Peli, penne, squame e scaglie fanno parte dell’apparato di rivestimento (tegumentale) degli animali, e sono detti annessi cutanei.
Essendo a diretto contatto con l’ambiente esterno, tali strutture rivestono particolare importanza nella vita degli animali, e quindi le funzioni in cui sono direttamente o indirettamente coinvolte sono molteplici. Fra le altre si annoverano: la protezione della cute da danni quali ferite, abrasione, radiazione ultravioletta, disidratazione; l’isolamento termico; la locomozione; il senso del tatto; la comunicazione tra individui della stessa specie volta sia a fini riproduttivi che sociali, e tra individui di specie diverse. Naturalmente se per esempio una struttura assolve la locomozione, essa sarà coinvolta in tutte le funzioni a questa connesse, incluso procurarsi il cibo e sfuggire ai predatori.
Vediamo queste strutture una ad una, con alcuni esempi.
Le scaglie dei pesci attuali hanno funzione protettiva soprattutto nei confronti dell’abrasione, e conferiscono anche una certa rigidità alla sottile pelle, pur mantenendo la flessibilità del corpo. Esse contribuiscono anche all’idrodinamicità del corpo del pesce, offrendo una superficie liscia e compatta sulla quale l’attrito e le turbolenze dell’acqua sono ridotte al minimo. Nei buoni nuotatori le scaglie si riducono di dimensioni, e nei grossi nuotatori pelagici (tonno, ricciola) sono completamente scomparse, rimanendo in ristrette zone del corpo. Scaglie coriacee possono rendere un pesce difficile da mangiare.
Le scaglie dei pesci sono trasparenti, a crescita continua, si sviluppano dal derma (lo strato più profondo della pelle), e sono fatte di tessuto osseo vero e proprio. Nei pesci cartilaginei (squali e razze) le scaglie sono interamente rivestite di smalto, come quello dei nostri denti, hanno una forma piramidale con la base affondata nel derma e il vertice sporgente e ripiegato verso la coda dell’animale.
Nei pesci ossei invece le scaglie non presentano smalto, e solo a volte dentina sulla superficie. Sono piatte, embricate come tegole di un tetto e molto attaccate tra loro, e possono essere completamente immerse nell’epidermide (strato più esterno della pelle), oppure sporgerne nella parte caudale.
Anche se la funzione principale delle scaglie sembra essere quella protettiva, alcune teorie sulla loro evoluzione propongono che esse siano comparse come riserva di fosfati, e che abbiano acquisito un’importanza protettiva soltanto in seguito. Le loro origini, infatti, risalgono agli Ostracodermi, progenitori ormai estinti degli attuali pesci, che avevano placche ossee dermiche di rivestimento; essi vissero nel periodo Ordoviciano (circa 500 milioni di anni fa) quando vivevano anche dei formidabili predatori simili a grossi scorpioni, i Gigantostraci. Le placche ossee dermiche comparse come riserva di fosfati sarebbero state quindi anche una valida protezione contro questi predatori, e sarebbero quindi state selezionate favorevolmente.
Di natura diversa sono gli altri annessi cutanei, che si formano nello strato più esterno dell’epidermide, quello corneo. Il loro costituente principale è la cheratina, la stessa proteina che costituisce unghie e capelli.
Le squame caratterizzano il rivestimento cutaneo di Rettili e Uccelli, ma si trovano anche in alcuni mammiferi.
Nei Rettili lo strato corneo è particolarmente spesso, e protegge l’animale dalla disidratazione, oltre che dall’abrasione e dalle ferite. Le squame si formano in zone circoscritte e sporgenti dell’epidermide, i cuscinetti della squama, sui quali avviene l’ispessimento corneo. Esse possono avere varie forme: a scudi giustapposti, embricate, a tubercolo. Nei coccodrilli (Archosauria, Crocodilia) le squame sono rinforzate da una placca ossea affondata nel derma.
