1 Premonizione.
La premonizione, così
espressa, è la capacità dei vulcanologi e dei geofisici
addetti al controllo e al monitoraggio dell’attività di
un vulcano, di prevedere con un certo anticipo una
eruzione. Ancora oggi i vulcanologi sono privi di
strumenti realmente efficaci nella previsione
dell’attività vulcanica, tuttavia lo studio del
comportamento del vulcano e l’analisi dei suoi gas e
dell’attività sismica possono costituire indizi utili
alla previsione, anche se non troppo precisa, di
un’eruzione.
Prima di una eruzione, la risalita di un magma verso la
superficie provoca una serie di fenomeni anomali che
possono essere rivelati da strumenti e attrezzature
apposite (parecchi vulcani vengono continuamente
sorvegliati in questo modo, per esempio il Vesuvio,
l’Etna, alcuni vulcani hawaiiani e giapponesi). In
particolare vengono seguiti i fenomeni di deformazione e
fratturazione delle rocce circostanti o costituenti
l’edificio vulcanico, l’aumento della temperatura
superficiale, la variazione chimica delle sostanze
volatili emesse, e persino le modificazioni del campo
magnetico.
Dall’uso di strumenti di rilevamento e di monitoraggio
dell’attività del vulcano, si passa a sistemi talvolta
poco scientifici, come lo studio del comportamento di
animali, soprattutto pesci e uccelli, nelle ore
precedenti un’eruzione. La scienza non ha ancora oggi né
smentito né tantomeno confermato questi fenomeni.
2 Esplosione
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La fase esplosiva di
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La miscela di magma e vapore,
sotto forma di minuscole particelle, acquista una
notevole energia nel risalire attraverso il condotto del
vulcano verso la superficie. Il magma estremamente
frammentato (a causa dell’esplosione delle bolle di gas
in esso contenuto) cede facilmente calore ai gas i quali
si dilatano isotermicamente, aumentando la velocità di
risalita della miscela magma-vapore. la velocità del
magma prima dell’uscita dal cratere è la somma della
velocità iniziale del magma acquistata già dopo la
risalita dalla camera magmatica, e della velocità
acquistata dal magma dopo la frammentazione e la
miscelazione con il vapore d’acqua (il volatile più
abbondante). La velocità dovuta alla frammentazione è
funzione della temperatura e della quantità di acqua
disciolta nel magma. Per esempio, un magma contenente il
5% di acqua può raggiungere una velocità finale
dell’ordine dei 500 metri al secondo.
In genere, affinchè abbia luogo una tipica eruzione
esplosiva sono indispensabili velocità finali del magma
superiori a 300 m/s e volumi di lava dell’ordine di
1000-2000 metri cubi/secondo.
La miscela di magma e gas viene eruttata e fuoriuscendo
dal cratere produce una colonna che si eleva anche per
chilometri al di sopra del vulcano. Prodotti di varia
dimensione, da pochi millimetri ad alcuni metri (bombe
vulcaniche) vengono eiettati sino a notevole distanza. I
prodotti più pesanti ricadono a breve distanza, seguendo
traiettorie balistiche legate unicamente all’energia di
eiezione. I prodotti più leggeri (pomici e ceneri)
vengono trasportati dalla colonna di vapore sino a
notevole altezza e distanza, in dipendenza anche dai
venti.
La colonna eruttiva che si produce assume una tipica
forma a forma di fungo, che può arrivare ad altezze
anche di 40-50 chilometri, e che può perdurare anche per
diverse ore.
In alcuni vulcani, soprattutto in quelli sottomarini,
l’ingresso di acqua attraverso fratture e spaccature
dell’edificio vulcanico può produrre esplosioni
estremamente potenti a causa della sovrapressione del
vapore causata al contatto di queste acque con il magma
(eruzioni freato-magmatiche).
3 deiezione
Il termine
“deiezione” nella sua accezione più comune in
geologia, indica un’azione di accumulo di materiali
detritici operata da acque correnti o dal vento, e non è
strettamente connessa con il vulcanismo. Il così detto
“cono di deiezione” non è un cono vulcanico,
bensì una struttura sedimentaria a forma di ventaglio
che si forma, in ambiente esogeno, dall’accumulo di
detriti in corrispondenza , per es. dello sbocco di un
corso d’acqua in una valle.
4 emanazione
Termine poco usato dai
geologi, che preferiscono il termine
“esalazione” per indicare, in vulcanologia,
l’emissione di vapori o di sostanze aeriformi in un’area
interessata da vulcanismo, attraverso condotti, fratture
o terreni permeabili. L’esalazione vulcanica è
un’attività piuttosto diffusa e si manifesta,
generalmente, nella fase di riposo (o di quiescenza) di
un vulcano. Tra le attività esalative più frequenti, le
fumarole, le solfatare (in passato sfruttate, specie in
Sicilia, per l’estrazione di zolfo nativo). Queste
esalazioni sono costituite prevalentemente da vapore
acqueo e biossido di carbonio, con minori quantità di
idrogeno solforato (H2S), acido cloridrico (HCl), NH4Cl e SO2 e tracce di altri elementi (arsenico,
ferro, elementi alcalini, ecc.).
L’attività esalativa segue in genere un’attività
parossistica (un’eruzione nel pieno della sua energia), e
talvolta costituisce l’unico indizio di attività di un
vulcano, anche per periodi molto lunghi.