Che cos’è esattamente il cerchio trigonometrico? Come si usa?

Le funzioni trigonometriche

Iniziamo ricordando brevemente le definizioni di base della trigonometria. Ricordiamo che in matematica l’unità di misura che si preferisce usare per gli angoli è il radiante: data una circonferenza di raggio R qualsiasi centrata nel vertice dell’angolo considerato, la misura dell’angolo in radianti è per definizione il rapporto tra la lunghezza dell’arco che l’angolo sottende e il raggio R. Così, per esempio, un angolo giro (360°) corrisponde a 2 radianti, perchè l’arco sotteso è tutta la circonferenza che
è lunga 2R. Gli altri angoli si ricavano per proporzione: sempre per esempio, angoli di 30, 45, 60, 90 e 180 gradi corrispondono a  / 6,  / 4,  / 3,  / 2 e radianti rispettivamente.

Supponiamo che sia assegnato un angolo . Inizialmente, supponiamo per semplicità, che sia compreso tra 0 e  / 2: è allora possibile costruire un triangolo rettangolo avente come angolo al vertice. Nella figura qui sotto, evidenziamo tre di queste possibili costruzioni, avendo deciso di chiamare A il vertice dell’angolo (che quindi è vertice anche di tutti i triangoli rettangoli) e in ognuno dei triangoli rettangoli così costruiti, indicando con k = 1, 2, 3 le varie costruzioni, di chiamare
Bk il vertice corrispondente all’angolo retto e Ck il vertice rimanente.


Figura 1. Diverse
costruzioni di triangoli rettangoli.

Dall’esame della figura è possibile accorgersi che i tre triangoli così costruiti hanno perimetri e aree diversi tra loro,
ma che sono tra loro simili. Questo significa che date due qualsiasi costruzioni h i k si hanno le proporzioni

ABh : ABk = ACh : ACk = BhCh : BkCk,

e, in particolare, i rapporti
ABk / ACk,
ABk / BkCk e
ACk / BkCk non
dipendono dalla costruzione k scelta. Questo fa sì che se siamo interessati soltanto al rapporto tra le lunghezze di due lati di un triangolo rettangolo avente come angolo al vertice, possiamo limitarci a considerarne una qualsiasi particolare costruzione, che riportiamo nella figura 2 qui sotto. Decidiamo inoltre, per semplicità di notazione e seguendo una convenzione molto usata in trigonometria, di indicare con a, b e c le lunghezze dei tre lati opposti ai tre vertici A, B e C rispettivamente.


Figura 2. Una
costruzione particolare.

Osserviamo ora che date tre grandezze a, b e c, esse possono essere confrontate a due a due in sei modi diversi
(considerando anche l’ordine). Questi sei modi corrispondono precisamente alle sei funzioni trigonometriche fondamentali; in dettaglio:

 

  • il rapporto a / b (tra la lunghezza del cateto opposto ad e la lunghezza dell’ipotenusa) è detto seno di , e si scrive sen() := a / b;

  • il rapporto a / c (tra la lunghezza del cateto opposto ad e la lunghezza del cateto adiacente ad ) è detto tangente di , e si scrive tg() := a / c;

  • il rapporto b / a (tra la lunghezza dell’ipotenusa e la lunghezza del cateto opposto ad ) è detto cosecante di , e si scrive csc() := b / a;

  • il rapporto b / c (tra la lunghezza dell’ipotenusa e la lunghezza del cateto adiacente ad ) è detto secante di , e si scrive sec() := b / c;

  • il rapporto c / a (tra la lunghezza del cateto adiacente ad e la lunghezza del cateto opposto ad ) è detto cotangente di , e si scrive ctg() := c / a;

  • il rapporto c / b (tra la lunghezza del cateto adiacente ad e la lunghezza dell’ipotenusa) è detto coseno di , e si scrive cos() := c / b.

 

 

Con angoli maggiori di  / 2 non è più possibile pensare alla costruzione di un triangolo rettangolo. È però possibile generalizzare quanto detto sopra considerando un qualsiasi punto Ck su una delle due semirette che delimitano l’angolo e
chiamando Bk la sua proiezione sulla retta individuata dall’altra semiretta. Inoltre, per convenzione, si decide di dare segno
negativo alla lunghezza di ABk se il punto Bk non appartiene alla semiretta che individua l’angolo ; analogamente, si decide che la lunghezza di BkCk abbia segno uguale o opposto a quello della lunghezza di ABk a seconda che il segmento BkCk sia interno o esterno all’angolo stesso. Vediamo che, per esempio, nel caso 0 <  <  / 2 (si veda la figura 2) abbiamo che Bk appartiene alla semiretta che individua , quindi ABk > 0, e che BkCk è interno all’angolo , quindi la sua misura ha lo stesso segno di quella di ABk: BkCk > 0. Vediamo anche altri due esempi.

