Vorrei sapere perché le navette spaziali devono rientrare sulla terra con una particolare inclinazione e ad una velocità molto elevata, con tutti i rischi che ciò comporta. Cosa succederebbe se rientrassero ad una velocità molto ridotta e pressoché perpendicolarmente? Grazie.

In realtà, l’alta velocità con cui le navette spaziali rientrano dallo spazio non è un fatto voluto, ma qualcosa di praticamente inevitabile.

La Terra esercita un’attrazione molto intensa sulle navicelle, e le accelera a velocità molto grandi. È lo stesso principio per cui lasciando cadere un oggetto questo acquista velocità, con l’aggiunta che dallo spazio c’è, per l’appunto, un sacco di spazio per accelerare, ed inoltre l’attrito dell’aria ad alta quota è molto meno intenso. Per rientrare a velocità più piccole, la navicelle dovrebbe frenare attivamente (ad esempio con dei motori o dei reattori). Questo purtroppo comporterebbe un ingente consumo di carburante, che si dovrebbe portare fin dal decollo, aumentando la difficoltà del volo ed i costi. Per rientrare in modo sicuro a terra, comunque, ogni veicolo deve poter frenare, altrimenti si surriscalderebbe e finirebbe per incenerirsi. Si cerca dunque di sfruttare il più possibile il frenamento passivo da parte dell’atmosfera terrestre: mentre l’attrito è un ostacolo nella fase di decollo, diventa infatti di aiuto per frenare durante il rientro. Frenando per attrito, in ogni caso, il veicolo si surriscalda (come accade per i freni delle macchine), e quindi bisogna trovare un compromesso tra la rapidità con cui si frena e la necessità di mantenere la temperatura entro limiti sopportabili.

Il primo motivo per cui il rientro non avviene direttamente in verticale è dunque proprio questo. Rientrare in verticale minimizzerebbe l’effetto frenante dell’atmosfera (che invece è proprio qualcosa che si vuole sfruttare il più a lungo possibile). Il veicolo rimarrebbe infatti meno tempo all’interno dell’atmosfera, e tutta la decelerazione avverrebbe in modo brusco, portando il veicolo a surriscaldarsi oltre i limiti sopportabili dalle corazze termiche. Un rientro su una rotta obliqua permette al contrario di frenare più dolcemente, impiegando un tempo più lungo e rendendo lo sforzo sostenibile.
C’à anche un secondo fattore da tenere presente: manovrare nello spazio non è una cosa semplice: non ci si può infatti appoggiare da nessuna parte, per cui le traiettorie non si possono scegliere arbitrariamente; ad ogni movimento corrisponde una specie di rinculo (come esperimento, provate a muovervi rimanendo seduti su una sedia girevole ed evitando di toccare il pavimento). I vincoli cui la traiettoria è soggetta rendono praticamente impossibile rientrare verticalmente.
Dal punto di vista matematico, questo è dovuto alla legge di conservazione del momento angolare. Questa grandezza (L) è definita come L = mvR, dove m è la massa del corpo, v la componente della velocità diretta perpendicolarmente alla verticale, ed R è la distanza dell’oggetto dal centro della Terra. Questo numero (L) non può variare durante la traiettoria se non per l’azione dell’attrito, per cui quando la navicella si avvicina a terra (R più piccolo) v tende ad aumentare. Questo implica che la navicella ha difficoltà a rientrare verticalmente (v = 0). Naturalmente, alla fine l’attrito ha la meglio (in quanto alla fine il veicolo si ferma), ma questo ha effetto principalmente nelle fasi finali della discesa, mentre la rotta al di fuori dell’atmosfera rimane vincolata alla conservazione di L.

Un’ottima trattazione del problema del rientro nell’atmosfera di un veicolo spaziale si può trovare anche nella seguente risposta:
http://www.vialattea.net/esperti/php/risposta.php?num=10619.