Salve. Se Newton, per formalizzare la sua teoria, elaborò il calcolo infinitesimale, dovette fare qualcosa del genere pure Maxwell, benché i concetti fondamentali fossero già esistenti, introducendo rotori, divergenze e altro, anche per dotare di un aspetto “elegante” la teoria elettromagnetica. Grazie.

Quanto ricordato nella domanda a proposito di Newton è corretto: dopo aver formulato la legge di gravitazione universale e la legge fondamentale della dinamica Newton "si accorse" di aver bisogno di una nuova matematica per poter determinare la traiettoria dei pianeti. Infatti le equazioni ricavate per il loro moto mettevano in relazione tra loro la posizione e l’accelerazione di un oggetto, cioè una grandezza fisica e la variazione della variazione nel tempo di tale grandezza. Equazioni del genere non erano mai apparse prima, né in problemi di matematica pura né nell’analisi di fenomeni naturali. Dovette quindi sviluppare egli stesso la matematica necessaria a risolvere tali equazioni, quella che poi prese il nome di Analisi Matematica. In realtà nella formulazione di Newton dell’Analisi (come del resto anche in quella di Leibnitz e dei matematici che contribuirono successivamente alla sistemazione dei suoi fondamenti e concetti principali) si ritrovano idee  e concetti risalenti a molti secoli prima. Per citare i più famosi, il metodo di esaustione, usato spessissimo nella geometria classica dai matematici greci, può essere considerato l’antenato del concetto di limite (che però non fu una formulazione di Newton e Leibnitz), mentre gli indivisibili di Cavalieri (con cui il matematico italiano formulò il suo principio indispensabile per calcolare, nella geometria pre analisi, l’area e il volume di molte figure) anticiparono di secoli i concetti di infinitesimo (su cui Newton e Leibnitz fondarono la loro analisi e su cui successivamente è stata fondata l’Analisi Non-Standard) e di integrale.

Invece quanto riportato a proposito della teoria dell’elettromagnetismo di Maxwell non è corretto. Tutto l’apparato matematico che sta alla base delle sue famosissime equazioni è in realtà mutuato dalla Meccanica dei Fluidi e dalla Meccanica dei Corpi Elastici che all’epoca di Maxwell erano delle teorie già perfettamente consolidate nei loro fondamenti.

L’idea delle linee di forza che rappresentano il campo di forza in forma vettoriale proviene dalla rappresentazione del campo di velocità di un fluido mediante il disegno delle traiettorie di alcune particelle scelte come rappresentative dell’intero fluido.

Il concetto di superficie equipotenziale è figlio sia del concetto delle superfici a fase costante, cioè le superfici dei fronti d’onda che rappresentano l’avanzamento di un’onda all’intero di un mezzo elastico, sia delle superfici opportunamente scelte intorno ad una sorgente o un pozzo di fluido per calcolare la portata.

Anche la divergenza è legata ai pozzi e alle sorgenti. Infatti questo strumento analitico fornisce in maniera immediata, una volta noto il campo di velocità di un fluido, la risposta su dove si trovino le sorgenti (punti a divergenza positiva), i pozzi (divergenza negativa), e i punti in cui un fluido procede senza variazioni di portata (divergenza nulla).

Il rotore è invece lo strumento analitico il cui valore è legato alla rotazione di un corpo, in particolare alla vorticosità dello scorrere di un fluido.

Quindi Maxwell non ebbe bisogno di sviluppare nessun nuovo formalismo matematico per la formulazione delle sue equazioni. Il suo contributo, importante ed essenziale, è stato quello di sviluppare i ragionamenti che hanno portato dalle equazioni integrali dell’elettromagnetismo a quelle differenziali e, ancora più importante, l’aver capito come generalizzare il Teorema di Ampere (o meglio, l’equazione differenziale ad esso equivalente) in condizioni non stazionarie nonché l’aver dedotto dalle sue equazioni di campo le equazioni d’onda per le equazioni elettromagnetiche mostrando l’esistenza di onde bivettoriali che si propagavano senza bisogno di un mezzo materiale (anche se di questa caratteristica la comunità scientifica si convinse solo dopo il lavoro di Einstein sulla Relatività Ristretta). È doveroso notare che la forma definitiva ed elegante che conosciamo oggi delle equazioni di Maxwell non è dovuta a Maxwell stesso ma a Heaviside che introdusse l’operatore nabla il quale permette di esprimere la divergenza e il rotore come dei formali prodotti tra vettori.

Si ringrazia l’esperto Gianfranco Verbana per le informazioni storiche sul contributo di Heaviside e sulla novità rappresentata dalle equazioni delle onde elettromagnetiche.