Quali metodi geofisici posso usare per risalire alla temperatura delle rocce di un sottosuolo?

La temperatura interna della Terra è determinata dal flusso di calore che dall’interno fluisce verso la superficie terrestre, e che viene poi dissipato come emissione di corpo nero verso lo spazio. In questo compito la dissipazione è contrastata dalla radiazione solare che invece tende a riscaldare la superficie. A causa della lentezza dei processi radiativi, il risultato di tutto ciò è che la Terra è ancora lontana dall’equilibrio termico, e una enorme quantità di energia fluisce continuamente dall’interno verso la crosta sotto forma di calore.

Il calore interno è ancora in parte derivante dai processi di formazione e differenziazione del pianeta, ed in più vi sono alcune sorgenti attive di calore, che possono essere suddivise in due categorie:

-reazioni nucleari
-dissipazione di energia meccanica.

Le reazioni nucleari rappresentano la maggior parte della produzione di calore interno, a causa dei decadimenti isotopici di specie come lUranio 238, L’Uranio 235, il Torio 232 ed il Potassio 40. Tali materiali sono presenti per lo più nella crosta, e si stima che la produzione di calore media planetaria ammonti a circa 200 cal Km-3 s-1.
E’ comunque importante notare che, data la sua ’esigua’ massa, la Terra non produce calore come una stella, grazie cioè alla fusione nucleare di elementi del suo nucleo, ma il calore interno è in gran parte residuo dalla sua formazione.

La dissipazione di energia meccanica, invece, avviene secondo più meccanismi, dagli attriti delle maree (e conversione in calore dell’energia di rotazione terrestre), agli attriti nelle zone di subduzione e dei moti del nucleo, causa del campo magnetico terrestre. Un’altro meccanismo di generazione meccanica di calore è la compressione adiabatica delle rocce profonde.

Alla luce di quanto sopra esposto, è chiaro che un conto è parlare della temperatura delle rocce superficiali, fino a qualche Km di profondità, un altro della temperatura delle rocce profonde, fino a giungere alla astenosfera ed agli strati più interni del pianeta, in cui non si può più parlare di rocce in quanto questi strati sono costituiti da materiali fusi.

Partendo dalla superficie terrestre, le fluttuazioni diurne e stagionali sono avvertibili fino a pochi metri di profondità, oltre i quali si assiste ad un aumento della temperatura di circa 30 °C ogni Km di profondità. Per quanto osservato sopra, comunque, sono possibili notevoli variazioni dovute alla presenza locale di materiali radioattivi o alla vicinanza con zone di subduzione o sacche magmatiche.
La determinazione esatta della temperatura all’interno della Terra è estremamente difficoltosa, tanto che l’andamento della temperatura e degli altri parametri di stato (pressione, densità) è stato un mistero fino a tempi molto recenti. Già dall’antichità era noto che scendendo nelle miniere si assisteva ad un aumento della temperatura, e, d’altro canto, è evidente che misure dirette possono essere fatte per profondità veramente esigue, se confrontate con il raggio terrestre o anche solo con lo spessore della crosta. E’ da considerare, poi, che le misure dirette compiute in gallerie o perforazioni risentono delle correnti d’aria ed eventuali presenza di acqua che rendono spesso inaffidabili le misure. Occorre ricorrere, quindi, a misure indirette come lo studio dell’equazione del trasporto di calore (equazione di Fourier), e lo studio delle equazioni di stato dei componenti il mantello ed il nucleo.


Studio dell’equazione geotermica a partire dall’equazione del calore in forma stazionaria

L’equazione geotermica si può scrivere come equazione di continuità per il flusso di calore a partire dal postulato di Fourier, e cioè:

q = -k dT/dz,

ove q è il flusso di calore (in W/m2) k è la conduttività termica, T la temperatura e z la distanza, intendendo il problema monodimensionale. q viene misurato mediante perforazioni di almeno un centinaio di metri di profondità, misurando la temperatura e la conduttività termica delle rocce attraversate.
L’equazione del trasporto del calore nella forma stazionaria vale al di sotto dello strato termicamente variabile, e consiste nell’espressione:

d2T/dz2=0.

Supponendo la presenza di sorgenti di calore in cui la potenza per unità di volume è data da A = costante, ed imponendo le condizioni al bordo della temperatura e del flusso superficiale, si può ricavare la seguente espressione dell’andamento della temperatura interna:

T(z)= -1/2*A*z2 / k + Qs*z / k +Ts, (equazione geotermica)

ove T è la temperatura alla profondità z, A indica la potenza emessa per unità di volume dalle sorgenti radioattive, k è la costante di trasmissione del calore, e Qs, Ts sono il flusso di calore e la temperatura superficiali, imposte come condizioni iniziali dell’equazione del calore. La media mondiale del flusso di calore alla superficie è 61.5± 31.0 mW m-2.

NOTA: La fortmula ora ricavata deriva da alcune assunzioni che ne fissano la validità ad un primo strato, non profondo più di qualche Km. E’ da notare infatti che la forma parabolica dell’equazione fa sì che essa preveda una diminuzione della temperatura oltre un certo punto, cosa palesemente falsa e che quindi fa crollare le ipotesi di omogeneità dell’interno terrestre e di uniformità della densità di radioattivi.

Oltre questo primo strato, il gradiente termico gradualmente diminuisce e l’andamento della temperatura è riportato nella figura:



Studio delle equazioni di stato dei materiali interni

Altri metodi indiretti sfruttano invece le equazioni di stato dei materiali costituenti la zona in esame, nel caso in cui siano noti. Procedendo verso l’interno si hanno però sempre maggiori incertezze e, di conseguenza, anche il calcolo della temperatura risulta molto incerto.

La conoscenza delle equazioni di stato che collegano pressione, densità e temperatura permettono la determinazione di una di queste quantità una volta note le altre due. E’ comunque difficile ottenere le equazioni con accuratezza sufficiente, in quanto all’interno del pianeta si hanno condizioni di temperatura e pressione non facilmente riproducibili in laboratorio: si utilizzano allora implosioni controllate di materiale, da cui è possibile ricavare mediante le relazioni di Rankine – Hugoniot (1), i valori di pressione e temperatura raggiunti grazie alla misura delle velocità di propagazione dell’onda d’urto.

Tuttavia, lo strumento fondamentale che è alla base delle conoscenze attuali delle caratteristiche interne della Terra è lo studio della propagazione delle onde sismiche, sia a scala locale che a scala planetaria. La velocità di propagazione è strettamente correlata alle caratteristiche chimico-fisiche del mezzo di propagazione, e la discriminazione tra onde longitudinali (onde P) e trasversali (onde S) è di vitale importanza.
Le onde longitudinali, infatti, si propagano anche attraverso mezzi fluidi (come le onde sonore), mentre le onde trasversali (come le vibrazioni in una corda di violino) necessitano di un mezzo solido. Ciò causa delle zone d’ombra che possono dare importanti informazioni sulla presenza di zone fluide.
Con questa tecnica, ad esempio, è stato scoperto che la zona esterna del nucleo è fluida, in quanto le onde sismiche trasversali non vengono trasmesse oltre un certo angolo nel pianeta.

(1) Le equazioni di Rankine-Hugoniot, derivate dalle leggi di conservazione di massa, momento ed energia,  collegano velocità di un’onda d’urto a pressione, densità ed entalpia del mezzo di propagazione prima e dopo il passaggio dell’onda.