Che differenza c’è tra radice aritmetica, radice algebrica e radice complessa?

Per capire come rispondere a questa domanda
bisogna prima di tutto capire da dove nasce il problema dell’estrazione
di radice e, quindi, qual è l’uso al quale sono destinati i
radicali.

      Da un primo punto
di vista, i radicali nascono da un problema di “inversione”
dell’operazione di elevamento a potenza. Infatti, così come la
sottrazione è l’operazione inversa dell’addizione e la
divisione è l’operazione inversa della moltiplicazione, si vuole
cercare un’operazione che, noti il risultato e l’esponente di un
elevamento, ci restituisca la base (si noti che in effetti questa
è la soluzione a soltanto metà del problema di
inversione dell’elevamento a potenza, perché serve anche
un’operazione che, noti il risultato e la base, ci restituisca
l’esponente: tale operazione è detta logaritmo). Da
questo punto di vista, la “radice quarta di 81” è la base che
occorre dare all’esponente 4 per ottenere 81.

      Un altro modo in
cui ci si imbatte nei radicali è il problema della soluzione di
un’equazione polinomiale: si ricordi che, in effetti, le soluzioni di
una tale equazione sono propriamente dette radici dell’equazione
stessa. Così, da questo punto di vista, la radice quarta di 81
potrebbe essere definita come una qualsiasi soluzione dell’equazione
x4 – 81 = 0.

      Apparentemente non
c’è differenza tra i due punti di vista. In effetti è vero
sia che (-3)4 = 81 (cioè che -3 è una
possibile base da assegnare all’esponente 4 per ottenere 81) sia che il
numero -3 è soluzione dell’equazione
x4 – 81 = 0. Il problema sta
però nel fatto che, secondo il primo punto di vista, si vuole
ottenere un’operazione inversa all’elevamento a potenza: le
operazioni, per essere tali, devono avere un solo
risultato, unico e ben preciso. Per questo si decide che la
scrittura abbia
significato solo nell’insieme dei numeri reali (o un suo sottoinsieme, ma
insomma non nell’insieme dei numeri complessi) e che ad essa si debba
associare un solo numero x. Secondo l’uso comune, vanno
a questo punto distinti due casi: se b è un numero intero
e dispari, x è l’unico numero reale tale che
xb = a; se invece b è
un qualsiasi altro numero reale (in particolare, se è un numero
intero e pari), x è l’unico numero reale positivo
(se esiste) tale che xb = a.
Secondo questa definizione, allora, e da qui nasce la famosa identità .

      Va detto a questo
punto che altri autori danno un’interpretazione più rigida e
affermano che la radice possa essere definita soltanto nel caso in cui
il risultato dell’elevamento a potenza è positivo: insomma, mentre
secondo la definizione del liceo si ha  = -3, secondo questi ultimi la scrittura è priva di
significato. Questa posizione può sembrare inutilmente formale a
prima vista, ma è indispensabile quando si vuole applicare alle
radici le proprietà delle potenze e identificarle a loro volta con
un elevamento a potenza: insomma, la richiesta di definire le radici solo
con argomento positivo è indispensabile se si vuole poter dire che
perché . Se così non si
facesse, infatti, si otterrebbe la paradossale situazione in cui non si
saprebbe che significato dare a un’espressione come . Da un lato, infatti, e si sarebbe quindi
tentati di concludere che . Dall’altro, però
1 / 3 = 2 / 6; a seconda dell’ordine nel quale si
effettuano l’elevamento a potenza e l’estrazione di radice, allora, si
conclude che oppure
che non ha
significato.

      Nei numeri
complessi il discorso cambia completamente, perchè l’elevamento
a potenza presenta fenomeni molto diversi da quelli che accadono nei
numeri reali. Nei numeri complessi non è possibile definire una
relazione di ordine che rispetti le operazioni e, quindi, si perde il
concetto di numero positivo; giusto per dirne una, poi, la funzione
esponenziale ez è periodica! In
questo insieme non è perciò possibile definire la radice
come operazione: si conviene quindi di non usare più la
scrittura e di
parlare per ogni numero naturale n delle radici
n-esime di un numero complesso z
come l’insieme di tutti i numeri complessi che elevati alla
n-esima potenza danno il numero z. Si può anche
dimostrare che le radici n-esime distinte di qualsiasi numero
diverso da zero sono sempre n, ma probabilmente la questione si
fa un po’ troppo tecnica per questa risposta; accontentiamoci in questa
sede di dire che nei numeri complessi l’insieme delle radici quadrate
di 4 è effettivamente {-2, 2} e che, per esempio, l’insieme
delle radici quarte di 81 è {3, 3i, -3, -3i}.

      La domanda fa
anche riferimento alla distinzione tra “radicali algebrici” e
“radicali aritmetici”. In effetti, alcuni autori chiamano radicali
aritmetici
quelli che derivano dal problema di inversione
dell’elevamento a potenza (cioè, il radicale aritmetico è
quello che dà alla scrittura uno e un solo risultato) e radicali
algebrici
quelli che derivano dal problema di risoluzione delle
equazioni polinomiali (quindi il radicale algebrico rappresenta l’intero insieme di
tutti i numeri x tali che
xb = a). Va detto che si sta in
effetti cercando di fare scomparire questa distinzione, se non altro
perché il fatto di associare due significati diversi a uno stesso
simbolo è inutilmente fuorviante.