Vorrei sapere se esistono delle stelle verdi, e se queste si possono trovare nella classe spettrale F.

Sappiamo esistere stelle che ci appaiono chiaramente rosse (Antares, Betelgeuse), arancioni (Arturo, Aldebaran), gialle (Capella), bianche (Vega), bianche azzurre (Rigel). Ma nessuna che appaia chiaramente verde. Da qui l’interesse della domanda.

La domanda è curiosa, e la risposta alquanto complessa, coinvolgendo diverse discipline – fisiologia e fisica, oltre naturalmente all’astronomia. Quanto esposto qui è frutto di qualche ora di ricerca, ma non v’è dubbio che la risposta qui esposta sia alquanto semplificata.

La risposta in breve è “no”. Cioè non esistono stelle che il nostro occhio percepisca come verdi. Per capire come mai questo succeda, dobbiamo ricordare che noi percepiamo i colori grazie a delle cellule specializzate della retina, i coni, che esistono di tre tipi diversi, assimilabili (grossolanamente) a sensori per i colori fondamentali (rosso, blu e verde) (vedi nota). I loro segnali elettrici vengono combinati nel cervello e interpretati come colori. Ciascun tipo di cono ha la propria risposta spettrale, e le tre combinate danno la risposta spettrale complessiva dell’individuo (leggermente variabile con l’età e da una persona all’altra). Questa frase contiene il clou della risposta. Un “colore” come noi lo percepiamo è il frutto della distribuzione spettrale della sorgente combinato (convoluto, per essere precisi) con la NOSTRA risposta spettrale.

Circa la curva di emissione spettrale di una stella, sappiamo che le stelle si comportano, dal punto di vista dell’emissione, in modo molto simile ad un corpo nero. In figura vediamo le curve di emissione, normalizzate, di Spica, del Sole e di Antares. Ricordiamo che il visibile va dai 3800 ai 7200 angstrom circa. Quindi Spica emette la maggior parte della sua energia nell’ultravioletto, Antares nell’infrarosso. Se una stella ha una temperatura superficiale tale per cui avrebbe il picco nel verde, semplicemente il nostro occhio percepisce quella emissione, convoluta attraverso la NOSTRA sensibilità, come bianco. Di fatto le stelle di tipo F dovrebbero essere quelle verdi, ma ci appaiono tra il bianco e il bianco giallastro (Procione, ad esempio).

Si pensi anche ad un pezzo di ferro che viene scaldato. Esso appare prima rosso cupo, poi rosso, poi arancio, giallo e infine bianco (non lo vediamo bianco azzurro semplicemente perché fonde prima, ma vediamo azzurro un arco voltaico, che è molto caldo). Il ferro passa dal giallo al bianco anziché al verde come farebbe se “risalisse” lo spettro perché la risposta spettrale dei nostri occhi, combinata con la sua curva di emissione, dà la sensazione che noi chiamiamo “bianco”.

Per un approfondimento si veda (in inglese): http://www.geocities.com/ariane1au/Page029b.htm.

In italiano, c’è un articolo su questo argomento sulla rivista Coelum di maggio 2005, dove si tratta anche l’aspetto storico del problema.

Su queste fonti si cita anche l’interessante possibilità che una stella doppia stretta con componenti di colore opportuno potrebbe apparire – se irrisolta – verde. Tuttavia non risulta nota una stella con le caratteristiche richieste.

Si noti che, in diverse stelle doppie composte da una stella rosso-arancio e una bianca più debole, la compagna può apparire verdognola. Tra queste ricordiamo le compagne di Antares (alfa Scorpii), Pulcherrima (epsilon Bootis), Zeta Lyr, Gamma Del e alfa dell’Ercole (forse la più facile da osservare). Tuttavia questo effetto è puramente di contrasto, e non denota un reale colore “verde” dell’astro.

NOTA 

La visione notturna è dominata da un altro tipo di cellule che tappezza soprattutto la zona periferica della retina, i bastoncelli, più sensibili alla luce ma che permettono una visione solo in bianco e nero. Ogni occhio ha circa 140 milioni di recettori luminosi e “lavora” a circa 6-8 immagini al secondo, quindi il nostro cervello compie un lavoro di elaborazione parallela notevole. Una tipica videocamera digitale lavora sì a 25 fps, ma su “appena” 800’000 punti-immagine, solo 1/50 circa del flusso dati di un solo occhio (il paragone è molto rozzo ma fa senz’altro riflettere).

Quando osserviamo in condizione di scarsa illuminazione funzionano soprattutto queste cellule non sensibili ai colori. E’ vero che con un telescopio posso raccogliere abbastanza luce da una stella in modo da stimolare i coni, ma sempre a livelli molto bassi, e quindi con bassa “risoluzione di colore”. Per inciso, per apprezzare meglio i colori delle stelle, meglio sfocare un poco l’immagine, in modo che la stella appaia come un minuto dischetto e non come un punto.