Chi è stato a dare i nomi alle miriadi di stelle e pianeti conosciuti, e se un nuovo corpo celeste dovesse essere scoperto chi si occuperà di dargli un nome?

Sin dall’antichità varie popolazioni hanno iniziato a dare svariati nomi ai corpi celesti ed a quegli asterismi, poi confluiti nelle costellazioni, che le fantasie e le religioni li facevano accomunare per giustificare storie, personaggi o divinità.

Soprattutto le popolazioni arabe, che vivevano in zone desertiche con cieli puliti e notti buie, attribuirono nomi specifici alle stelle più luminose (Aldebaran, Mizar, Deneb…). Anche i greci, tradizionalenente un popolo di navigatori, coniarono diversi nomi per le stelle “fisse” che servivano loro per l’orientamento nelle navigazioni (Antares, Alcyone, Electra...) ed anche per quelle “erranti” come i pianeti. Da ultimo i romani, peraltro maggiormente interessati alle espansioni coloniali che agli studi astrali, che fecero proprie, ed a volte modificarono, varie denominazioni relative ai corpi celesti (Arcturus, Spica, Castor...).

Questo patrimonio di nomenclature è stato conservato fino ai tempi moderni e l’International Astronomical Union (IAU), il massimo organismo mondiale che raggruppa l’intero mondo astronomico ufficiale, ha mantenuto i più diffusi nomi relativi alle stelle maggiormente brillanti ed ai pianeti.

Per i nuovi oggetti che ancor oggi si scoprono vi è tutta una serie di modalità attributive dei nomi, sempre stabilite dall’IAU, per una semplice questione di uniformità e rispetto delle tradizioni.

Vediamo alcuni esempi:

– Asteroidi: il nome viene di regola assegnato su proposta degli scopritori e può riguardare personagi della passata mitologia (Ceres, Pallas, Athena…), della storia o, più semplicemente, di luoghi, fatti specifici, persone anche viventi in qualche modo legati al mondo astronomico (Bepicolombo, Maffei, Guidoni…);

-Comete: queste assumono il nome dello scopritore (West, Tempel, Hyakutake…) o degli scopritori in caso di separate ed idipendenti scoperte (Hale-Bopp, Comas-Sola, Schwassmann-Wachmann…);

-Nebulose: alcune portano semplicemente il nome dell’astronomo che per primo le ha identificate e studiate (Gum, Allen, Hubble…), altre la sigla di una survey all’interno della quale sono state catalogate (Sharpless, Cederblad, IRAS…), altre ancora sono state denominate per l’apparente -ma non sempre- somiglianza morfologica con animali od oggetti (Testa di cavallo, Tarantola, California, Rosetta…);

-Stelle: oltre ai nomi antichi, qualche altra stella scoperta in tempi recenti porta il nome dell’astronomo che l’ha intensamente studiata (Barnard, Van Maanen, Plaskett…).

Per altre classi di oggetti la nomenclatura segue regole pressochè esclusivamente legate alla posizione celeste (coordinate equatoriali o galattiche essenzialmente correlate all’equinozio 2000 -sigla J- o, fino a qualche anno fa, a quello del 1950 -sigla B-), come per le Pulsars (PSR 1921+20) o le Nebulose planetarie (PN G00.3+2.1), oppure al numero di serie in cataloghi misti (M87, NGC 7000, IC 1613…), o ancora seguendo una successione alfanumerica come per le stelle variabili (Z AND, V357 ORI, AM HER…) o le supernovae (SN 1987A, SN 2004bw…).

Al giorno d’oggi sono rarissimi i casi in cui l’oggetto scoperto venga comunemente identificato col nome dello scopritore: fra questi ricordiamo le due galassie Maffei, la galassia Malin1, la nebulosa McNeil, l’oggetto Sakurai e pochi altri .

La regola, invece, a motivo dei moltissimi oggetti catalogati in numerosi database, prevede quasi universalmente l’attribuzione di una sigla, anzichè un nome vero e proprio, composta da una prima parte correlata al catalogo di riferimento od allo strumento utilizzato per la sua scoperta e da una seconda parte che ne precisa le coordinate equatoriali legate all’equinozio di riferimento -ora J-: abbiamo così l’ammasso di galassie MS 1614.2+1654 o il quasar SDSS  J001422.7+641217 o la nana bianca WD 21237+4355.

Per concludere, e tornando alla prima parte della domanda formulata, diamo un piccolo suggerimento e cioè la lettura dell’originale libro di Richard Hinckley Allen dal titolo “Star Names, Their Lore and Meaning“, pubblicato diversi anni orsono dalla Dover Publications Inc. di New York e (forse) ancora disponibile presso l’editore della rivista americana Sky and Telescope o in qualche fornita libreria scientifica.