Avendo due oggetti, uno giallo ed uno verde, è possibile ricavare la loro lunghezza d’onda? Con quale strumento? Se la luce che irradia i due oggetti non è quella solare ma è un raggio laser rosso gli oggetti pur cambiando colore conservano la loro lunghezza d’onda iniziale?

La lunghezza d’onda di una radiazione (in questo caso luminosa, cioè compresa fra circa 400 e 700 nm) è definita solamente per radiazioni pure, cioè tautologicamente definibili monocromatiche.
Esse sono rare da riscontrare in natura, e l’esempio più evidente è quello dell’arcobaleno, in cui la luce bianca è ‘scomposta’ nelle sue componenti monocromatiche. Se si considera il peso di ogni lunghezza d’onda all’interno della radiazione si ha il cosiddetto ‘spettro’ della radiazione. Una luce rossa avrà quasi tutto lo spettro dominato da componenti attorno ai 600-700 nm, mentre una luce verde sarà composta da frequenze attorno ai 550 nm.

La luce laser, che in natura non esiste, ha la caratteristica di essere ‘ragionevolmente’ monocromatica. Il motivo dell’avverbio ‘ragionevolmente’ è profondo, ed esula dagli scopi di questa risposta, per cui prendiamolo così come è. Un fascio laser è quindi composto da una sola lunghezza d’onda, e pertanto il suo spettro risulterà sempre nullo tranne che per la sua frequenza propria.


Fig. 1 Spettri della luce di una lampada rossa e di un laser, sempre rosso.

Il colore può quindi essere interpretato a partire dallo spettro della radiazione che lo compone, sia a partire dalla sensazione che genera in un umano. Gli strumenti utilizzati nelle due diverse prospettive sono descritti oltre.

INTERPRETAZIONE COLORIMETRICA

Passiamo ora a spiegare da cosa derivi il colore di un oggetto. La percezione del colore è determinata dai meccanismi alla base del funzionamento dell’occhio umano. Esso non è capace di discriminare in lunghezza d’onda (o frequenza), ma è dotato di tre tipi di recettori, ognuno dei quali sensibile ad una diversa regione spettrale. Grossomodo, possiamo distinguere tra recettori del blu, recettori del verde e recettori del rosso. La Commission International d’Eclairage (CIE) , nel 1931, ha stabilito le curve di risposta standard dell’occhio, definendo il cosiddetto ‘osservatore standard CIE 1931’, che sono illustrate qua sotto:


Fig. 2 Curve sensitometriche dell’occhio umano, secondo l’osservatore standard CIE 1931. Le curve si riferiscono ai recettori rossi (curva x), verdi (y) e blu(z).

Quando una radiazione luminosa colpisce la retina, ognuno di questi recettori invia un segnale proporzionale alla convoluzione (1) della propria curva di risposta con lo spettro della radiazione in arrivo. Il segnale che viene così percepito è detto TRISTIMOLO, ed e’ espresso mediante una terna di valori (X,Y,Z).
Da quanto detto si capisce che è possibile ottenere la stessa percezione di colore a partire da oggetti con caratteristiche spettrali diverse! Questo fenomeno è detto metamerismo. Esistono animali con più di tre tipi di recettori, i quali riescono a distinguere i colori molto più efficacemente di noi.


Fig. 3 Convoluzione della curva spettrale di una luce rossa (A) con le ter curve sensitometriche x, y, z per formare l’impulso tristimolo X, Y, Z. Si vede come anche nella luce rossa (non monocromatica) si abbiano componenti di verde e blu.

A questo punto occorre distinguere tra luce emessa e luce riflessa. Considerando tre sorgenti di colore diverso (Rosso, Verde e Blu) è possibile, alterando le intensità relative delle tre componenti, ottenere quasi tutte le combinazioni possibili del tristimolo. La somma delle tre componenti è proporzionale all’intensità totale della luce, per cui rifenendosi ad una intensità unitaria il valore del tristimolo è determinato da due soli valori, e quindi può essere associato ad un punto nel piano cartesiano (diagramma di cromaticità). Se si considera una radiazione monocromatica, al variare della sua lunghezza d’onda si otterranno sensazioni di colore diverse, a seconda di quanto ogni recettore è stimolato. Per radiazioni ad alta frequenza si otterrà principalmente la stimolazione dei recettori blu, per lunghezze d’onda maggiori si passerà a stimolare anche quelli verdi ( le curve di risposta sono parzialmente sovrapposte), poi i rossi.
Ad ogni lunghezza d’onda sarà quindi associato un punto nel diagramma di cromaticità, ed al variare continuo della lunghezza d’onda si svrà una curva continua nel piano. Tale curva è detta spectrum locus, ed ha più o meno la forma di un ferro di cavallo. Se la radiazione è policromatica, la sensazione non giacerà sullo spectrum locus, ma al suo interno, in quanto risulta dalla combinazione di più stimoli.
In figura è mostrato il diagramma di cromaticità con indicate le lunghezze d’onda degli stimoli dello spectrum locus.


Fig.4 Diagramma di cromaticita’ con associate le lunghezze d’onda sullo spectrum locus, che generano i colori puri (o saturi).