In corrispondenza delle giunture, la pelle dei Rettili è più sottile e priva di squame, per facilitare i movimenti.
Nei Serpenti (Ophidia), le squame dell’addome conferiscono maggiore aderenza al substrato e quindi facilitano la locomozione. Infatti sono grandi, embricate in senso cefalo-caudale (cioè la parte sporgente è diretta verso la coda) e organizzate in fasce trasversali.
Squame ventrali di serpente, da : http://donb.furfly.net/
In alcuni Sauri come il moloch (Moloch horridus, Sauria, Agamidae),
Moloch horridus , da: http://www.floranimal.ru/pages/animal/m/1097.html
una specie australiana deserticola, le squame sono modificate in spine, che servono ad aumentare la superficie del corpo e facilitare così la condensazione dell’umidità atmosferica, che viene poi convogliata verso la bocca grazie a sottili canali che scorrono tra le squame stesse. In molte specie la microornamentazione delle squame riflette la luce e protegge l’animale da eccessiva radiazione solare.
Nei gechi invece (Sauria, Gekkonidae), squame con ornamentazioni superficiali di setole microscopiche, presenti sotto i cuscinetti delle dita, conferiscono una straordinaria adesività che permette a questi Sauri di camminare a testa in giù.
Cuscinetti del piede di geko. Alisyn Nedoma: http://chemistry.berkeley.edu/index.html
Nei crotali (Ophidia, Viperidae, Crotalinae), i famosi serpenti a sonagli, le ultime squame della coda, a forma di cappuccio, non si staccano mai durante le mute, e si accumulano; essendo attaccate lassamente tra di loro, producono il caratteristico suono quando scosse; in questo caso servono quindi da avvertimento per i nemici.
L’ispessimento dello strato corneo della cute è una delle caratteristiche che hanno permesso alla classe dei Rettili di conquistare ambienti terrestri anche molto aridi, ma al contempo ha comportato una riduzione delle ghiandole cutanee, che quindi sono concentrate in alcune parti del corpo. La pelle non si desquama come quella dei mammiferi, e al crescere dell’animale viene rinnovata periodicamente attraverso la muta. In periodi fissi dell’anno viene prodotto un nuovo strato corneo, dopodiché quello vecchio si spacca lungo linee di rottura prestabilite, staccandosi.
Le squame hanno una grossa importanza sistematica e il loro numero e disposizione sono considerati caratteri tassonomici per distinguere le specie.
Le squame dei Rettili non portano pigmenti, ma questi sono contenuti in cellule del derma.
Le squame si trovano anche in alcuni Uccelli, come rivestimento delle zampe e ciò è considerato un indizio della parentela filogenetica tra Uccelli e Rettili.
Esse si trovano anche in alcuni mammiferi (intercalate a peli), come i pangolini (Pholidota), e gli armadilli (Xenarthra, Dasypodidae)
a sinistra Pangolino (Manis sp), a destra Armadillo (Dasypus sp)
da: http://www.terrambiente.org/fauna/Mammiferi/
o nella coda di alcuni roditori, ma non hanno relazione di parentela con quelle rettiliane. Si ipotizza comunque che possano essere un retaggio di una condizione primitiva nei mammiferi ancestrali.
Le penne assolvono due importanti funzioni: isolano termicamente dall’ambiente esterno e aumentano la superficie delle ali, facilitando il volo, e quindi tutte le funzioni ad esso connesse (ricerca del cibo, fuga dai predatori, ricerca del partner). La loro particolare struttura, fatta di sottili filamenti ramificati e agganciati tra loro (barbe e barbule), permette di ottenere la massima superficie con un peso minimo, e un’efficiente capacità isolante.
