Dovendo clorare dell’acqua proveniente da un impianto biologico di depurazione, utilizzo ipoclorito di sodio. Quali sono i parametri che devo considerare (es. mc acqua da trattare, tempi di permanenza, concentrazione dell’ipoclorito, ecc…)?e’ possibile avere qualche esempio di calcolo? grazie.

La disinfezione tradizionale delle acque tramite
ipoclorito di sodio dà luogo alla formazione di sottoprodotti
potenzialmente dannosi per l’ambiente, es. le cloroammine, composti
tossici verso diversi organismi acquatici anche a concentrazioni molto
basse, inferiori a 0,1 ppm. Tutto ciò, avviene soprattutto in presenza di
un alto contenuto di sostanze organiche come si verifica, ad esempio, in uscita dai
depuratori. Si tende quindi a sperimentare ed utilizzare nuove tecniche di
sterilizzazione delle acque potabili e dei reflui urbani derivanti dai
depuratori, come quello basato sull’utilizzo di ozono o raggi
ultravioletti anche alla luce del recepimento della direttiva n. 98/83/CE
in materia di disciplina delle acque destinate al consumo umano.

La nuova frontiera della depurazione delle acque
di scarico sembra essere la purezza batteriologica. Infatti, se gli
effetti della legge Merli sugli standard delle acque superficiali appaiono
evidenti dal punto di vista della qualità chimica, che dal 1982 ad oggi è
molto migliorata, altrettanto non può dirsi per la purezza batteriologica.
La normativa costituita dal D.Lgs. n. 152/1999 IMPONE CHE TUTTE LE ACQUE IN
USCITA DAI TRATTAMENTI DI DEPURAZIONE DEI REFLUI URBANI SIANO
CONVENIENTEMENTE TRATTATE, FINO A RICONDURRE LA CARICA DEI BATTERI
INDICATORI DI CONTAMINAZIONE FECALE, AL DI SOTTO DI LIMITI MOLTO
RISTRETTI, in questo caso “trattare” significa “disinfettare”.

Per antica tradizione al termine “disinfezione
delle acque” si associa l’impiego dell’IPOCLORITO DI SODIO – NaClO, che
rimane la sostanza più utilizzata in Italia (58% dei reagenti utilizzati
nella disinfezione delle acque potabili in Italia, 33% il diossido di
cloro, poi altri a percentuali nettamente più basse, quali ozono, cloro
gassoso, permanganato e raggi U.V.).

Per la disinfezione delle acque potabili la norma
UNI EN 805 “requisiti per i sistemi di approvvigionamento acque” prevede
l’ipoclorito di sodio tra i prodotti chimici raccomandati per la
disinfezione dei sistemi di distribuzione dell’acqua con una
concentrazione max. di 50 mg/litro (50 p.p.m.). Le soluzioni commerciali di
ipoclorito di sodio usate per la clorazione hanno una percentuale tra il
12 e il 14% in volume, pari a circa il 10% in peso di cloro attivo (la
normale candeggina ne contiene il 5%). Il DPR 24.05.88 n. 236, allegato 1,
tabella c, (parametri concernenti sostanze indesiderabili), punto 41
(cloruro residuo libero) indica:

qualora sia necessario un trattamento di
clorazione dell’acqua, è consigliabile che, al punto di messa a
disposizione dell’utente, nell’acqua si abbia un valore di 0,2 mg/l di
cloro. Per ottenere i parametri di legge, tenendo conto della diluizione
commerciale, occorrerebbe dosare l’additivo a 2mg/l (2 p.p.m.), considerando che le soluzioni di
ipoclorito perdono spontaneamente il titolo in cloro attivo e quindi
devono essere impiegati dosaggi progressivamente superiori per avere al
rubinetto la misura dei 2 mg/l. L’ipoclorito impiegato deve essere
conforme alle norme UNI EN 901:2002.