La classe III A del Liceo-Ginnasio “G. Fortunato” di Pisticci (MT) in riferimento al programma di astronomia che sta svolgendo, gradirebbe conoscere il perchè l’efficienza di assorbimento di uno spettro, è legata alle condizioni di pressione e temperatura. In particolare perchè le righe di assorbimento dello spettro di una stella forniscono indicazioni non solo sulla composizione chimica dell’involucro esterno, ma anche e soprattutto sulla temperatura e pressione dei gas che assorbono.

Se consideriamo
un solo atomo neutro isolato, esso possiede dei ben particolari livelli
energetici entro i quali gli elettroni possono “saltare” e lo spettro
di emissione è unicamente legato a tali livelli, che si possono calcolare
con le equazioni della meccanica quantistica e che rappresentano la “carta
d’identità” dell’atomo stesso.
Analogo
discorso si può fare per le molecole, pur di aggiungere l’ulteriore complicazione
che esse sono dotate pure di livelli energetici rotazionali e vibrazionali
e dunque di uno spettro più complesso.
Gli atomi ionizzati possiedono spettri differenti da quelli neutri, a
causa della differente energia di legame degli elettroni, provocata da
una più forte attrazione da parte del nucleo, una volta rimosso parte
dell’effetto schermante delle shell più interne.

Una prima
indicazione sulla temperatura della superficie stellare è proprio dato
(oltre che dallo spettro di corpo nero della fotosfera) dallo stato degli
atomi e delle molecole che vi si trovano: siccome generalmente l’energia
di legame delle molecole è relativamente debole e basta una temperatura
(cioè un’energia cinetica media) relativamente bassa per romperle, trovare
negli spettri stellari le “firme” di alcune molecole è un’indicazione
di una bassa temperatura, viceversa atomi più volte ionizzati possono
sussistere solo in condizioni di temperature elevatissime, in quanto è
necessario fornire un continuo apporto di grandi quantità di energia per
opporsi alla tendenza naturale degli atomi ionizzati a ricombinarsi con
gli elettroni.
Oltre a ciò, va tenuto conto che l’involucro stellare è costituito da
un gas formato da moltissimi atomi, e per lo più di specie diverse, pertanto
sussistono una serie di fenomeni concorrenti cui tenere conto.

Per cominciare,
ogni atomo eccitato possiede una certa probabilità di emissione spontanea
di un fotone, durante i processi di diseccitazione; tale probabilità è
uguale alla probabilità che il medesimo fotone venga riassorbito da un
altro atomo uguale, nel caso lo incontri sul proprio cammino. Questo già
ci da un’indicazione sulla densità del gas: se il gas è molto rarefatto,
quasi tutti i fotoni emessi avranno ottime probabilità di sfuggire all’esterno
senza essere riassorbiti, viceversa, se il gas è molto denso, quasi tutti
verranno riassorbiti da atomi vicini.
Nel primo caso si ha la comparsa di uno spettro di emissione, nel secondo
caso di uno spettro d’assorbimento perché il contributo netto del gas
alla luce totale emessa è quasi nullo, ed in più esso assorbe i fotoni
di energia opportuna dalla sottostante fotosfera.
Inoltre, in caso di densità elevate, il processo è complicato dal fatto
che vanno tenuti in considerazione fenomeni di collisione tra gli atomi.
Le collisioni tendono infatti a redistribuire le energie tra le diverse
specie atomiche, diseccitando in modo non radiativo gli atomi che hanno
assorbito fotoni e favorendo l’eccitazione, e dunque l’emissione ad energie
diverse, di atomi non eccitati radiativamente.
Alla redistribuzione energetica contribuiscono anche gli elettroni liberi.
Rendere conto in modo analitico di tutti questi fenomeni è impossibile,
tanto che essi vengono solitamente studiati mediante simulazioni al calcolatore,
ma risulta ciò nonostante possibile dedurre composizione, densità e temperatura
delle atmosfere stellari dalla semplice osservazione del loro spettro
e dal confronto con quanto calcolato nei modelli.