Buongiorno, vorrei sapere come agiscono i geni reporter (in particolare come vengono inseriti, dove e come avviene la trascrizione). A lezione ci hanno parlato genericamente di gene lux, gfp e uidA senza spiegarne i vari meccanismi. Grazie

Con il termine reporter si intendono geni che codificano per proteine visibili, la cui espressione è quindi facilmente quantificabile. I più noti sono i geni per GFP, luciferasi e β-galattosidasi.

1) GFP (Green Fluorescent Protein): è in grado di emettere luce di colore verde acceso se colpita da radiazione a specifica lunghezza d’onda;

2) luciferasi: quest’enzima è in grado di catalizzare la produzione di luce a partire dall’ossidazione della proteina luciferina in presenza di ATP e O2;

3) β-galattosidasi: fa apparire blu le cellule che la esprimono se cresciute in presenza di un substrato chiamato X-gal. La β-galattosidasi scinde X-gal in galattosio e 5-bromo-4-cloro-3-idrossindolo, la cui forma ossidata è responsabile del colore.

Tre esempi di applicazione dei geni reporter sono: la regolazione dell’espressione genica, la localizzazione proteica e l’interazione di due o più proteine.

 Nel primo caso, lo scopo è quello di capire se esistono, in un gene o nelle sue vicinanze, delle sequenze che regolano la trascrizione. Da questo punto di vista, gli studi più importanti sono stati fatti sui promotori. Un promotore è costitutivo se il livello di RNA trascritto dipende solo dal legame del complesso dell’RNA polimerasi al promotore stesso; se invece è influenzato da altri fattori di trascrizione, si dice che è inducibile. I fattori di trascrizione (TF) sono proteine regolatrici che legano specifiche sequenze di DNA del promotore di alcuni geni modificando l’attività dell’RNA polimerasi, cioè aumentando la trascrizione, se attivatori, o diminuendola, se inibitori.  Anche nel complesso dell’RNA polimerasi sono presenti dei TF, ma poiché agiscono in ogni evento di trascrizione sono chiamati basali per distinguerli dagli altri.

Per questo tipo di esperimenti si creano tre tipi di costrutti:  

  1. promotore di cui vogliamo valutare l’attività + sequenza codificante per il gene reporter + sequenza di terminazione; 
  1. promotore costitutivo + sequenza codificante per il TF + sequenza di terminazione; 
  1. promotore costitutivo + sequenza codificante per il gene reporter + sequenza di terminazione.

 Quest’ultimo serve come riferimento per valutare se l’espressione del promotore d’interesse è minore, maggiore o comparabile e come controllo che non ci siano problemi a livello di gene, promotore e cellule. Per semplificare si usano le sequenze geniche retrotrascritte dai corrispondenti RNA, i cosiddetti cDNA: in questo modo un gene eucariotico può essere espresso in una cellula procariotica superando il problema dello splicing, che anche tra Eucarioti può non avvenire in modo identico. I costrutti vengono collocati in tre diversi plasmidi (A, B, C per corrispondenza) i quali sono poi inseriti in cellula, ad esempio mediante elettroporazione o con il metodo del CaCl2. Se le cellule sono eucariote, si parla di trasfezione; se batteriche, di trasformazione, ma il processo non è concettualmente diverso e per semplicità da qui in avanti si userà un solo termine. La trasfezione avviene in modo da avere tre tipi di cellule: cellule con solo il plasmide A, solo il C, B+C. Se il TF è attivatore, ci si aspetta che il livello di espressione del sistema B+C sia maggiore di quello A, perché incrementa la trascrizione del gene reporter, mentre nel C deve avere segnale “standard”. Ottenuto un primo risultato, si possono raffinare gli esperimenti, per esempio facendo delezioni di parti diverse del promotore per capire a quali di queste si leghi il TF. Se invece non si conosce di preciso quali siano i TF di un organismo, si può trasfettare di volta in volta un cDNA diverso, fino a formare il completo genoma dell’organismo (libreria di cDNA), e vedere quali geni hanno effetto sulla trascrizione.   

Per quanto riguarda la localizzazione delle proteine, quel che si fa è fondere in frame i cDNA codificanti per la proteina d’interesse e il gene reporter, cioè mantenendo corretta la lettura dei codoni pur unendo sequenzialmente le due proteine: se la fusione non crea problemi, si può osservare in quali parti di una cellula o in quali tessuti di un organismo è espressa la proteina. 

Infine, per l’interazione tra proteine, è molto usato il cosiddetto sistema del doppio ibrido. I fattori trascrizionali di solito sono costituiti da un dominio di legame al DNA (DBD) e da uno di regolazione trascrizionale, (per convenzione AD). Se si suppone che due proteine X e Y interagiscono, si generano tre costrutti:  

  1. promotore costitutivo + sequenza codificante per il gene X in frame con quella per il DBD del   TF + sequenza di terminazione;  
  1. promotore costitutivo + sequenza codificante per il gene Y in frame con quella per l’AD del TF+ sequenza di terminazione;  
  1. promotore specifico per il TF + sequenza codificante per il gene reporter + sequenza di terminazione. 

Nulla vieta di invertire gli accoppiamenti di fusione, anzi questo è usato come sistema di controllo. I costrutti s’inseriscono in plasmidi (D, E, F per corrispondenza) e si trasfettano: solo F, D+F, E+F, D+E+F. Se effettivamente le proteine interagiscono, esse saranno abbastanza vicine da consentire l’interazione dei domini del TF, con conseguente aumento della trascrizione del gene reporter nel sistema D+E+F rispetto al livello basale rappresentato dal sistema F e rispetto al livello degli altri due. Anche in questo caso si può usare il sistema per fare uno screening di una libreria di cDNA alla ricerca di proteine interagenti.

 

GFP

 

 

 

LUCIFERASI

 

ß-GALATTOSIDASI + X-GAL

 

Indirizzi per immagini:

http://genetik.fu-berlin.de/institut/en_GFP_fly3.jpg

http://luxbiotech.com/catalog/images/flask.jpg

http://www.cofc.edu/~delliss/virtuallabbook/SpreadingPlates/spreadplate2.jpg