salve. volevo avere informazione dettagliate sulla nebulosa della Carena

La “Nebulosa della Carena”, oggi nota anche come NGC 3372, “Keyhole Nebula”, “Eta Carinae Nebula”, è sicuramente uno degli oggetti più imponenti del cielo australe e fa parte del cosiddetto “Carina Molecular Cloud Complex”, un’enorme regione di formazione stellare delle dimensioni di 440 anni luce e contenente almeno 5 x 105  masse solari, posta ad una distanza compresa tra 7.000 e 10.000 anni luce dal Sole.

La “nostra” nebulosa, estesa per non meno di 260 anni luce (120’ apparenti) e posta alle coordinate AR= 10h 45m 08s.5 D= -59° 52’ 04” (2000.0) nella costellazione australe Carina, è tra le più ricche regioni HII dell’intera Galassia.

La sua scoperta risale al 1751 ad opera dell’Abate ed astronomo francese Nicolas-Louis de Lacaille. Questo appassionato cultore di Astronomia si era recato in Sud Africa, nei pressi del Capo di Buona Speranza, per un soggiorno di due anni nel corso dei quali, con l’aiuto di un piccolo rifrattore da ½ pollice, compilò il “Coelum Australe Stelliferum”, un catalogo di 10.000 stelle australi con l’inclusione di 42 oggetti nebulosi accorpati in tre parti, ciascuna contenente 14 oggetti: Lac I (nebulose), Lac II (ammassi stellari nebulosi) e Lac III (stelle nebulose). La “futura” Nebulosa della Carena ebbe qui la denominazione “Lac III.6”.

Successivamente, l’oggetto venne “riscoperto” da James Dunlop che, tra il 1823 ed il 1827, compilò un catalogo di 629 oggetti australi, tra nebulose ed ammassi stellari, e la nostra nebulosa ricevette la denominazione “Dunlop 309”.

Anche il grande John Herschel osservò l’oggetto in uno dei suoi tanti viaggi nell’emisfero australe: nei suoi primi cataloghi redatti tra il 1833 ed il 1847, la nebulosa portava la sigla “h 3295” mentre, nella versione definitiva del suo “General Catalogue” pubblicato nel 1864, ebbe la denominazione “GC 2197”.

Infine, con la compilazione del “New General Catalogue” di J.L.E. Dreyer (avviato nel 1880 e completato nel 1887/88), alla nebulosa venne assegnata la sigla “NGC 3372” tuttora usata.

All’interno della regione nebulare c’è un vero e proprio zoo di oggetti celesti, variamente dislocati tra porzioni brillanti ed oscure della nube.

L’intensa formazione stellare è attestata dalla presenza di un buon numero (almeno 31) di giovani stelle giganti blu di tipo spettrale “O”, quali HD 93129A, HD 93160, CPD -59 2603 ed HDE 303308, nonchè da almeno 3 stelle massicce ed evolute (ma ancora giovani), appartenenti alla rara famiglia delle Wolf-Rayet (HD 92740, HD 93162 ed HD 93131).

Le intense radiazioni ultraviolette presenti nei venti emessi da tali stelle provocano la condensazione di numerose, piccole nubi oscure dislocate nei dintorni (i cosiddetti globuli di Bok, dal nome dell’astronomo tedesco Bart J. Bok che per primo li studiò), in buona parte scoperte da D. Thackeray sessant’anni orsono, ed al cui interno sono spesso annidati i bozzoli da cui stanno per generarsi nuove stelle. Tale interazione è testimoniata dal fatto che i globuli presentano delle code che si estendono in direzioni opposte a quelle delle stelle calde e massicce.

Altra prova dell’esistenza di stelle molto giovani è la presenza di “Oggetti Herbig-Haro”, tra cui HH 666, piccole condensazioni generatesi per urto contro il mezzo interstellare circostante da parte di materiale in eccedenza espulso sotto forma di getti più o meno collimati da protostelle ancora in fase di contrazione gravitazionale.

A riprova di quanto appena riportato c’è anche la scoperta, avvenuta nel 2003, di alcuni “proplidi” (contrazione dall’inglese protoplanetary disks), strutture a disco che circondano giovanissime stelle e che possono essere i precursori di veri e propri sistemi planetari.

Nella nebulosa si trova anche una dozzina di ammassi stellari aperti. Otto di questi, ben noti ad astronomi ed astrofili, possiedono età inferiori ai tre milioni di anni e sono: Collinder 228, 232 e 234, Trumpler 14, 15 e 16 e Bochum 10 e 11.

G287.84-0.82 è invece una regione HII molto compatta e contenente un giovanissimo ammasso da cui cominciano ad emergere nell’ottico le sue stelle più brillanti.

Di recente, nel corso della survey infrarossa 2MASS, è stato scoperto il “Treasure Chest” (lo scrigno del tesoro), una piccola nebulosa compatta posta all’apice di una colonna di polvere nella porzione sud del complesso. Tale piccola nebulosa contiene un denso ammasso composto da stelle di età inferiore a 100.000 anni, ancora circondate da dischi di materia.

La “Keyhole Nebula” (Nebulosa del Buco della Serratura), soprannome affibbiatole da John Herschel e che, spesso, viene associata all’intera Nebulosa della Carena, è una piccola nube oscura sovrapposta ad un chiarore diffuso formato da polvere e percorso da filamenti brillanti di gas caldo fluorescente. Le sue reali dimensioni sono di 7 anni luce e si trova prospetticamente molto vicina a quello che è universalmente considerato l’oggetto più importante dell’intero complesso nebulare: la stella Eta Carinae.

