Nel caso di sistemi stellari multipli non risolvibili con un binocolo, come nel caso di epsilon lyrae, si può calcolare la magnitudine complessiva delle quattro stelle sapendo la magnitudine di ognuna? Grazie per la disponibilità.

 Prendo la risposta alquanto alla lontana per dare una panoramica un minimo completa sul sistema delle magnitudini. Se il lettore ha fretta, la risposta in breve è la prima formula del presente testo.

 Sin da quando i primi astronomi, a partire da Ipparco (II° secolo a.C.), cominciarono a compilare cataloghi e mappe stellari, divisero le stelle per brillantezza in sei classi. Erano stelle di prima grandezza le più brillanti, di seconda quelle un po’ meno brillanti e così via, sino alle stelle più deboli discernibili con una buona vista in una notte scura, classificate di sesta. Perciò alla magnitudine espressa dal numero minore corrisponde la stella più brillante.

 La scala fu tramandata nei secoli, modificata più volte, e infine definita rigorosamente in tempi moderni. Si scelsero alcune stelle come campione e si stabilì che il rapporto di flusso luminoso tra una magnitudine e la successiva fosse la radice quinta di 100, ossia circa 2,512. Così il flusso di luce (o, se preferite, il numero di fotoni di un determinato intervallo di lunghezza d’onda, di solito il visibile) che ci arriva ogni secondo da una stella di magnitudine, poniamo, 3,5 è esattamente 2,512 volte quello che arriva da una stella di mag. 4,5. E la stessa stella di mag. 3,5 ci invia 1 / 2,512 volte la luce di una di mag. 2,5 (naturalmente a parità di superficie di raccolta e di condizioni del cielo).

 Per come è definita la scala, una qualunque stella è esattamente 100 volte più brillante di un’altra che sia di 5 magnitudini più debole. Infatti (2,512…)5 fa esattamente 100. La definizione rigorosa, per come furono scelte le stelle campione, ha fatto sì che alcune stelle molto brillanti abbiano magnitudine inferiore a 1, o addirittura negativa. Sirio, ad esempio, la stella più brillante del cielo, ha magnitudine -1,44, Arturo -0,04; tra le stelle brillanti ci sono Vega (mag. 0,02), Spica (0,98), mentre Castore è di 1,58; la stella polare non è brillantissima; la sua luminosità oscilla leggermente, attorno alla mag. 2, rientrando a fatica tra le 50 stelle più brillanti del cielo.

 Comunque, per ottenere la magnitudine complessiva M di due stelle irrisolte (non separabili con un determinato strumento) di magnitudine M1 e M2 è sufficiente questa formuletta:

 M = M2 – 2,5 * (Log(10(0,4*(M2 – M1))+1)

 Dove con Log si intente il logaritmo in base 10. Si noti che la formula funziona sia nel caso che M1>M2 che viceversa.

 Per ottenere la magnitudine complessiva di una stella multipla, ovviamente, basta applicare più volte la formula prima vista (tratta dal meraviglioso libro "Astronomical Algorithms", di J. Meeus, ediz. Willman-Bell). Per esempio, nel caso di Epsilon Lyrae abbiamo, per Epsilon1, M1=5,02 e M2=6,03, da cui M risulta 4,659. Per Epsilon2 si ha M1=5,23, M2=5,40. Da cui M=4,559. Applicando la formula alle due magnitudini integrate si ottiene una magnitudine complessiva di 3,855 per le quattro stelle.

 Facendo qualche conto si vede subito che, nel caso di stelle doppie sbilanciate, dove la differenza tra le componenti è di 4-5 magnitudini o più, il contributo della componente debole è in pratica trascurabile. Per esempio, per Antares (assumendo magnitudini 1,06 e 5,4) la mag. integrata risulta 1,04, ben poco dissimile dal valore della primaria da sola. Per Sirio, dove il divario è mostruoso (-1,44 contro 8,5) la somma delle sue magnitudini dà…-1,44011! Come dire, che la secondaria non conta davvero nulla.

 Per i curiosi, ricordiamo che la magnitudine è definita come:

 M = -2,5 * Log ( I / I0)

 dove I è l’intensità luminosa, ovvero come prima accennato, una misura diretta del flusso luminoso che la stella ci manda rispetto ad un flusso "standard" I0. In soldoni, I è la "conta" di quanti fotoni al secondo un certo telescopio raccoglie da una certa stella in una determinata banda spettrale. Quella che chiamiamo "magnitudine" senza meglio specificare è la magnitudine in banda visuale, vale a dire (circa) tra i 400 e i 700 nm di lunghezza d’onda. Naturalmente nessun sensore, chimico o elettronico, né il nostro occhio, né nessun filtro ha una risposta con limiti perfettamente definiti, per cui si parla sempre di "bande". In astronomia sono molto usati i filtri UBVRI (ultravioletto, blu, visibile, rosso, infrarosso), che sono stati standardizzati da Johnson e Morgan poco dopo il 1950, e sono oggi disponibili anche per gli amatori desiderosi di realizzare misure scientificamente significative.

 Naturalmente è possibile passare dalla magnitudine al flusso invertendo la formula prima vista. Si ottiene:

 I = 10 –(M / 2,5)

 A titolo di curiosità, una stella di magnitudine 28 invia, ad un telescopio di 4 metri di apertura, circa 1 fotone… ogni minuto! Facendo qualche conto si capisce che gli appassionati che parlano di immagini in cui hanno registrato stelle di magnitudine 22 con strumenti amatoriali, quantomeno esagerano un poco, come i pescatori delle barzellette. Oppure, più innocentemente, non considerano che il CCD è molto sensibile al rosso e all’IR, e quindi stelle molto rosse appaiono MOLTO sovrastimate.

Con questa risposta spero di aver fatto notare che la determinazione della luminosità precisa di una stella è una faccenda complessa: tra i parametri che bisogna calcolare rientrano lo stato del cielo, l’apertura del telescopio, lo stato di alluminatura degli specchi, la risposta spettrale del sensore, la banda passante del filtro, l’assorbimento del sistema specchi + filtro, il seeing, l’efficenza quantica del sensore, il fattore di campionatura del sensore, il tempo di integrazione (e certamente mi sono dimenticato qualcosa). Dato che farlo ogni volta sarebbe un lavoro folle, la determinazione di luminosità viene fatta praticamente sempre per confronto con stelle standard. Negli anni 1982-1992 l’astronomo Arno Landolt ha, con pazienza certosina, misurato con la massima precisione possibile centinaia di stelle campione, sparse in tutto il cielo e di magnitudini assortite. Quindi chiunque altro desidera misurare esattamente una magnitudine, riprende una o più stelle di Landolt e poi il soggetto della ricerca, la cui magnitudine verrà determinata per confronto di flussi (conteggi del CCD).

 Nota: lo 0,4 che compare nella prima formula non è uscito dal cilindro di un prestigiatore, ma non è altro che l’inverso del fattore 2,5 che compare nella definizione di magnitudine. Tale fattore non è un’approssimazione del fattore 2,512, visto prima, sono cose distinte.