 


Figura 3a. I
punti Bk cadono al di fuori delle semirette che delimitano l’angolo e BkCk è interno all’angolo, quindi ABk < 0 e BkCk < 0.


Figura 3b. I
punti Bk cadono sulle semirette che delimitano l’angolo e BkCk è esterno all’angolo, quindi ABk > 0 e BkCk < 0.

Con queste convenzioni, si possono definire le funzioni trigonometriche esattamente come visto sopra.

 

La circonferenza goniometrica

Osserviamo che sia sen() = a / b sia cos() = c / b esprimono il rapporto tra la lunghezza di un cateto e quella dell’ipotenusa. L’idea che porta alla costruzione della circonferenza goniometrica è allora che se l’ipotenusa ha lunghezza unitaria, numericamente si ha sen() = a e cos() = c.

Supponiamo quindi di fissare una volta per tutte una semiretta con origine in A dalla quale penseremo che “partano” tutti gli angoli che consideriamo; costruiremo poi i triangoli rettangoli in modo tale che la loro ipotenusa AC abbia lunghezza 1. Ciò significa precisamente che il punto C appartiene alla circonferenza di centro A e raggio 1. Se a questo punto “immergiamo” questa circonferenza in un sistema di riferimento cartesiano in modo che l’asse x coincida con la semiretta “fissata”, è immediato rendersi conto che le coordinate del punto C sono precisamente (cos(), sen()). Sempre nello stesso sistema di riferimento, disegniamo le rette di equazione y = 1 e x = 1 (cioè le rette rispettivamente orizzontale e verticale che siano tangenti alla circonferenza nei punti appartenenti ai semiassi positivi) e chiamiamo S e T i loro rispettivi punti di intersezione con la retta AC. Per similitudine dei triangoli rettangoli così ottenuti, si capisce che S = (ctg(), 1), T = (1, tg()) e, inoltre,
AS = csc() e AT = sec().


Figura 4.
Circonferenza goniometrica: costruzioni di base e relazioni fondamentali.

Vale la pena di notare, a giustificazione delle denominazioni “tangente”, “cotangente”, “secante” e “cosecante”, che i tali funzioni hanno anche un altro significato grafico sulla circonferenza goniometrica. Si tracci la tangente alla circonferenza nel punto C: essa interseca i due assi coordinati in due punti T’ e S’. È immediato verificare allora che CT’ = QT (la tangente),
CS’ = PS (la cotangente), AT’ = AT (la secante) e AS’ = AS (la cosecante).


Figura 5.
Significato geometrico di tg, ctg, sec e csc.

Lasciamo al lettore il compito di verificare che effettivamente questo modo di lavorare con la circonferenza goniometrica
rispetta le convenzioni sui segni che abbiamo visto in precedenza. Vale inoltre la pena di notare che l’equazione della circonferenza unitaria nel piano cartesiano è x2 + y2 = 1:
ricordando che le coordinate x e y sono numericamente pari al seno e al coseno dell’angolo rispettivamente, tale equazione corrisponde alla relazione fondamentale della trigonometria sen2() + cos2() = 1.

 

Uso della circonferenza goniometrica

Non è possibile riassumere in poche righe tutti i possibili usi della circonferenza goniometrica. In generale, possiamo dire che essa può essere impiegata in tutte le situazioni nelle quali può essere un “vantaggio” visualizzare in modo grafico le relazioni con le quali ci stiamo confrontando. La capacità di decidere quando questo è un vantaggio o uno svantaggio, come spesso succede, dipende in modo molto consistente dall’esperienza: il consiglio è allora quello di provare ogni volta a applicare più di un metodo alla soluzione di un problema, in modo da poter verificare con mano quale dei metodi scelti è il più comodo. Qui, accontentiamoci di esporre qualche esempio.

 

  • Supponiamo di dover risolvere una (dis)equazione semplice in
    sen(), come per esempio sen( 1 / 2. Ricordiamo che il seno corrisponde alla
    coordinata y del punto considerato sulla circonferenza goniometrica:
    stiamo allora cercando i punti della circonferenza la cui coordinata y
    è maggiore di 1 / 2, cioè che si trovano al di sopra
    della retta di equazione y = 1 / 2. Tali punti
    sono evidenziati graficamente nella figura qui di fianco, colorando in rosso
    l’arco di circonferenza che corrisponde ai punti “buoni”.


