Ho sentito parlare di nuovi carburanti ecologici derivati da oli vegetali quale quelli di colza (diesteri dell’olio di colza) utilizzabili in alternativa al comune gasolio per autotrazione. Vorrei sapere per quali motivi (se ce ne sono) questo tipo di carburante non è stato introdotto in misura massiccia visti anche gli aumenti del prezzo del petroli. Inoltre vorrei sapere per quale motivo in italia non vengono sfruttati come componenti per le benzine gli alcooli che si possono ottenere per ossidazione dagli zuccheri.

Se non erro
l’olio di colza e’ stato conosciuto dal grande pubblico in seguito ad
alcune interviste radiotelevisive ed alla raccolta firme di Dario Fo e
Franca Rame sul sito http://www.francarame.it
In realta’ di sostituti del petrolio se ne parla da tempo, sia per utilizzi
energetici che come materia prima per l’industria plastica.

Di “stranezze”
italiane ce ne sono molte: dallo scooter a GPL (brevetto italiano, venduto
un po’ in tutto il mondo) che da noi non e’ omologato, alle varie manchevolezze
di cui ho parlato piu’ volte (si veda http://cure.freeweb.org).
I motivi per cui accadono queste cose (o meglio *non* accadono) sono i
piu’ disparati: da quelli che non si possono dire se non si hanno delle
prove concrete e non si vuole rischiare una denuncia per diffamazione,
al disinteresse della classe politica per questi temi, a ragioni piu’
strettamente tecniche e/o economiche.

In primo
luogo e’ importante premettere che un “combustibile vegetale” non necessariamente
e’ “meglio” dei derivati dal petrolio nell’uso pratico. L’utilizzo delle
biomasse (o dei loro derivati) ha un vantaggio innegabile: quello dell’azzeramento
delle emissioni di anidride carbonica (in quanto il carbonio emesso durante
la combustione e’ quello che la biomassa ha accumulato tramite il processo
di sintesi clorofilliana). Quindi sicuramente il loro utilizzo e’ molto
vantaggioso dal punto di vista della prevenzione dei cambiamenti climatici
globali che l’anidride carbonica sembra in grado di provocare. Ma per
quanto riguarda gli altri inquinanti (che sono poi quelli che causano
le morti citate nel sito di Franca Rame) non e’ detto che le cose vadano
cosi’ bene.

Non conosco
a fondo la tecnologia dell’utilizzo dell’olio di colza e quella degli
zuccheri per poter dare una risposta precisa, pero’ si possono fare delle
considerazioni di carattere generale.

1) Spesso
quando si parla di prezzi dei combustibili, si guardano i prezzi al consumo,
non quelli alla produzione. Se cosi’ fosse anche nel caso dei derivati
dell’olio di colza, il suo prezzo in caso di diffusione massiccia sarebbe
ben diverso e piu’ alto di quello di gasolio e benzina. Quello che voglio
dire e’ che benzina e gasolio (tolte le tasse) costano davvero poco (1)
e quindi i loro “concorrenti” hanno una vita molto difficile (2)

2) La maggior
parte dei combustibili non e’ inquinante, almeno da una (superficiale)
analisi teorica: la stessa benzina dovrebbe bruciare dando come gas di
scarico soltanto anidride carbonica ed acqua. Questo non accade sia perche’
per motivi tecnici vengono aggiunti degli additivi, sia perche’ in condizioni
pratiche di utilizzo vengono bruciati “contaminanti” del combustibile
e dell’aria che sarebbe meglio non ci fossero (per esempio l’azoto che
e’ presente nell’aria come circa il 70% viene trasformato nei famosi ossidi
d’azoto). Quindi bisognerebbe vedere se i test che ha superato l’olio
di colza sono sufficientemente “severi” e non dissimili dalle condizioni
di utilizzo pratico.

3) Se anche
i due punti precedenti fossero tali da spingere ad una diffusione di questo
carburante alternativo, l’immobilismo della rete di produzione/distribuzione
dei derivati del petrolio, e tante altre “piccole cose” fanno il resto
(come nel caso degli accorgimenti che il CURE http://cure.freeweb.org
cerca da tempo di promuovere)

Letture
suggerite:

Tillman
U.Gerngross, Steven C. Slater: Quanto sono verdi le plastiche verdi? LE
SCIENZE n. 386 ottobre 2000 ed in parte on line all’indirizzo: http://www.lescienze.it/specialarchivio.php3?id=1772

Colin J.
Campbell, Jean H. Laherrere: La fine del petrolio a buon mercato LE SCIENZE
n. 357 maggio 1998

(nota
1
) Le tasse sui combustibili, a mio avviso, sono molto vantaggiose
per diversi motivi. Il motivo principale e’ il fatto che, secondo accreditati
studi sociologici, all’interno di una societa’ umana, il tempo ed il costo
dedicati al trasporto in media sono indipendenti da fattori contingenti.
Come dire che le popolazioni nomadi impiegano lo stesso tempo e “spendono
tanti soldi” per il trasporto quanto tempo impieghiamo e spendiamo noi,
nella nostra societa’ tecnologica (ovviamente in media: ci puo’ essere
una grande differenza tra individuo ed individuo). Cosi’ un combustibile
meno costoso non si tradurrebbe in risparmio economico, ma solo nella
diffusione di veicoli che (a parita’ di prestazioni) consumano di piu’.
Ed in effetti il mercato dell’auto americano conferma questo fatto. Stando
cosi’ le cose, avere delle tasse sui combustibili permette di far si’
che, a parita’ di spesa per il consumatore, i consumi siano minimi. E
pertanto sarebbe bene introdurre tali tasse anche su eventuali “nuovi”
combustibili che si diffondessero sul mercato. Senza parlare dei problemi
che l’assenza di questo introito causerebbe al bilancio della Nazione.

(nota
2
) Le vicende di questi mesi, grazie al frequente interesse dei giornalisti
nelle riunioni dei petrolieri, dovrebbero aver chiarito anche al pubblico
uno dei compiti piu’ importanti dell’OPEC: mantenere il prezzo del petrolio
sufficientemente alto da far incassare loro buoni guadagni, ma sufficientemente
basso da scoraggiare la ricerca di soluzioni alternative (tra l’altro
si tratta di un obiettivo dichiarato esplicitamente dall’OPEC…)