Le scrivo in merito ad una constatazione fatta interessandomi alla fisica teorica e che desidero sottoporre alla sua cortese attenzione per avere il suo autorevole giudizio. Il paradosso dei gemelli, conseguenza della teoria della relatività ristretta, consiste nel fatto che due gemelli (o orologi sincronizzati) che partano con due astronavi in direzioni opposte a velocità relativistiche, ritenendo ognuno che l’altro sia in movimento, pretendono entrambi di trovare al loro successivo incontro l’altro più giovane di sé. Si sostiene comunemente che in realtà questo non sia un paradosso, poiché il principio di Mach, secondo il quale una simmetria non c’è perché ci si può riferire alle stelle fisse per rendersi conto delle curve o inversioni di marcia di uno o entrambi, ci permette di escluderlo. Ma tale principio non appare molto convincente, innanzitutto perché quelle che noi chiamiamo stelle fisse potrebbero essere un enorme insieme di stelle ma che è solo una piccola parte di tutto l’universo e che magari sta ruotando vorticosamente considerando in quiete il resto (mi sembra un sistema un po approssimativo) ma, soprattutto perché la teoria della relatività ha avuto il grande merito di mandare in soffitta il vetusto concetto di etere; orbene se per poterla applicare si ha bisogno di un sistema di riferimento assoluto (stelle fisse), si è solo fatto uscire l’etere dalla porta per farlo rientrare dalla finestra: essendo costretti a servirci delle stelle fisse noi ammettiamo uno spazio assoluto e quindi ammettiamo che esiste un sistema di riferimento privilegiato. Il punto è che per preservare la teoria della relatività da detto paradosso dobbiamo usare un sistema che annulla l’assunto fondamentale di tale teoria cioè che non esistono sistemi di riferimento privilegiati. Il principio più rigoroso per rompere questa pericolosa simmetria tra i due gemelli e quindi per confutare il paradosso dei gemelli, è quello per cui uno dei due, per poter incontrare di nuovo l’altro, deve curvare e raggiungerlo sottoponendosi ad accelerazioni che non gli consentono più di affermare di essere in quiete. Possiamo concepire una particolare situazione, però, per cui i due si rincontrano senza bisogno di accelerazioni di alcun tipo: la teoria della relatività generale prescrive che lo spazio può deformarsi, ad esempio nei pressi di un corpo di grande massa, ebbene se noi ipotizziamo una distribuzione di materia tale da giustificare una deformazione dello spazio che permetta alle due astronavi di incrociarsi nuovamente pur seguendo traiettorie rettilinee (è lo spazio ad essere curvo tanto da portare l’uno sulla strada dell altro), avremmo che nessuna accelerazione potrebbe più essere addotta a discriminante tra chi è in quiete e chi è in movimento. Ognuno potrà affermare di essere in quiete, non avendo mai effettuato curve o inversioni di marcia e non avendo, di conseguenza, risentito delle relative accelerazioni. Con ciò, a mio avviso, questo paradosso sarebbe realmente tale perché ognuno avrebbe percorso effettivamente uno spazio rettilineo senza mai risentire di alcun effetto di accelerazione e quindi entrambi potrebbero legittimamente considerarsi in quiete e conseguentemente considerare l’altro in movimento e pretendere di ritrovarlo più giovane al successivo incontro.

Il paradosso dei gemelli e’ formulato in relativita’ speciale e solo
in tale sede ha la sua sembianza di “paradosso”. In relativita’ generale
le cose sono diverse e ne parlero’ dopo.

In relativita’ speciale, se la si accetta, si assume che esistano dei
sistemi di riferimento privilegiati detti inerziali, ed e’ per tale motivo
che si parla di relativita’ “speciale”.Quindi NON e’ vero che assumere
l’esistenza dei sistemi di riferimento inerziali e’ contrario agli stessi
principi della relativita’ speciale. Le ragioni dell’esistenza di tali
sistemi non rientrano nella relativita’ speciale in cui vengono solo assunti
esistere per principio. Nell’ambito della relativita’ speciale la “soluzione”
del paradosso dei gemelli e’ quella citata: nel caso uno dei due gemelli
sia sempre in quiete in un sistema inerziale e l’altro non lo sia, allora
non c’e’ piu’ simmetria tra le due situazioni e al secondo incontro dei
due gemelli tale asimmetria si rivela nel fatto che i due gemelli hanno
eta’ diverse. Si badi bene che si potrebbe considerare, rimanenendo in
relativita’ speciale, una situazione di perfetta simmetria tra i due gemelli.
Possiamo pensare che in un fissato riferimento inerziale i due gemelli
siano inizialmente in quiete e poi si separino avendo la stessa velocita’
ed accelerazione (a parte i versi) in tale riferimento e, mantenendo la
stessa simmetria cinematica, ritornino ad incontrarsi in quiete nello
stesso riferimento inerziale considerato. In questo caso, facendo i calcoli,
si vede che i due gemelli avranno la stessa eta’ alla fine del viaggio,
come la logica comanda.

La precisazione seguente e’ importante volendo passare alla discussione
del problema in relativita’ generale. Il paradosso dei gemelli in relativita’
speciale puo’ essere discusso senza fare alcun riferimento ai sistemi
inerziali. Bisogna infatti notare che un oggetto in quiete in un sistema
inerziale della relativita’ speciale e’sempre in “moto geodetico” e viceversa.
I moti geodetici sono descritti da particolari linee nello spaziotempo
(a 4 dimensioni) dette geodetiche. Le geodetiche sono determinate dalla
geometria dello spaziotempo, che in relativita’ speciale e’ assunta data
senza precisarne le cause fisiche.

Si puo’ facilmente provare che, in relativita’ speciale, se due gemelli
sono tali che si distaccano e poi si incontrano e uno dei due ha seguito
un moto geodetico, allora non e’ possibile che l’altro abbia fatto altrettanto.
Questo perche’, nello spaziotempo della relativita’ speciale, tra l’evento
del distacco iniziale (punto nello spaziotempo) e l’evento dell’incontro
finale (altro punto nello spaziotempo) puo’ passare una ed una sola sola
geodetica, cosi’ come nello spazio euclideo tra due punti passa una sola
retta.

L’eta’ dei gemelli e’ misurata dagli orologi che ciascuno si porta dietro.
Il tempo misurato da tali orologi (tempo proprio) e’ dato dalla “lunghezza”
delle traiettorie nello spaziotempo (quindi linee in uno spazio a 4 dimensioni)
seguite dai gemelli. Nella geometria spaziotemporale della relativita’
le geodetiche hanno “lunghezza” massima (e non minima come nella geometria
euclidea). Di conseguenza il gemello che ha seguito una geodetica sara’
piu’ vecchio.

Nel caso in cui nessuno dei due gemelli ha seguito una geodetica, la
differenza di eta’, se c’e’ (e puo’ ancora esserci), dipende dal tipo
di curva seguita e deve essere calcolata caso per caso valutando la “lunghezza”
della curva spaziotemporale seguita da ciascuno dei due gemelli.

In relativita’ generale, non esistono piu’ i sistemi inerziali, tuttavia
esiste ancora la geometria dello spaziotempo e questa determina ancora
le geodetiche. I moti geodetici, separando lo spazio dal tempo, corrispondono
ai moti in caduta libera nel campo gravitazionale locale (che altro non
e’ che la geometria dello spazio-tempo).

Si noti che nella relativita’ generale, la geometria non e’ data a priori
come in relativita’ speciale, ma e’ determinabile, attraverso le equazioni
di Einstein, dalla distribuzione di masse presenti nell’universo. Cosi’,
in certe situazioni, per certe distribuzioni di masse si vede che in regioni
grandi, ma non infinite dello spazio(-tempo), che contengono poche masse,
la geometria imposta dalle masse presenti e’, con buona approssimazione,
quella della relativita’ speciale ed e’ causata dalle masse fuori da tale
regione: le “stelle fisse” del principio di Mach. Questa e’ solo una delle
possibili soluzioni, locali, delle equazioni di Einstein che rende conto
dell’esistenza (approssimata e locale) dei sistemi inerziali su grande
(ma non infinita) scala e che giustifica la parziale validita’ della relativita’
speciale e della meccanica classica.

Tornando al paradosso dei gemelli in relativita’ generale, possiamo
dire quasi le stesse cose che in relativita’ speciale nella formulazione
con le geodetiche. L’unica differenza e’ che puo’ accadere che ci siano
due eventi che possono essere connessi da due geodetiche diverse (si parla
di “punti focali”). In questo caso le geodetiche cessano di avere la proprieta’
di massimizzare la lunghezza e la situazione deve essere esaminata caso
per caso calcolando la “lunghezza” delle linee di universo seguite dai
gemelli. Prendendo pero’ eventi sufficientemente vicini (cioe’ viaggi
sufficientemente corti tra il distacco e l’incontro dei due gemelli) la
situazione e’ la stessa della relativita’ speciale: c’e’ una sola geodetica
che connette i due eventi e massimizza la lunghezza: il gemello in moto
geodetico sara’ alla fine piu’ vecchio dell’altro.