    Si nota dalla figura (e in base a alcune considerazioni geometriche elementari) che gli angoli utili sono quelli
    compresi tra i 30° e i 150°, cioè tra  / 6 e 5 / 6. Ricordando che il seno è una funzione periodica, si può allora concludere che la soluzione della disequazione considerata è  / 6 + 2k    5 / 6 + 2k.

  • Supponiamo ora, in modo del tutto analogo, di avere una
    disequazione semplice in cos(), come
    per esempio cos( -1 / 2. Ricordiamo che il
    coseno corrisponde alla coordinata x del punto considerato sulla
    circonferenza goniometrica: stiamo allora cercando i punti della circonferenza
    la cui coordinata x è maggiore di -1 / 2, cioè
    che si trovano alla destra della retta di equazione
    x = -1 / 2. Tali punti sono evidenziati
    graficamente nella figura qui di fianco, colorando in rosso l’arco di
    circonferenza che corrisponde ai punti “buoni”.


    Si nota dalla figura (e in base a alcune considerazioni geometriche elementari) che gli angoli utili sono quelli
    compresi tra i -120° e i 120°, cioè tra -2 / 3 e 2 / 3. Ricordando che il coseno è una funzione periodica, si può allora concludere che la soluzione della disequazione considerata è -2 / 3 + 2k    2 / 3 + 2k.


  • Il caso in cui le disequazioni coinvolgano la tangente o la cotangente sono
    appena appena diversi, ma per nulla più complicati. Supponiamo, per
    esempio, di voler risolvere la disequazione ctg( 1 / .
    Ricordiamo che la cotangente corrisponde alla coordinata x del punto di
    intersezione tra la semiretta che identifica l’angolo e la tangente
    orizzontale alla circonferenza goniometrica: stiamo allora cercando i punti
    della circonferenza tali da individuare intersezioni con tale tangente che
    stiano a sinistra della retta di equazione
    x = 1 / .
    Nella figura qui di fianco, i punti “buoni” sulla retta sono stati evidenziati
    ingrossando la semiretta individuata dalla condizione x  1 / ; i punti corrispondenti sulla circonferenza sono stati evidenziati colorando in rosso l’arco da essi costituito.


    Si nota dalla figura (e in base a alcune considerazioni geometriche elementari) che gli angoli utili sono quelli
    compresi tra i 60° e i 180°, cioè tra  / 3 e , e quelli compresi tra i 240° e i 360°, cioè tra 4 / 3 e 2. Ricordando che il coseno è una funzione periodica, si può allora concludere che la soluzione della disequazione considerata è  / 3 + k     + k.

 

Questi tre esempi si riferiscono soltanto a usi elementari della circonferenza goniometrica. Per farne un altro senza troppo dispendio di parole, si pensi per esempio che la disequazione sen() + cos( 1 si può studiare come intersezione della
circonferenza goniometrica con il semipiano che sta sotto la retta x + y = 1, cioè con il sempiano y  –x + 1. Lasciamo al lettore il compito di verificare che ciò identifica immediatamente la soluzione  / 2 + 2k    2 + 2k.

 

Conclusioni

Ripetiamo che non è possibile sperare di dare, in uno spazio ragionevole, un’idea completa e dettagliata di tutti i possibili usi della circonferenza goniometrica. Questa breve introduzione si proponeva quindi semplicemente di darne una presentazione superficiale giustificandone la correttezza (cosa che abbiamo visto considerando i triangoli rettangoli con ipotenusa lunga 1) e
evidenziandone le relazioni più importanti.

In realtà, la cosa veramente importante da osservare è che l’introduzione della circonferenza goniometrica permette di instaurare una corrispondenza biunivoca tra angoli compresi tra 0 e 2, da un lato, e punti della circonferenza goniometrica dall’altro. È tramite questa corrispondenza che si identificano, per esempio, il coseno di un certo angolo con la coordinata x di un certo punto sulla circonferenza, e così via. In questo modo, la circonferenza goniometrica diventa uno strumento aggiuntivo per “visualizzare” le costruzioni che stanno alla base della trigonometria e, quindi, dà la possibilità di studiare
alcune relazioni geometriche o algebriche tra funzioni trigonometriche usando termini e strumenti della geometria analitica.

Si pensi che anche la geometria analitica, in piena analogia, permette di tradurre concetti della geometria classica in relazioni algebriche tra numeri reali: insomma, la ricerca di “trucchi” per fare in modo che concetti appartenenti a un certo ambito vengano tradotti in qualche altro ambito fa parte dei modi di procedere tipici della matematica.