Affermativo: si tratta di una manovra obbligatoria e pure complessa: lo shuttle ruota contemporaneamente in tutti e tre gli angoli: rollio, beccheggio e imbardata. La rotazione più evidente è quella in beccheggio: la navetta si dispone quasi parallelamente al terreno, “a testa in giù”.
Per capire il motivo, occorre aver chiaro un concetto fondamentale: la condizione “essere in orbita”, limitandoci ad orbite circolari, si traduce in un vincolo sulla velocità *tangenziale*, che deve essere maggiore di un certo valore che dipende dalla quota.
In altre parole l’importante è possedere una sufficiente velocità parallelamente alla superficie terrestre. L’intuito invece ci dice che per andare in orbita occorre puntare la navetta spaziale verso l’alto, ma ciò è sbagliato.
Un disegno (dello stesso Newton!) che spiega questo concetto
con una app interattiva per sperimentare la traiettoria a diverse velocità di lancio.
Proviamo a lanciare orizzontalmente un oggetto dalla cima V di un’alta montagna: esso cadrà nella posizione D. Se aumentiamo la velocità, il punto di contatto con la Terra si sposterà in E. Aumentando ancora la velocità, potremo raggiungere il punto F e più oltre, il punto B. A velocità ancora più elevate, l’oggetto cadrà … dietro la montagna, nel punto A, dopo aver circumnavigato il globo. Superando la velocità limite di circa 9.6 km/s, il punto di contatto con la Terra scompare! Possiamo dire che il punto di caduta dell’oggetto è sempre oltre l’orizzonte: esso è diventato un satellite artificiale della Terra!
Se non ci fosse l’atmosfera terrestre, le navette spaziali potrebbero essere lanciate parallelamente al terreno, un po’ come il decollo degli aerei. Siccome invece c’e’ l’atmosfera che produce attrito, il lancio di una navetta consiste in parte nell’elevarsi al di sopra dell’atmosfera, ma soprattutto, come ho detto prima, nell’acquistare tanta velocità
tangenziale: ecco perché lo shuttle si inclina subito dopo la partenza.
Perché poi lo shuttle si inclini “a testa in giù” si spiega con una serie di buoni motivi.
In generale e’ cosa buona che la navetta sia rivolta in direzione della Terra, innanzitutto per le comunicazioni radio, poi per facilitare le operazioni di rientro in caso di emergenza. Se infatti nelle fasi subito dopo il lancio si verifica un’emergenza, la navetta puo’ tornare a terra sganciando serbatoio e razzi ed effettuando una semplice cabrata.
Inoltre l’angolo con cui l’ala dello shuttle incontra il vento apparente (chiamato angolo di attacco) genera una forza deportante, cioè verso il basso della navetta ma verso l’alto per come la vediamo da terra. Questo riduce le sollecitazioni sulla struttura e genera una piccola spinta verso l’alto che fa risparmiare carburante (o aumenta il carico utile, oppure la quota dell’orbita).
Marginalmente, la manovra serve affinché l’equipaggio possa mantenere sempre in vista la Terra … non che questo sia utile durante il lancio, dal momento che il lancio e’ interamente sotto il controllo dei cinque computers di bordo.
Quanto alla seconda parte della domanda, si tratta dei frammenti dei cosiddetti bulloni esplosivi che servono per mantenere ancorato il razzo alla piattaforma, fino al momento del lancio. Ricordo che fin da piccolo ero infastidito dal vedere scene come quelle mostrate nel fotogramma a fianco: non mi andava giù che un oggetto così complesso e delicato come un razzo spaziale potesse “rompersi” senza correre pericoli!
Il fatto è che si tratta del modo più semplice e paradossalmente … più sicuro per trasformare un vincolo solido, in grado di resistere a vibrazioni notevoli, in uno sgancio rapido e netto. E’ una tecnologia ormai matura e impiegata diffusamente in tutte le fasi delle missioni spaziali: dallo sgancio dalla piattaforma, alla separazione degli stadi dei vettori, alla rimozione dell’ogiva per liberare i satelliti, al rilascio dei carichi in orbita, al rilascio dei paracadute durante il rientro. Si calcola che in una tipica missione dello shuttle vengano usati 400 bulloni esplosivi.
La figura seguente mostra un bullone esplosivo prima e dopo l’azionamento.
Addendum: Luca Boschini, che ringrazio, mi ha fatto notare che la domanda del nostro lettore poteva riferirsi al ghiaccio condensato sulla superficie del razzo. In tal caso, la spiegazione è la seguente: in realtà il Saturno V era una gigantesca cisterna di ossigeno e idrogeno liquidi, tenuti a temperature basse a sufficienza da mantenerli liquidi.
Dunque la struttura era fredda, e tendeva a coprirsi di una sottile superficie di ghiaccio. Alla partenza, con le vibrazioni, il ghiaccio si staccava e ne pioveva una cascata di frammenti. L’effetto si vede benissimo in questo filmato: