Quali sono le resistenze normalmente mobilizzate nelle rotture di versanti naturali?

I fenomeni franosi o movimenti di versante sono movimenti di materiale (roccia, detrito, terra) lungo un versante. Essi rientrano nella categoria più generale dei movimenti di massa, o movimenti in massa, ovvero dei processi morfogenetici caratterizzati da movimenti di masse di materiale sulla superficie della terra che avvengono in seguito all’azione della gravità, la quale è caratterizzata da un carattere tipicamente non selettivo, in quanto interessa indistintamente materiali di qualsiasi forma e dimensione.
La gravità non è il solo agente che entra in gioco per quanto riguarda i movimenti di massa in generale ed i fenomeni franosi in particolare. Infatti anche l’acqua, sia superficiale che di sottosuolo, ha un ruolo rilevante.

Rispetto ad altri fenomeni in cui l’acqua è invece dominante, noti talvolta come fenomeni di trasporto di massa, i fenomeni franosi sono caratterizzata da una fase di "trasporto" relativamente ridotta, che fa sì che l’area di erosione ("nicchia di distacco") e quella di accumulo, siano relativamente a breve distanza fra loro. I processi fluviali, che costituiscono tipici esempi di trasporto di massa, prevedono il trasporto di materiale, in sospensione o sul fondo, anche per distanze di svariati chilometri.

 

 

 

Si riporta di seguito più in dettaglio la terminologia relativa alle caratteristiche osservabili dei fenomeni franosi

 

 

 

1) Coronamento: materiale rimasto praticamente in posto, e quindi indisturbato, nella parte alta della "scarpata principale".
2) Scarpata principale: superficie, generalmente ripida, che delimita l’area quasi indisturbata circostante la parte sommitale della frana, generata dal movimento del "materiale spostato" (13). Rappresenta la parte visibile della "superficie di rottura" (10).
3) Punto sommitale: punto più alto del contatto fra "materiale spostato" (13) e la "scarpata principale" (2).
4) Testata: parti più alte della frana lungo il contatto fra “materiale spostato” (13) e la “scarpata principale” (2).
5) Scarpata secondaria: ripida superficie presente sul "materiale spostato" (13) della frana, prodotta da movimenti differenziali all’interno del "materiale spostato" stesso.
6) Corpo principale: parte del "materiale spostato" (13) che ricopre la "superficie di rottura" (10) fra la "scarpata principale" (2) e l’“unghia della superficie di rottura” (11).
7) Piede: porzione della frana che si è mossa oltre l’"unghia della superficie di rottura" (11) e ricopre la "superficie originaria del versante" (20).
8) Punto inferiore: punto dell’"unghia" (9) situato a maggior distanza dal "punto sommitale" (3) della frana.
9) Unghia: margine inferiore, generalmente curvo, del "materiale spostato" della frana, situato alla maggior distanza dalla "scarpata principale" (2).
10) Superficie di rottura: superficie che forma (o che formava) il limite inferiore del "materiale spostato" (13) sotto la "superficie originaria del versante" (20). L’idealizzazione della "superficie di rottura" può essere definita "superficie di scorrimento".
11) Unghia della superficie di rottura: intersezione (generalmente sepolta) fra la parte inferiore della "superficie di rottura" (10) della frana e la "superficie originaria del versante" (20).
12) Superficie di separazione: parte della "superficie originaria del versante" (20) ricoperta dal "piede" (7) della frana.
13) Materiale spostato (o franato): materiale spostato dalla sua posizione originaria sul versante a causa del movimento della frana. Esso forma sia la “massa distaccata” (17) che l’“accumulo” (18).
14) Zona di abbassamento: parte della frana entro la quale il "materiale spostato" (13) giace al di sotto della "superficie originaria del versante" (20).
15) Zona di accumulo: parte della frana entro la quale il "materiale spostato" (13) giace al di sopra della "superficie originaria del versante" (20).
16) Abbassamento: volume delimitato dalla "scarpata principale" (2), la "massa distaccata" (17) e la "superficie originaria del versante" (20).
17) Massa abbassata: volume del "materiale spostato" (13) che ricopre la "superficie di rottura" (10) e che giace al di sotto della "superficie originaria del versante" (20).
18) Accumulo: volume del "materiale spostato" (13) che giace al di sopra della "superficie originaria del versante" (20).
19) Fianco: materiale non spostato adiacente ai margini della "superficie di rottura" (10). I fianchi possono essere identificati mediante l’azimut misurato con la bussola oppure dai termini "destro" e "sinistro", riferiti a chi guarda la frana dal "coronamento" (1).
20) Superficie originaria del versante: superficie del versante che esisteva prima che avvenisse il movimento franoso.

 

 

 

 

 

 

Le resistenze mobilizzate nelle rotture di versanti le possiamo inquadrare in due distinti aspetti geotecnici:
 
                                  in base ai parametri di resistenza al taglio
                                  in base al regime di pressioni interstiziali
 
 In base al tipo di parametri di resistenza al taglio che sono presumibilmente entrati in gioco nel movimento della frana, ricavabili da considerazioni basate sull’osservazione o sull’analisi a posteriori (back analysis) del meccanismo franoso, si distinguono:
1) Rotture di neoformazione: se il movimento avviene in un materiale che precedentemente non è stato interessato da taglio. I parametri di resistenza significativi sono quelli di picco, tuttavia problemi di rottura progressiva e di rammollimento fanno sì che molto spesso i parametri che entrano in gioco siano intermedi tra i valori di picco e quelli residui.
2) Riattivazioni di preesistenti superfici di taglio, che possono essere date da:
a) frane precedenti;
b) superfici di taglio tettoniche (faglie, zone di taglio, superfici di pieghe);
c) superfici di taglio indotte da scarico tensionale;
d) superfici di taglio generate da processi glaciali o periglaciali.
In questo caso la tessitura della terra sulla superficie di rottura è marcatamente orientata. I parametri di taglio
mobilitati sono prossimi a quelli residui.
A tal proposito si ricordano i tipi di parametri c’ e fricavabili da prove di taglio diretto o triassiale

 

In terreni sovraconsolidati (OC) la condizione di rottura di campioni indisturbati è espressa dai parametri di resistenza al taglio di picco (c’ e fp ) e da quelli residui (c’r e fr, in cui in genere il valore della coesione è nullo). Lo stesso terreno, rimaneggiato e rammollito con acqua e successivamente ricostituito artificialmente in laboratorio, dà un valore di resistenza intermedio tra quello di picco e quello residuo dello stesso terreno allo stato indisturbato (fcs intermedio tra fp e fr ; c’cs circa nulla). In terreni normalconsolidati (NC) le resistenze residue e di picco sono quasi le stesse e la coesione è in entrambi i casi pressocchè nulla.

In base al regime delle pressioni interstiziali si distinguono tre principali categorie:

1.   Condizioni non drenate. I terreni a grana fine (limi, argille), data la loro ridotta permeabilità (k<10-6 m/s), se sono soggetti ad una modifica dello stato tensionale si comportano inizialmente come un sistema chiuso. Tale condizione è definita non drenata. 

L’applicazione di un carico sul terreno comporta l’insorgere di sovrappressioni dell’acqua interstiziale. Si instaura un moto di filtrazione la cui durata dipende dalle caratteristiche di permeabilità del materiale, e che può risultare anche dell’ordine delle decine di anni. Man mano che l’acqua viene espulsa dalla zona influenzata dal carico si ha una riduzione dell’indice dei vuoti, e il fenomeno è noto come processo di consolidazione. Le condizioni più sfavorevoli sono quelle a breve termine (subito dopo l’applicazione del carico). L’analisi in questo caso è convenientemente condotta in termini di sforzi totali ed il parametro di resistenza da prendere in considerazione è la resistenza al taglio non drenata cu.

Nel caso di uno scarico tensionale (ad esempio uno scavo del pendio), si verifica il processo inverso di rigonfiamento, attraverso il quale si ha un progressivo aumento del contenuto d’acqua e riduzione delle tensioni efficaci.In tal caso le condizioni più sfavorevoli sono quelle a lungo termine, pertanto oltre all’analisi in termini di sforzi totali per la verifica della stabilità a breve termine, è conveniente effettuare una analisi a lungo termine in termini di sforzi efficaci, con parametri di resistenza c’ e f.

In terreni granulari (sabbie) condizioni non drenate si realizzano in casi di applicazione rapida e transitoria di sollecitazioni, come nel caso di scosse sismiche, che danno luogo a processi di liquefazione.

2.   Condizioni drenate. I terreni a grana grossa (ghiaie, sabbie) avendo elevata permeabilità (k>10-6 m/s), si comportano essenzialmente come un sistema aperto con libero flusso dell’acqua. Le eventuali sovrapressioni interstiziali si dissipano in tempi estremamente rapidi. Ne consegue che il comportamento del materiale può essere analizzato direttamente in condizioni drenate, prendendo cioè in considerazione le condizioni di equilibrio idrostatico e trascurando il moto di filtrazione transitorio necessario alla dissipazione degli eccessi di pressioni interstiziali. In tali condizioni, nel caso di uno scavo o di un carico, le analisi vanno condotte in termini di sforzi efficaci ed i parametri di resistenza al taglio significativi sono c’ e f’. 

3.   Condizioni parzialmente drenate. Il riequilibrio immediato degli eccessi di pressione interstiziale è soltanto parziale. Esso avviene quindi in condizioni intermedie tra quelle a breve termine e quelle a lungo termine. L’analisi in tali condizioni è problematica in quanto richiede la stima delle pressioni interstiziali in eccesso. Tuttavia si può comunque fare riferimento ai casi estremi (lungo e breve termine) in quanto in genere essi rappresentano le condizioni più critiche per la stabilità.