topografica è dovuta ai meccanismi sopra spiegati. Infatti, nella regione occidentale dello stato, è in atto la separazione fra il corno d’Africa, nell’area compresa fra Somalia, Etiopia e Kenya orientale, ed il resto del continente africano.

Lo sprofondamento della regione centrale ha consentito la formazione di diversi laghi, come si può notare fra le due aree tratteggiate. I cerchi invece indicano le aree vulcaniche che si sono formate ai margini della rift valley. Infatti lo stiramento della crosta terrestre consente l’apertura di una serie di sistemi di faglie distensive che sono perpendicolari all’andamento dello stiramento della crosta. Tali dislocazioni consentono la risalita di notevoli quantità di magma dalle profondità del mantello che, eruttando in superficie, costruiscono imponenti edifici vulcanici che vanno a costellare i dintorni del rift, come è anche ben visibile nello schema in figura 1.

 

Ed il Kilimanjaro è uno dei vulcani sorti con questo meccanismo.

Questo sistema vulcanico, composto da tre stratovulcani che si sono susseguiti nel corso di un milione e mezzo di anni, nasce mettendosi in posto sul sistema di faglie che collega la fossa tettonica del rift orientale in Kenya, con la fossa tettonica presente in Tanzania, chiamata Graben di Pangan, a sud est di quest’ultima (Figura 4, modificata da Dawson, 1992 [1]).

 

Figura 4: schema tettonico della regione fra Kenya e Tanzania, modificato da Dawson, 1992. Le frecce indicano le direzioni di deriva della placca africana, che creano un'area di distensione tettonica evidenziata dalle frecce arancioni.

 

Si può notare che, nell’area di distensione, sono sorti numerosi vulcani i cui prodotti hanno riempito la regione.

L’area di distensione tettonica che collega il rift orientale al graben di Pangan, ed in cui sorge il Kilimanjaro, è orientata in direzione nordovest – sudest. Anche le faglie ad essa correlata avranno lo stesso orientamento, e la disposizione dei tre vulcani componenti il Kilimanjaro (Kibo, Mawenzi e Shira, indicati in figura 4 con un cerchio rosso) è influenzata da questa configurazione tettonica.

Per comprendere meglio l’evoluzione del kilimanjaro è utile proporre la mappa in figura 5, dove i centri eruttivi del complesso vulcanico sono evidenziati in arancione.

 

Figura 5: geologia del Kilimanjaro. Fonte: Wikipedia [2]

 

Come è possibile notare, la costellazione dei centri eruttivi segue un andamento nordovest – sudest corrispondente all’andamento delle faglie nella regione. Shira e Mawenzi, i due complessi vulcanici più antichi, che hanno circa un milione e mezzo di anni, sono indicati in rosso e blu. Prima che l’erosione facesse il suo corso, questi due vulcani erano alti circa 5000 metri. Nel corso di centinaia di migliaia di anni i crateri principali di questi due vulcani sono stati smantellati dall’erosione, e attualmente sono visibili solo il magma cristallizzato che riempiva i condotti vulcanici di alimentazione e chiamati, in termini geologici, “neck”.

La figura 6 illustra bene la formazione di un neck:

Figura 6: schema di formazione di un neck: in alto è visibile l'antico vulcano con annesso cratere; l'erosione, nel corso di milioni di anni, smantella la struttura che contorna il condotto di alimentazione portando a nudo il magma in esso presente che nel frattempo è cristallizzato. Risultando più duro da erodere, il magma cristallizzato crea il nuovo rilievo.

 

Come si può vedere il vulcano circostante viene smantellato dall’erosione; dato che il magma cristallizzato al suo interno è più duro, esso persiste di più, creando un rilievo aspro ed acuminato dove un tempo si trovava l’antico condotto, come è possibile notare in figura 7, dove è riportata un’immagine del neck del Mawenzi ricoperto dalla neve.

 

Figura 7: neck di magma cristallizzato del Mawenzi. Un tempo esso era circondato dalla struttura del vulcano ora smantellata.

 

L’unico vulcano del complesso del Kilimanjaro attualmente attivo è il Kibo, visibile in figura 8 insieme al neck del Mawenzi che compare a sinistra nella foto in figura 8.

 

Figura 8: Kilimanjaro e Mawenzi si stagliano sulla savana africana.

 

Interposto fra i vulcani smantellati di Shira e Mawenzi, ha dato luogo all’ultima eruzione circa cento mila anni fa. Attualmente è la cima più alta dell’Africa, con i suoi 5895 metri sul livello del mare. Il vulcano è talmente alto che sulla sua vetta persistono ghiacci e nevi perenni che hanno ispirato anche un racconto dello scrittore Ernest Hemingway, le nevi del Kilimanjaro. Purtroppo il manto glaciale è in fase di scioglimento per via dei cambiamenti climatici globali. Attualmente il vulcano è ritenuto dai geologi ancora attivo per via delle fumarole e l’odore di zolfo presenti sul cratere.

 

Bibliografia:

[1] Dawson, 1992 – Neogene tectonics and volcanicity in the North Tanzania sector of the Gregory rift valley: contrasts with the Kenya sector. Tectonophysics, 204 (1992) 81-92

[2] Carta geologica del Kilimanjiaro: http://commons.wikimedia.org/wiki/File:Mount_Kilimanjaro_Geology_map-fr.jpg