Inoltre, le penne sono pigmentate, e se in certe specie possono avere colori simili a quelli all’ambiente circostante e permettere all’uccello di nascondersi agli occhi dei predatori, in altre specie possono invece fornire agli uccelli livree molto vistose, prevalentemente nel maschio, che servono per lo più ad attirare la partner. Oltre a pigmenti chimici depositati durante l’accrescimento della penna, vi sono anche colori fisici, per lo più azzurri e verdi iridescenti, dovuti a microsculture dei filamenti della penna o all’inclusine di bolle d’aria che riflettono la luce creando fenomeni di interferenza. In molte specie vi sono penne della coda o della cresta modificate, che crescono molto più del normale o con forme particolari, contribuendo all’attrattiva maschile, come nel pavone (Pavo cristatus, Galliformes, Pavoninae) o negli uccelli del paradiso (Passeriformes, Paradiseidae). Negli uccelli la scelta del partner avviene attraverso l’uso di colori vistosi perché in questi animali il senso più sviluppato è la vista.
Anche la pelle degli uccelli è priva di ghiandole, ve ne è una soltanto, la ghiandola dell’uropigio, che secerne un grasso che l’uccello sparge con il becco su tutte le penne del corpo, per impermeabilizzarle e mantenerle efficienti. Anche le penne sono soggette a notevole usura, e vengono quindi cambiate completamente una o due volte all’anno, attraverso la muta. Data l’importanza vitale del volo, se le penne venissero cambiate tutte in una sola volta l’uccello sarebbe impossibilitato a volare fino alla completa ricrescita di tutto il piumaggio, con gravi rischi di sopravvivenza. Durante la muta quindi, le penne vengono cambiate un po’ per volta.
Grande importanza rivestono le piume del disco facciale degli Strigiformi, i rapaci notturni: essi hanno serie di piume disposte a raggiera intorno a ciascun occhio, il disco facciale, che svolgono l’importante funzione di captare e convogliare le onde sonore permettendo così all’animale di capire la direzione del suono, facilitando la caccia notturna.
Secondo prove fossili, molto probabilmente gli uccelli derivano da un gruppo di Dinosauri, i Saurischi Celurosauridi. La dimostrazione è il fossile di Archaeopteryx, che ha in sé caratteristiche anatomiche rettiliane e ornitiche insieme. Le penne derivano quindi da squame rettiliane modificate, evidenza che emerge anche da studi di embriologia. La teoria attualmente più accreditata ipotizza che le penne si siano evolute in quanto ottimi isolanti termici, in animali probabilmente già endotermi (cioè capaci di mantenere una temperatura corporea costante), e che solo successivamente abbiano assunto importanza nel sostenere il volo battuto.
I peli sono caratteristici dei mammiferi. Anch’essi svolgono le importanti funzioni di isolare termicamente il corpo dell’animale e di proteggere la pelle dall’abrasione. Anche nei mammiferi, come negli uccelli, le colorazioni del mantello richiamano quelle dell’ambiente in cui l’animale vive, occultandolo alla vista dei nemici o delle prede, grazie al fenomeno detto mimetismo criptico o criptismo. L’importanza di questa funzione si vede bene per esempio nella lepre variabile, che vive in alta montagna. Essa in estate ha un mantello marroncino, che l’aiuta a confondersi tra le erbe e gli arbusti, mentre in inverno, alle prime nevicate, essa cambia tutto il pelo, che ricresce bianco candido, che la confonde sulla neve. Anche in questo caso la muta avviene un po’ per volta. Il pelo viene cambiato all’inizio dell’estate e all’inizio dell’inverno. A differenza di rettili e uccelli, la pelle dei mammiferi è ricca di ghiandole sebacee, una per ogni bulbo pilifero, che lubrificano il pelo e lo proteggono dall’usura.
Al bulbo pilifero sono associati anche dei muscoli, che permettono di erigere il pelo. Questo è importante nella comunicazione fra membri della stessa specie. E’ ciò che succede per esempio nel gatto domestico: l’animale rizza il pelo per rendersi minaccioso ad un rivale, oppure in conseguenza di un forte spavento. Il pelo può essere sollevato anche per aumentare lo spessore dello strato d’aria isolante, quando l’animale sente freddo.
