Qual è attualmente il tempo normale di permanenza di un astronauta nell’ISS? E qual è il tempo massimo mai trascorso da un uomo nello spazio? Un’eventuale missione umana su Marte andrebbe molto oltre questi tempi?

Non esiste un tempo "standard" di permanenza degli astronauti nello spazio.

Si va dalle missioni di coloro che sono incaricati di portare rifornimenti ed eseguire riparazioni alla stazione, i quali rimangono nello spazio tipicamente un paio di settimane, a coloro che vi rimangono per tempi più lunghi, per eseguire esperimenti. Siccome c’è una missione di rifornimento ogni 2/3 mesi, questi ultimi restano nello spazio per qualche mese, tipicamente metà anno.

Al momento in cui scrivo, il record di permanenza nello spazio è detenuto dal sovietico Valeriy Polyakov, con 438 giorni (più di 14 mesi) di permanenza sulla MIR, tra il 1994 e il 1995, mentre altri due astronauti sovietici vi sono rimasti più di un anno. Questo genere di esperimenti era proprio mirato a capire gli effetti delle lunghe permanenze nello spazio; oggi si tende a far durare le missioni di meno, perché si è scoperto che le lunghe permanenze hanno effetti deleteri sulla salute delle persone, per cui si cerca di minimizzare i rischi inutili.

Il recordman Valery Polyakov a bordo della MIR

Gli effetti fisici principali sugli astronauti sono la decalcificazione delle ossa (una specie di osteoporosi accelerata), riduzione della massa muscolare, principalmente dovuta al fatto che muoversi è molto più agevole, per cui il corpo tende a liberarsi della massa muscolare inutile, ed effetti di accumulo di radiazioni. I primi due sono reversibili: una volta rientrato sulla terra, un individuo in buona salute recupera la consistenza delle ossa e tono muscolare nel giro di qualche settimana/mese. Le radiazioni invece sono un fenomeno di accumulo, ché può portare a lungo andare all’aumento del rischio di patologie tipo leucemie, tumori, ecc…
Quanto a quest’ultimo aspetto, fortunatamente la MIR e la ISS hanno orbite basse, ancora in gran parte schermate dal campo magnerico terrestre, per cui le dosi a cui sono soggetti gli astronauti sono minori di quelle dello spazio interplanetario. Inoltre alcuni vani della stazione sono "corazzati" per ridurre l’irraggiamento, e quando il satellite SOHO, posto tra noi e il Sole, registra un aumento dell’attività solare, gli astronauti vengono allertati di andarsi a mettere nelle zone meglio protette.

Un ipotetico viaggio verso Marte potrebbe durare meno di un anno, per cui è già stato sperimentato che un astronauta in ottime condizioni fisiche potrebbe sopportarlo, almeno dal punto di fista degli effetti fisici sull’organismo. I problemi principali sono che all’arrivo su Marte il suo fisico (ossa e muscoli) sarebbe debilitato, e mentre sulla terra ci sono persone che assistono gli astronauti nei primi giorni dal rientro, su Marte dovrebbero fare tutto da soli. Il problema delle radiazioni inoltre può costituire un ostacolo non indifferente, in considerazione del fatto che, per ridurre la massa del veicolo, probabilmente non si riuscirà a schermarlo massicciamente, e che una volta in rotta verso Marte, senza allarmi preventivi, gli astronauti sarebbero del tutto esposti ai capricci della nostra stella.

Da questo punto di vista, il problema è fondamentalmente statistico ed "etico": quale è la dose che accettiamo che un astronauta possa ricevere, nel corso della missione, affinché la probabilità che sviluppi una patologia grave durante il viaggio o dopo il suo rientro sia minore di una certa soglia, da concordare con gli astronauti stessi?