Da quanto detto emerge che i colori risultanti da una mescolanza di rosso e blu (che sperimentalmente danno la sensazione di colore porpora, o magenta), in realtà non possono esistere come luce monocromatica. Lo spectrum locus è allora chiuso con una linea retta in basso che riproduce il luogo delle mescolanze di blu e rosso.

Per misurare quantitativamente le componenti del tristimolo si utilizzano i colorimetri, che nella forma piu’ semplice possono essere sostituiti da una fotocamera digitale, visualizzando i valori R,G,B con un qualsiasi programma di elaborazione grafica.

INTERPRETAZIONE FOTOMETRICA DEL COLORE

L’interpretazione fotometrica del colore è concettualmente più semplice di quella colorimetrica, ma il funzionamento del nostro occhio ne ha nascosto per molto tempo la semplicità, visto che non è possibile immaginarla a partire dalla percezione del colore, in quanto per quanto detto, più curve spettrali possono dare la stessa percezione di colore. La misurazione dello spettro luminoso di una sorgente viene effettuata mediante strumenti detti spettrofotometri (o spettrometri), in gradi di misurare l’intensità di ogni componente spettrale di una radiazione.
Essi sono generalmente composti di un’ottica di raccolta, un mezzo capace di disperdere, cioe’ separare, le varie frequenze, ed un sensore che possa registrare quantitativamente l’intensita’ in ogni intervallo spettrale. Il mezzo disperdente piu’ semplice, usato per molto tempo, e’ il prisma di vetro, che funziona come le gocce d’acqua nella generazione dell’arcobaleno.

COLORE DI UNA SORGENTE LUMINOSA

Il colore di una sorgente è dato dalla combinazione della sua curva di intensità spettrale con le tre curve di risposta dei tre recettori. Su questo principio si basa la creazione di colori per sintesi additiva: utilizzando tre sorgenti centrate sulle curve di sensibilità dei recettori oculari si riescono a riprodurre tutti i colori.

COLORE DI OGGETTI IN LUCE RIFLESSA

Quando una luce investe un oggetto, questo, per le sue proprie caratteristiche atomiche e molecolari, sarà in grado di rifletterne una parte e di assorbirne un’altra, e questa proprietà varia con la lunghezza d’onda. La curva che descrive la percentuale di luce riflessa in funzione della frequenza (o della lunghezza d’onda) è detta curva di riflettanza. E’ evidente quindi che, nel caso di oggetti non emittenti ma illuminati da un’altra sorgente, il colore percepito è dato dalla convoluzione (ancora…) della radiazione illuminante con la curva di riflettanza dell’oggetto. Ciò fa sì che, illuminati da luce monocromatica, tutti gli oggetti mostrino solo la rilfettanza alla lunghezza d’onda scelta. Per esempio, una mela rossa risulterà nera se illuminata con luce verde o luce blu. Parimenti, una foglia illuminata da una luce laser rossa risulterà nera, mentre la mela di prima brillerà riflettendo (quasi) tutta la luce che la investe.
Gli oggetti bianchi riflettono tutte le frequenze e pertanto risulteranno sempre del colore dell’illuminante, mentre oggetti neri saranno sempre neri visto che assorbono tutte le frequenze.


Fig. 5 Come appare un oggetto (giallo-verde) sotto differenti condizioni di illuminazione. Le curve sulla destra sono le convoluzioni della riflettanza con le curve di intensità degl’illuminanti.

Su questo principio si basa invece la generazione di colori per sintesi sottrattiva: ogni colore opaco sottrae delle componenti, e ciò che si osserva è il complemento alla luce bianca.
Si consultino queste precedenti risposte per maggiori dettagli sulle sintesi additiva e sottrattiva:

http://www.vialattea.net/esperti/php/risposta.php?num=9082
http://www.vialattea.net/esperti/php/risposta.php?num=9103

La pagina europea della Konica Minolta
http://www.konicaminoltaeurope.com/pcc/it/part2/06.html
contiene una chiara descrizione con immagini della differenza tra colorimetria e spettrometria.

Quanto ora detto fa capire l’importanza di definire bene la luce illuminante (o semplicemente illuminante) nel caso di misurazioni spettrali o colorimetriche. Sono stati per questo definiti vari illuminanti standard, ad esempio il D65, definito come la luce con lo spettro di un corpo nero a 6500 K, simile alla luce solare diurna a medie latitudini, o il D50, come lo spettro di corpo nero a 5000 K. Ciò ha la sua importanza ad esempio nei processi di bilanciamento del bianco, in cui si cerca di riscalare la curva di riflettanza misurata in funzione di diversi illuminanti in modo da restituire la sensazione più vicina a quella psicologicamente più naturale. il nostro cervello, infatti, aggiusta automaticamente gli stimoli per associare la sensazione del bianco ad oggetti che siamo abituati a considerare bianchi.

(1) La convoluzione tra due curve consiste nel farne il prodotto punto per punto, e poi considerare l’area della curva risultante. E’ un’operazione funzionale molto importante nella teoria dei segnali.