Gli audiofili sostengono che, in un impianto Hi-Fi stereo, l’adozione di particolari cavi di trasmissione del segnale tra i componenti di amplificazione ed i diffusori (detti “cavi di potenza”) consente di modificare la timbrica del suono riprodotto. A parte il fenomeno di schermatura da interferenze, questo accorgimento consente realmente di ottenere i benefici attesi ?”


Innanzitutto mi sembra doveroso partire dal modo in cui
il segnale audio viene trasmesso: esso viene codificato
sottoforma di segnale elettrico (normalmente tensione),
per cui al segnale musicale corrisponde un segnale di
tensione variabile nel tempo v(t).




Per poterlo ascoltare dobbiamo ricorrere ad un
apparecchio che trasformi la tensione in onde di
pressione (diffusori acustici, cuffie, ecc.).




Si intuisce che il volume e’ proporzionale alla potenza
del segnale elettrico, misurata in Watt.




Ora facciamo alcuni calcoli: se un diffusore necessita di
100 W per garantire un certo volume senza distorsione
l’amplificatore deve erogare tali Watt e trasmetterli
lungo i fili conduttori.


Se l’impendenza (consideriamola una pura resistenza) del
diffusore e’ di 4 Ohm, la corrente massima che
attraversera’ il circuito sara’ la radice quadrata di
100W/4Ohm, quindi 5 Ampere.

( P=V*I, V=R*I, P=R*I*I,
I=sqrt(P/R) ).

Una corrente di 5 Ampere richiede un cavo particolare per
garantire innanzitutto la sicurezza dell’impianto Hi-Fi
(i cavi si surriscaldano) e per una buona qualita’ del
segnale.

Concludendo, il problema maggiore in questo caso non e’
costituito dalla semplice schermatura dei cavi
(probabilmente le interferenze sulla linea saranno molto
inferiori ai 5 Ampere di segnale) ma alla capacita’ del
circuito di sopportare senza distorsioni una potenza
cosi’ elevata.

Ce ne rendiamo conto anche confrontando il cavo della
lavatrice con quello del caricabatterie: sono di spessore
diverso proprio per un problema di potenza sopportabile.