Vorrei sapere che cosa significa “componenti dello spettro soft e hard” in riferimento allo spettro di potenza dei quasar.


La luce, e in più in generale la radiazione elettromagnetica,
viene classificata in base alla sua frequenza o, equivalentemente, alla
sua lunghezza d’onda (a grandi frequenze corrispondono lunghezze d’onda
più corte, e viceversa). L’occhio umano riesce a percepire una
frazione molto limitata delle possibili frequenze, ma lo spettro
elettromagnetico è in realtà molto più ampio. I
termini hard e soft sono generalmente utilizzati dagli
astronomi proprio per classificare la frequenza della radiazione: fotoni
hard corrispondono a frequenze più elevate, fotoni soft indicano
frequenze minori (o lunghezze d’onda maggiori). Questa definizione
è in realtà un po’ ambigua, in quanto lascia imprecisato
il valore assoluto delle frequenze in questione (è un concetto
comparativo). Il contesto più comune in cui questa terminologia
viene utilizzata è l’astronomia di alta energia, cioè
quella che studia la radiazione X e gamma degli oggetti astronomici
(frequenze superiori a circa 1016 Hz, ossia 500 volte quelle
della luce visibile). Ad esempio, nella regione occupata dai raggi X (da
1016 a 1019 Hz) si considera la regione soft fino
a circa 1017 Hz, e la regione hard al di sopra di
1018Hz. In italiano, i due termini si rendono solitamente con
duro (hard) e soffice (soft).

I quasar, appartenenti alla classe più generale degli AGN
(nuclei galattici attivi), sono oggetti astronomici estremamente
luminosi, che emettono radiazione elettromagnetica sull’intero
spettro. La figura mostra uno spettro tipico di un quasar nella banda X,
ovvero la distribuzione dell’energia emessa in funzione della frequenza;
in ascissa è indicata l’energia dei fotoni, quantità che
risulta proporzionale alla loro frequenza (1 KeV corrisponde a circa
2×1017 Hz). Sono mostrate le diverse componenti
necessarie a descrivere lo spettro osservato. Ciascuna componente
è il risultato di un diverso meccanismo di emissione, oppure
proviene da una porzione diversa della sorgente.

Anche se la figura può apparire complicata, la parte di alta
energia (frequenze maggiori di circa 1 keV) è descritta bene da
una singola componente predominante (che segue una legge di potenza:
power law), con l’aggiunta di tre emissioni minori (gli warm absorbers,
la riga del ferro, o Iron line, ed il continuo di riflessione). Al
contrario, al di sotto di 0.5-0.7 keV è presente un’emissione
piuttosto intensa che si discosta nettamente dall’andamento ad alta
energia. Questa componente viene chiamata “soft X-ray excess” (eccesso
nella regione X soft).

La presenza di differenti componenti è un utile strumento per
indagare la struttura della sorgente che emette. Ciascuna emissione ci
fornisce informazioni su un certo aspetto dell’oggetto studiato, ed
unendo tutte le deduzioni si riesce a ricostuirne il funzionamento
complessivo. In particolare, si pensa che l’emissione dei quasar sia
dovuta al rilascio di energia da parte di materiale che cade
spiraleggiando su un buco nero di massa enorme (fino a 1 miliardo di
volte la massa del sole). L’emissione della componente hard sarebbe in
questo modello prodotta da un gas di elettroni estremamente caldo, che
circonda la materia che sta cadendo nel buco nero. Gli elettroni in
questo caso possono interagire con i fotoni emessi dalla materia in
caduta, cedendo loro energia tramite collisioni ripetute. Questo
meccanismo è chiamato emissione per effetto Compton inverso.

Al contrario, non è chiaro cosa produca la componente
soft. Una possibile ipotesi è che non sia altro che l’emissione
termica da parte della materia che cade nel buco nero. Tutti i corpi, ad
una certa temperatura, emettono radiazione (detta termica o di corpo
nero), la cui frequenza di emissione cresce all’aumentare della
temperatura del corpo (ad esempio, un ferro rovente brilla di luce
rossastra, mentre a temperatura ambiente i corpi emettono raggi
infrarossi, invisibili all’occhio umano). Per produrre radiazione X, la
materia emittente dovrebbe essere quindi estremamente calda (questo
però non è facile da spiegare, e getta dubbi su questa
ipotesi). Alternativamente, l’eccesso soft potrebbe essere il risultato
della fusione di un gran numero di righe di emissione. Le righe di
emissione sono prodotte da atomi che emettono fotoni a una frequenza ben
precisa, producendo uno spettro in cui gran parte del flusso è
concentrato attorno a quella frequenza (un esempio lo si vede anche in
figura, con la riga del ferro, Iron Kα line). Se però
esistono atomi diversi che emettono moltissime righe di frequenza
simile, è possibile che tutte le righe si confondano in un’unica
componente, anche perché la capacità dei rivelatori X di
distinguere frequenze diverse non è particolarmente buona.

Per concludere, segnalo che i risultati delle osservazioni più
recenti (ultimi anni) hanno mostrato che l’importanza del soft X-ray
excess è minore di quanto ritenuto in precedenza.