La domanda che pone è abbastanza ampia, ma cercherò di essere sintetica, il più possibile.
La teoria dell’evoluzione, concepita da Darwin un secolo e mezzo fa, fornisce una spiegazione della comparsa della molteplicità delle forme viventi. Secondo l’intuizione di Darwin, l’evoluzione è il risultato dell’azione della selezione naturale. Questa, a differenza della selezione artificiale guidata attivamente dagli allevatori, consiste in un processo puramente passivo in base al quale, all’interno di una popolazione con caratteri diversi, sopravvivono in media più frequentemente quegli individui che casualmente presentano caratteri più adatti all’ambiente. I caratteri di questi individui tendono di conseguenza ad essere trasmessi con più abbondanza alla discendenza. In definitiva, l’evoluzione consiste nell’accumulo graduale e selettivo degli adattamenti favorevoli a una popolazione in un determinato ambiente e nella graduale riduzione dei caratteri sfavorevoli. (Nelle piccole popolazioni può essere importante anche la deriva genetica casuale che porta alla fissazione di geni non vantaggiosi).
Chiavi del processo evolutivo sono la varietà dei caratteri all’interno delle popolazioni, la possibilità di comparsa di nuovi caratteri e la trasmissibilità di questi alla discendenza. Oggi sappiamo che i caratteri trasmissibili sono codificati nel patrimonio genetico di ciascun individuo. Per un genetista, l’evoluzione si può definire come il cambiamento delle frequenze degli alleli nel pool genetico di una popolazione, nel corso di numerose generazioni.
La possibilità che compaiano nuovi caratteri da sottoporre al vaglio della selezione è legata essenzialmente ai fenomeni di ricombinazione genica collegati alla riproduzione sessuale:
alla gamia la formazione di nuove coppie di cromosomi;
alla meiosi lo scambio di porzioni di cromosomi (crossing over) e il riassortimento indipendente dei cromosomi nelle meiospore;
alle mutazioni spontanee, particolarmente importanti nei procarioti dove non c’è riproduzione sessuale.
Negli eucarioti, le mutazioni possono consistere in cambiamenti di singole basi delle catene del DNA, di pezzi di cromosomi (inserzioni, duplicazioni, delezioni, inversioni), di cromosomi, di interi corredi cromosomici (come nel caso della poliploidia).
La sessualità è il fenomeno biologico per cui si attua lo scambio di materiale genetico tra individui diversi o, in alcuni casi, nello stesso individuo.
Per sessualità non devono essere considerate semplicemente le differenze fra i sessi; infatti, a prova di ciò, in svariate specie gli individui sono identici tra loro, mentre esistono e sono attivi moltissimi processi sessuali. La causa profonda del sorgere e dell’affermarsi della sessualità nelle sue varie forme è la possibilità che essa conferisce di scambiare materiale genetico tra individui assicurando con ciò una plasticità evolutiva del tutto unica, grazie ai moltissimi genotipi diversi che conseguono allo scambio di materiale genetico. Infatti, il profondo significato biologico della sessualità è quello di accrescere la produzione di diversi genotipi grazie alla ricombinazione del materiale genetico portato da individui diversi. Da ciò l’importanza della sessualità come fattore evolutivo: una specie a riproduzione sessuata è favorita nel corso dell’evoluzione per la plasticità del proprio patrimonio genetico, resa possibile dall’interscambio delle mutazioní occorse.
Una mutazione positiva in una specie a riproduzione asessuata resterà isolata all’individuo in cui è comparsa e ai suoi discendenti; in una specie sessuata può diffondersi nella popolazione con tutti i vantaggi evolutivi che conferisce. Da un punto di vita biologico è possibile distinguere organismi in cui si attuano processi protosessuali (coniugazione e transduzione batterica) da quelli in cui si ritrovano processi eusessuali. Negli organismi eusessuali la manifestazione più semplice della sessualità è la cosiddetta sessualità relativa, che si manifesta in certe alghe e in taluni funghi.
Negli organismi superiori, compresi molte alghe e funghi, si riscontrano tuttavia processi eusessuali veri e propri, in cui si ha uno scambio di materiale genetico e in cui è coinvolto tutto il genoma: pertanto i gameti sono orientati decisamente in senso maschile oppure femminile.
In tale situazíone, uno dei problemi più importanti è la determinazione del sesso. Tempo fa due erano le ipotesi a confronto: quella ambientale, o fenotipica, e quella genetica. Prove a favore della determinazione genetica del sesso furono ottenute con ricerche su Opbryotrocha puerilis, un verme marino ermafrodita (capace cioè di portare i gameti dei due sessi) che inverte il proprio sesso con il passare del tempo: i giovani sono maschi, i vecchi femmine. Compiendo una serie di incroci tra individui, maschi e femmine, che invertivano il sesso in età sempre più avanzate, fu possibile ottenere generazioni a sessi separati (che non invertivano più il sesso).
Questo fatto indica la presenza di una serie di geni sessuali portati da più cromosomi (detti autosomi) che, in base alla ripartizione nei vari individui, producono genotípi sessuali differenti. L’espressione di un blocco di geni mascolinizzante o femminilizzante in diverse età porta poi al fenomeno dell’inversione sessuale che si riscontra in Opbryotrocba.
La comparsa di specie a sessi separati, con cromosomi sessuali ben distinguibili gli uni dagli altri (detti eterocromosomi), si potrebbe far risalire a spostamenti di blocchi di geni sessuali su uno stesso cromosoma, con successiva perdita della possibilità di attuare il crossing over (scambio) in quel tratto cromosomico.
Cioè la diversificazione dei sessi può essere un fenomeno evolutivo: l’ermafroditismo sarebbe una condizione più primitiva del gonocorismo, situazione in cui gli individui sono portatori dei gameti di un solo sesso. In tal caso l’ambiente ha avuto una notevole importanza. In linea generale si può affermare che le specie, in cui la determinazione genetica del sesso è basata sui cromosomi sessuali, danno luogo alla formazione di due tipi di gameti.
Non avviene così per quelle in cui agiscono come determinanti più fattori autosomici: in tale condizione si formano più tipi di gameti, che portano la distinzione di specie a digametia sessuale e specie a plurigametia sessuale. Queste ultime sono più diffuse di quelle a digametia sessuale.
A questo indirizzo potrà trovare altre informazioni riguardo la riproduzione sessuale:
http://www.ilgrandeblu.it/curiosita.htm
it.wikipedia.org/wiki/Riproduzione
http://www.geocities.com/valestarplace/riproduzione.html
www.ips.it/scuola/ecocrea/st2_5.html
Cromosomi sessuali: