Un ghiacciaio si forma solitamente all’interno di un bacino collettore (o nevaio) nel quale si ha l’accumulo di masse di neve. La neve appena caduta forma uno strato di cristalli di ghiaccio misti
ad aria.
La densità della neve è pari a 0,1. L’accumulo di strati di
neve provoca la progressiva compressione della neve sia per il peso
della neve successiva sia per i fenomeni di disgelo e successivo gelo.
La compattazione elimina progressivamente l’aria lasciandone solo poche
e isolate bolle e trasforma la neve in una massa granulare.
La compressione di questa massa provoca l’appiattimento dei
granuli e continue e successive fusioni. Si forma così una massa di
ghiaccio che raggiunge una densità pari a 0,9 e assume talvolta una
colorazione azzurra o verdognola.
Attualmente i ghiacciai occupano il 10-11% delle terre emerse ed il loro volume complessivo è di circa tra i 30 e i 35 milioni di chilometri cubi.
I ghiacciai delle calotte polari e i ghiacciai montani.
La linea rossa indica l’isoterma di 10°C di Luglio, usata comunemente per definire i confini dell’artide
L’Antartide visto dal satellite. L’Antartide è un continente che circonda il Polo Sud della Terra. È il posto più freddo della Terra ed è quasi interamente coperto da
ghiaccio, con le maggiori riserve di acqua dolce del pianeta. Non va
confuso con l’Artico, il mare che si trova attorno al Polo Nord della Terra.
I ghiacciai delle calotte polari, detti anche continentali o regionali, sono enormi masse glaciali con spessore decrescente verso la periferia dalle quali si possono formare gli iceberg. Questi ghiacciai sono definiti anche con il termine norvegese inlandsis (o islandsis).
L’inlandsis antartico ha la superficie di circa 13 milioni di Km2 ed il suo spessore supera spesso i 4 chilometri; talvolta spunta dallo strato di ghiaccio il substrato continentale che quindi si presume essere molto accidentato e irregolare.
L’altro importante inlandsis è quello della Groenlandia che ha una superficie di 1.740.000 Km2 e occupa circa 7/8 dell’intera regione.
Veduta sull’immensa distesa della calotta polare artica.
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Scorcio su una parte periferica della calotta polare artica.
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- pireanici: di forma circolare o semicircolare senza una lingua glaciale evidente;
- alpini: formati da un solo bacino collettore (zona di accumulo) e da una sola lingua glaciale;
- himalayani: formati da due o più bacini collettori che danno luogo a lingue glaciali distinte che confluiscono in una sola lingua generalmente di notevole estensione.
Schema di un ghiacciaio di tipo alpino
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Panoramica su monti con ghiacciai di tipo alpino
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Nella parte inferiore si distingue la “zona di ablazione” dove il ghiaccio fonde. Si tratta di una zona molto crepacciata dove viene in genere a giorno il ghiaccio vecchio.
Infine l’estremità finale del ghiacciaio, detta anche “fronte”, è abbondantemente ricoperta da detriti rocciosi (un ghiacciaio alpino può in genere trasportare dei detriti sia inglobati nel ghiaccio o trascinati in avanti tra il ghiaccio e il versante vallivo sotto forma di “morena”). Il termine “morena” sta ad indicare proprio gli ammassi di detriti che si accumulano lateralmente, in posizione mediana o nelle parti terminali del ghiacciaio.
Le velocità di scorrimento sia dei ghiacciai alpini che di quelli continentali è molto bassa. Si tratta di variazioni dell’ordine del centimetro al giorno per quelli continentali e di parecchie decine di centimetri per i ghiacciai attivi vallivi.
Monti del karakorum con ghiacciai di tipo himalayano. Si notino le due grandi lingue glaciali distinte che confluiscono in una sola lingua di notevole estensione.
Lingua di un ghiacciaio alpino del monte Ruitor in Valle d’Aosta.