Alcuni peli sono modificati in peli sensoriali o vibrisse: sono più lunghi e tozzi, e localizzati in punti strategici come il muso e il retro delle zampe. Se toccati o sfiorati, il loro movimento viene trasmesso alle ricche terminazioni nervose alla loro base, estendendo così le percezioni dell’animale nello spazio.
Fitti peli sono anche distribuiti attorno e all’interno delle orecchie per proteggere queste ultime dall’ingresso di corpi estranei; invece chi ha un gatto può osservare che sul suo cranio, tra gli occhi e la base delle orecchie, esso ha due fasce di pelo molto rado: sono una specie di pista per meglio convogliare le onde sonore alle orecchie e aumentare la già elevata acuità uditiva di questo predatore.
Nei mammiferi non ci sono colori molto sgargianti, dato che la vista non è molto sviluppata, mentre lo è molto di più l’olfatto. Solo nei primati la vista è sviluppata come nell’uomo, e infatti vi si trovano colori accesi.
In molte specie quali il riccio europeo (Erinaceus europaeus, Inectivora, Erinaceidae), l’istrice (Hystrix cristata, Rodentia, Hystricidae) e le echidna (Tachyglossus sp, Zaglossus sp, Monotremata, Tachyglossidae) i peli sono modificati in aculei.
I peli compaiono probabilmente nei rettili Terapsidi progenitori dei mammiferi, già circa 250 milioni di anni fà. Questi animali erano già endotermi; in essi l’endotermia comparve indipendentemente e anteriormente a quella degli uccelli. Da studi di embriologia si è visto che i peli non sono una struttura derivante dalle squame rettiliane, ma sono una nuova acquisizione evolutiva.
Peli e squame si ritrovano anche in molti invertebrati, e persino nelle piante, anche se hanno origine embrionale differente. Ciò vuol dire che durante l’evoluzione, strutture vantaggiose sono comparse più volte, in gruppi sistematici molto distanti, in risposta a problemi simili.
In biologia è molto importante distinguere le strutture a seconda se abbiano la stessa derivazione embrionale oppure no, perché questo ci dice se effettivamente due strutture sono imparentate, e quindi ci dice anche il grado di parentela evolutiva di due gruppi sistematici.
Le strutture anatomiche di gruppi diversi si dicono omologhe quando derivano dallo stesso tessuto embrionale, e possono avere anche funzioni diverse. Se invece hanno aspetto e funzione simile ma non derivano dallo stesso tessuto embrionale si dicono analoghe, e si somigliano solo a causa dell’evoluzione convergente, dovuta a forze selettive simili.
Per esempio, i peli presenti in gruppi zoologici molto lontani evolutivamente quali mammiferi e insetti, sono il frutto dell’evoluzione convergente: sottoposti a condizioni ambientali simili, organismi anche molto diversi tra loro evolvono spesso delle strutture simili con funzione simile.
RIFERIMENTI
Storer, Usinger, Stebbins, Nybakken. Zoologia. Zanichelli.
D’Ancona. Zoologia. UTET.
un interessante sito con risposte semplici, ma in inglese, sulle scaglie dei pesci:
http://www.amonline.net.au/fishes/what/scales/
e sulle penne:
http://www.peteducation.com/article.cfm?cls=15&cat=1829&articleid=2776
interessantissime immagini delle sete dei gechi si possono vedere a questo indirizzo:
http://www.lclark.edu/~autumn/PNAS/
e sul sito dell’Università di Berkeley. Per visualizzare questa pagina andare sul sito dell’Università di Berkeley http://chemistry.berkeley.edu/index.html e Alisyn Nedoma con il motore di ricerca interno. Si troverà un link alla pagina: http://www.cchem.berkeley.edu/ ~npbgrp/alisyn/