La stella venne notata per la prima volta nel 1677 da Edmond Halley (lo scopritore della famosissima cometa) come un astro di magnitudine 4. Nel secolo successivo manifestò variazioni irregolari di luce, fino a raggiungere la magnitudine 2 nel 1730, poi ridiscese alla mag. 4 nel 1782, risalì ancor nel 1801 e ridiscese nel 1811.

Nel 1820 iniziò un’altra eruzione che la riportò alla mag. 2 due anni dopo ed alla mag. 1 nel 1827, dopodiché si indebolì di circa due mag. nell’arco di cinque anni, cui seguirono alcune riprese di attività.

Dopo un ulteriore, leggero declino, riprese a salire in luminosità e, nell’Aprile 1843, raggiunse il suo massimo storico di brillantezza con la mag. -0.8, divenendo la seconda stella più brillante dell’intero cielo dopo Sirius.

In seguito continuò ad indebolirsi fino a rendersi invisibile ad occhio nudo a partire dal 1868. Da allora le variazioni sono state molto meno spettacolari e la stella si è progressivamente indebolita attestandosi tra le magg. 7 ed 8.

Tra il 1998 ed il 1999 vi è stato un ulteriore aumento di luminosità e, per qualche tempo, la stella è diventata ancora visibile ad occhio nudo. Analogo fenomeno si è ripetuto nel 2003.

Ricordiamo per inciso che le prime registrazioni scientifiche sulle variazioni di luminosità di Eta Car sono attribuite all’inglese John Burchell che, nel 1827, si trovava a San Paolo, in Brasile, allorchè la stella Eta Argus (così si chiamava allora quando c’era ancora la costellazione Argo, poi soppressa e ridenominata pur con confini differenti) entrò in uno dei suoi periodi burrascosi. Di tali variazioni Burchell diede immediata notizia a John Herschel.

Eta Car è sicuramente una delle più massicce stelle dell’intera Galassia, con una massa valutata in 130-150 masse solari ed una luminosità 4 milioni di volte superiore a quella della nostra stella.

Se fosse posta al centro del sistema solare la sua estensione raggiungerebbe il pianeta Giove.

Nel 1968, gli astronomi G. Neugebauer e J. Westphal hanno dettagliatamente studiato la stella nell’infrarosso, accertando che essa irradia circa il 99% della sua luminosità nell’infrarosso medesimo dove, alla lunghezza d’onda tra 10 e 20 micrometri, è il più brillante oggetto dell’intero cielo.

L’eruzione del 1843 ha prodotto la formazione di due lobi contrapposti di materiale in allontanamento dalla stella alla velocità iniziale di 500 km/s. Questa struttura nebulare venne scoperta circa  un secolo fa dall’astronomo scozzese –emigrato in Sud Africa- Robert T.A. Innes, famoso per aver scoperto Proxima Centauri, la stella a noi più vicina. Innes era un esperto osservatore di stelle doppie e ritenne che la piccola nube contenesse diverse stelle compagne di Eta Car. In seguito denominata “Homunculus” a causa del suo aspetto che salta all’occhio di primo acchito, è ormai accertato si sia generata  a seguito del fenomeno eruttivo citato. Aggiungiamo che, nel 2003, a seguito di osservazioni effettuate dal telescopio spaziale Hubble, all’interno dell’Homunculus è stato scoperto il “Little Homunculus”, analoga ma più piccola struttura originatasi a seguito dell’eruzione minore del 1890.

Una decina di anni fa l’astronomo brasiliano A. Damineli ha ipotizzato, per giustificare appieno il comportamento della stella, che Eta Car sia in realtà un sistema binario con periodo di 5,5 anni, composto da una primaria più luminosa e fredda (T= 20.000 K) che produce un vento stellare denso e lento (V= 600 km/s) attorno alla quale orbita un compagno più piccolo e caldo (T= 37.000 K) che genera un vento decisamente meno denso ma molto più veloce (V= 3.000 km/s). Il sistema sarebbe caratterizzato da grande eccentricità. L’ipotesi di Damineli sembra corretta in quanto la stragrande maggioranza dei dati fin qui raccolti è coerente con gli assunti di tale teoria.

Di certo è che la grande massa del sistema sta alla base delle cause più importanti della sua instabilità   che a sua volta genera le eruzioni osservate.

Una stella di siffatta natura ha un’aspettativa di vita molto breve –circa 1 milione di anni- e potrebbe essersi formata anche molto di recente.

Da più parti si sostiene che potrebbe terminare la sua esistenza con un’esplosione di supernova entro i prossimi 100.000 anni …. E qualche astronomo fornisce tempi molto più prossimi ….Chissà!

 

 

Immagine a grande campo del complesso contenente la Nebulosa della Carena NGC 3372. Sono indicate anche le ubicazioni di alcuni oggetti descritti nel testo.

 

 

Nella parte superiore dell’immagine è illustrata la stella WR 25, corrispondente ad HD 93162.

 

 

Individuazione dei tre giovani ammassi stellari Trumpler 14, Trumpler 16 e Collinder 232.

 

 

Altro giovane ammasso stellare è Bochum 10, le cui stelle principali sono visibili in alto a destra.

 

 

La "Keyhole Nebula", con il caratteristico aspetto a forma di "buco della serratura". Eta Carinae è la luminosa stella in basso a sinistra.

 

 

La piccola nebulosa "Homunculus" sembra vagamente una specie di bambolotto con le braccia aperte in questa immagine a grande campo (al suo centro si trova Eta Carinae).

 

 

La ripresa del telescopio spaziale Hubble rivela la struttura bipolare dell’Homunculus con sorprendenti dettagli.