Nella trasmissione di un segnale da un’antenna trasmittente a una ricevente, un problema fondamentale è il calcolo della potenza PR ricevuta dall’antenna ricevente quando sia nota la potenza PT trasferita dal generatore ai morsetti dell’antenna trasmittente. Se le antenne si trovano in uno spazio libero, l’una nel campo radiativo dell’altra, la soluzione a questo problema è fornita dalla formula di Friis. Secondo tale formula, la potenza che l’antenna ricevente trasferisce a un carico ad essa adattato, assumendo che tra le antenne ci sia adattamento in polarizzazione, è data da
dove λ è la lunghezza d’onda, r è la distanza tra le due antenne, GT è il guadagno dell’antenna trasmittente e GR è il guadagno dell’antenna ricevente.
Perché le antenne siano una nel campo radiativo dell’altra, devono trovarsi almano a una distanza minima uguale a
dove D è la massima dimensione dell’antenna più grande. Nell’esempio proposto dalla nostra lettrice Paola, D = 1 m e λ = c/f = 3· 108/ 1010 = 3 cm. Si otterrebbe quindi rmin= 66,67 m. E invece … il caso del riflettore parabolico costituisce un’eccezione, con questo tipo di antenna non è necessario stabilire una distanza minima per applicare la formula di Friis!
La formula per la distanza minima si ricava imponendo che ciascuna antenna debba essere vista dal punto di osservazione P, verso il quale si emette o dal quale si riceve, sotto un angolo Ω così piccolo che ogni spostamento trasversale R, dal centro A dell’antenna verso un generico punto B dell’antenna stessa, dia luogo a variazioni di percorso δ verso il punto di osservazione trascurabili rispetto alla lunghezza d’onda (si veda la figura che segue).
A una variazione di percorso δ corrisponde uno sfasamento indesiderato che nella pratica si ritiene tollerabile se uguale al massimo a π/8: proprio questo limite allo sfasamento indesiderato impone che la distanza minima sia quella espressa dalla formula riportata più sopra.
I riflettori parabolici sono antenne grandi con elevato guadagno, realizzate utilizzando specchi riflettenti per trasformare porzioni di superfici equifase sferiche emesse da un piccolo illuminatore (chiamato feed) in porzioni estese di superfici equifase piane. Quindi un riflettore parabolico emette una porzione di fronte d’onda piano, di dimensione uguale circa a quella dello specchio e perpendicolare al suo asse. Se il fronte d’onda è piano, non c’è sfasamento indesiderato e dunque non c’è una distanza minima: si è subito in zona di campo radiativo.
Approfondimenti
http://www.vialattea.net/esperti/php/risposta.php?num=9905