La frequenza di esplosione delle supernovae è strettamente correlata alla luminosità della galassia ospite, nel senso che più stelle essa contiene e più probabilità ci sono che qualcuna di esse esploda.
Si è anche potuto accertare che la frequenza delle SN di tipo I (derivate dall’esplosione di nane bianche, cioè stelle vecchie) è superiore, seppur di poco, rispetto a quelle di tipo II (originate da stelle massicce, cioè con breve aspettativa di vita).
Sta di fatto che le SN I appaiono in quasi tutti i tipi di galassie mentre le SN II vengono osservate solamente nelle spirali: infatti tutti tipi di galassie possono contenere stelle vecchie mentre, di regola, le stelle giovani si trovano principalmente nelle spirali.
Sulla base di studi statistici gli astronomi hanno da tempo provato a stimare la frequenza di SN nei vari tipi di galassie.
Per quanto concerne la nostra Via Lattea, le vecchie stime prevedevano un’esplosione ogni 300 anni circa, accorpando ovviamente i due tipi di SN essendo la nostra una galassia spirale.
Successivamente tale frequenza è stata stimata con valore ridotto a circa 100 anni.
Oggi tale valore si è ulteriormente abbassato. Un recentissimo studio, basato sulla produzione dell’alluminio radioattivo (Al 26) rilevato nell’intera Galassia dal satellite per raggi gamma INTEGRAL, conferma che tale rarissimo elemento è prodotto principalmente da stelle massicce che terminano la loro breve vita esplodendo come supernovae.
Per inciso, facciamo presente che l’isotopo radioattivo Al 26 è in proporzione pari a 5/100.000 rispetto al molto più stabile Al 27, già presente alla nascita del sistema solare.
Partendo dalla stima della quantità complessiva di Al 26 presente nella Via Lattea, equivalente a circa tre masse solari, si è dedotta una frequenza media di eventi dell’ordine di un caso ogni 50-55 anni.
Negli ultimi duemila anni abbiamo però solamente 8 casi di supernovae registrate e, precisamente:
– negli anni 185, 369, 1006 (luminosissima in Lupus), 1054 (in Taurus, la famosissima Nebulosa del Granchio o M1) e 1181, tutte osservate e registrate negli archivi degli astronomi cinesi;
– nel 1572, osservata da Tycho Brahe ed altri
– nel 1604, osservata da Giovanni Keplero
– nel 1660 (circa) comparsa in Cassiopeia ma sfuggita agli osservatori probabilmente perchè oscurata dalle polveri interstellari, particolarmente dense in quella regione celeste.
Come insegna il mancato rilevamento della SN in Cassiopeia, l’enorme divario tra la frequenza calcolata e quella osservata sta proprio nel fatto che, stante la posizione del sistema solare nel disco galattico, la maggior parte delle esplosioni di SN può sfuggire all’osservazione visuale in quanto la luce viene assorbita dalla grande quantità di polveri interposte tra la stella e noi.
Se il Sole fosse situato ben al di fuori del disco galattico (per esempio nell’alone) sicuramente vedremmo un numero maggiore di tali esplosioni.
Comunque, poichè i residui delle esplosioni di supernovae emettono intensamente nelle onde radio (anche per migliaia di anni dall’evento) se ne sono potuti rilevare parecchi anche a basse latitudini galattiche, grazie al fatto che le onde radio riescono maggiormente ad attraversare –pressochè indenni- grandi spessori di polveri e gas.
Il più completo catalogo di tali oggetti è quello curato da D.A. Green (reperibile all’indirizzo web http://
www.mrao.cam.ac.uk/surveys/snrs ), la cui versione più recente –Aprile 2006- contiene i dati su 265 residui di supernovae galattiche.
Non va comunque sottaciuto che, sicuramente, moltissimi residui di supernovae, sia perchè lontani e sia perchè deboli o estremamente vecchi, attendono ancora di essere scoperti, mentre tanti altri ancor più antichi si saranno ormai completamente dissolti negli spazi interstellari.
Teniamo comunque presente che, se fino a pochi decenni fa una SN che non si fosse resa visibile nell’ottico sarebbe quasi certamente sfuggita ai nostri rilevamenti, oggigiorno sarebbe molto più probabile la sua registrazione posto che, ormai, sono e saranno in orbita satelliti per raggi x (CHANDRA, XMM-Newton), gamma (INTEGRAL) ed infrarossi (Spitzer); la strumentazione installata a bordo di tali osservatorii spaziali è infatti in grado di scandagliare con maggior successo le grandi quantità di polveri interstellari che permeano il disco galattico, offrendoci più possibilità di cogliere, al suo manifestarsi, uno di questi fantastici eventi.