Per quanto possano sembrare rivoluzionarie le leggi della meccanica quantistica, e in seguito le teorie di campo quantizzato, non sono in contrasto con le leggi della fisica classica, anzi in un certo senso le confermano.
La trattazione classica dell’elettromagnetismo considera i campi elettromagnetici come delle entità continue, che soddisfano alle equazioni di Maxwell, e in particolare la legge di Poynting per la potenza trasmessa da un’onda elettromagnetica.
La fisica quantistica ha rivelato invece che i campi elettromagnetici sono in realtà quantizzati, tuttavia le differenze rispetto alla trattazione classica si presentano quando si vanno ad indagare fenomeni per i quali la granulosità delle grandezze assume valori significativi: ad esempio per i casi in cui il numero di fotoni sia limitato cioè a basse intensità o ad alte frequenze.
Recenti esperimenti sono riusciti ad evidenziare comportamenti tipicamente quantistici anche per grandi numeri di fotoni, sfruttando il fenomeno della correlazione quantistica.
Esempio numerico:
un’onda elettromagnetica descritta in modo classico trasporta una densità di potenza data dalla legge di Poynting
P = E x B
dove P è il vettore di Poynting, E è il vettore campo elettrico e B è il vettore induzione magnetica.
Quantisticamente essa è composta da un flusso di fotoni, ognuno di energia hf, con h costante di Planck (pari a 6.62·10-34Js) ed f è la frequenza; è chiaro quindi che a parità di potenza trasmessa un’onda con frequenza maggiore avrà un minore numero di fotoni al secondo, perché ognuno di essi trasporta più energia.
Una lampada da 40 W alla lunghezza d’onda di 5000A emette 1020 fotoni al secondo.
Per avere la stessa potenza, un’onda radio a 1 GHz deve essere composta da 6·1025 fotoni al secondo. Al contrario occorrono solo 25·1010 raggi gamma cosmici con energia 1GeV per avere la stessa potenza.