A quale distanza si devono trovare due galassie affinché l’attrazione gravitazionale e la repulsione dovuta all’energia oscura si facciano equilibrio? Grazie.

           

                     Il modello standard della cosmologia contemporanea, il cosiddetto “modello di concordanza”, afferma che la densità di energia attuale dell’Universo è dominata da forme esotiche di materia e energia, la cui natura costitutiva rimane ancora da acclarare. Le valutazioni più recenti del contenuto energetico complessivo dell’Universo, ottenute incrociando i dati osservativi relativi alle supernovae IA ad alto redshift, alle anisotropie di temperatura della radiazione di fondo e alla dinamica delle galassie negli ammassi di galassie, stimano che il 96% circa del contenuto energetico complessivo dell’Universo sia sottoforma di “energia oscura” (73%) o “materia oscura” (23%), con il restante 4% appena attribuibile alla materia ordinaria, quella composta di protoni, neutroni ed elettroni, che forma la parte visibile delle galassie, le stelle e i pianeti.

Come è noto dalla fine degli anni ’20 del secolo scorso, in seguito al lavoro pioneristico di Edwin Hubble sui redshift delle “nebulose spirali”, l’Universo è in espansione: due qualsiasi oggetti cosmici sufficientemente distanti si allontanano reciprocamente con velocità direttamente proporzionale alla distanza che li separa (legge di Hubble). L’espansione cosmologica, com’è implicitamente sottinteso nella domanda, diventa tuttavia efficace solo oltre una ben determinata scala di distanze, al di sotto della quale dominano gli effetti attrattivi generati dalle specifiche distribuzioni di materia e energia proprie dell’Universo locale.

Il calcolo teorico della distanza limite che separa la zona dominata dagli effetti dinamici locali da quella assoggettata all’espansione globale si ottiene uguagliando (in modulo) le forze teoriche, attrattiva (gravitazionale) e repulsiva (dovuta all’energia oscura) agenti su una galassia arbitraria posta a una distanza incognita R da un osservatore “tipico” O (privo di moti propri apprezzabili rispetto al flusso di Hubble). Il valore della distanza limite cercata non è in realtà univoco, poiché dipende criticamente dall’effettiva distribuzione di materia ed energia nello spazio vicino all’osservatore.

Nel caso, relativamente semplice ma piuttosto irrealistico, proposto nella domanda si ipotizza la presenza di due galassie isolate in una zona di spazio priva di altra materia (ma pervasa di energia oscura). Per fissare le idee collochiamo l’origine O del riferimento nella più massiccia delle due galassie, la cui massa supporremo all’incirca circa uguale a quella della Via Lattea (M = 6•1011 Mסּ), attribuendo alla galassia di prova una massa indefinita Mg < M.

La forza attrattiva tra le due galassie è espressa dalla legge di gravitazione universale di Newton:

 
FN = (G•M•Mg)/R2      (1).
 
La valutazione della forza repulsiva dovuta all’azione dell’energia cosmica, che supporremo distribuita omogeneamente in tutto lo spazio con valore
 
ρΛ  =  0,73•ρc (to)  =  0,73•(9,2•10-30) g/cm3 = 6,7•10-30 g/cm3     (2)
 
(avendo assunto la costante di Hubble Ho = 70 km/(s•Mpc) = 2,27•10-18 s-1 ),
 
si effettua a partire dall’equazione della forza di Friedmann, che regola la dinamica di un Universo omogeneo e isotropo in espansione nell’ambito della teoria della Relatività Generale (l’apice ” indica la doppia derivazione rispetto al tempo):
 
R’’/R = -(4•π•G/3) •(ρΛ + 3•PΛ/c2)     (3);
 
moltiplicando entrambi i membri della (3) per il termine Mg•R e tenendo conto dell’equazione di stato dell’energia oscura,
 
PΛ = –ρΛ •c2      (4),
 
si ottiene la forza repulsiva cui è soggetta la galassia di prova:
 
FΛ = Mg•R’’ = -(4•π•G/3) •(-2•ρΛ) •Mg•R = (8•π•G/3) •Mg•ρΛ •R      (5).
 
Uguagliando la (1) e la (5) deduciamo, con semplici passaggi algebrici, il valore cercato per R:
 
R = (3•M/(8•π•ρΛ))1/3 = 2,82•1024 cm = 0,92 Mpc      (6)  
 
che risulta, come atteso, indipendente dalla massa della galassia di prova.   

Il risultato fornito dalla (6) deve essere considerato in realtà come un limite inferiore, poiché gli studi sulla distribuzione spaziale delle galassie mostrano chiaramente che la grande parte di esse non sono isolate ma raggruppate in conglomerati gravitazionalmente legati (gruppi e ammassi), costituenti le unità di base di strutture cosmiche di dimensioni ancora maggiori.

Un importante teorema dovuto al matematico statunitense George Birkhoff, che generalizza nell’ambito della Relatività Generale un precedente risultato ottenuto da Newton per la teoria classica della gravitazione, consente di allargare l’analisi quantitativa del problema posto nella domanda al caso di strutture cosmiche complesse. Tale teorema afferma che data una qualsiasi distribuzione di materia e energia avente simmetria sferica attorno a un punto O, preso come origine, il campo di forze agente a distanza R è determinato unicamente dai contributi provenienti dalla zona di spazio interna alla sfera di centro O e raggio R, mentre l’effetto della materia e dell’energia presenti nello spazio esterno (a distanza r > R) è nullo. Sebbene non sia sempre vero che la distribuzione di materia e energia attorno al centro di massa di un gruppo o di un ammasso di galassie abbia simmetria sferica, possiamo assumere, almeno in prima approssimazione, che tale ipotesi sia generalmente realizzata e utilizzare ancora le equazioni (1), (5) e (6) nella stessa forma scritta sopra, pur di sostituire in tutte le espressioni al posto di M il valore della massa complessiva della struttura presa in esame.

L’applicazione di questo procedimento al Gruppo Locale, per il quale si stima una massa complessiva M ~ 1,3•10^12 Mסּ , fornisce il valore RGL ~ 1,2 Mpc, in buon accordo con il valore (1 Mpc < R < 2 Mpc) dedotto recentemente da accurate osservazioni, effettuate con il telescopio spaziale Hubble (Chernin et al. , arXiv:0706.4068v1 [astro-ph]).

[Ringrazio Daniele Malesani per avermi segnalato l’articolo citato.]